Allora anzitutto leggetevi questa:
Nostra intervista col professor Angelo Tartaglia del Politecnico di
Torino, consulente tecnico per i Comitati NoTav.
Professor Tartaglia, quando si inizia a parlare di Alta Velocità?
L'Alta Velocità arriva in Italia nel 1990. Il progetto fu presentato
fin dall'inizio con molta forza, soprattutto dal punto di vista
dell'immagine; attraverso i giornali e la televisione si è diffusa l'idea di
una tecnologia moderna, di treni estremamente veloci, 300 Km/h, che
avrebbero accorciato tutti i tempi di viaggio.
Come vedeva il progetto negli anni 90?
All'inizio, come moltissimi, lo consideravo positivamente: trasporti
di massa, viaggi veloci e comodi, come pensarne male? Poi, però, bisogna
andare oltre la propaganda; leggere i dati e capire i numeri.
E cosa viene fuori dai dati e dalle cifre?
La prima considerazione, per quanto possa sembrare strana, è che non
ci sono i passeggeri. Per questo motivo l'unico treno diretto da Torino a
Lione è stato soppresso in queste settimane. Sarà colpa dei torinesi che
escono poco di casa? Inizieranno a farlo quando il treno andrà più veloce?
Per alcuni anni si è cercato di dimostrare l'utilità dell'Alta
Velocità puntando proprio sul servizio passeggeri e sugli indubbi vantaggi
che avrebbe portato. Avendo constatato però il contrario, ovvero la mancanza
degli attori principali, dal 1995 in poi si è iniziato a puntare il dito
verso le merci. La verità è che l'alta velocità è stata presentata fin
dall'inizio come una soluzione e solo dopo, via via, si sono cercati i
problemi da risolvere.
Il trasporto delle merci è tuttavia un problema reale.
In Italia il 17% delle merci viaggia su rotaia e il margine sembra
molto incrementabile. In realtà non è vero per un motivo elementare: se il
viaggio non è lungo abbastanza non si riesce a ridurre il transito di mezzi
pesanti sulla strada, poiché la distribuzione capillare della merce, dovuta
anche alla disposizione delle nostre città, coinvolgerà sempre il trasporto
su gomma.
Nel 2001 è stato consegnato uno studio, realizzato dalla parte
favorevole al TAV, per valutare l'impatto che avrà l'apertura del tunnel sul
trasporto merci; il risultato è significativo poiché la differenza, con, o
senza il tunnel, è meno dell'1%. Questi dati si riferiscono all'intero arco
alpino ma dobbiamo tenere in considerazione, tutto sommato, che un terzo
delle merci passa attraverso la valle di Susa.
Il problema centrale è che i treni merci in Italia viaggiano a una
velocità media di 19 km/h, essendo sovente fermi per dare precedenza ai
treni passeggeri. Questo è il dato da migliorare. Non serve che le merci
arrivino dalla Francia a 150 Km/h se poi in Italia passano la maggior parte
del tempo in stazione.
Mancano dunque passeggeri e il trasporto merci non sarà facilmente
incrementabile.
Non solo, ha senso parlare di Alta velocità quando gli spostamenti
superano i 250-300 Km. In Italia, se prendiamo in mano le cifre, scopriamo
che l'80% della domanda di trasporto passeggeri è costituita da spostamenti
a corto raggio, entro i 100km. E' vero che i nostri treni sono pienissimi su
alcune tratte ma sono poche le persone che vanno da un capo all'altro del
paese. Le tratte più frequentate sono quelle dove c'è più ricambio di
viaggiatori.
L'alta velocità prevedrebbe invece l'abolizione delle fermate
intermedie...
Prendere sul serio l'alta velocità, sul modello francese, significa
appunto eliminare le fermate intermedie. Cosa che non avverrà perché chi
gestisce il servizio si pone problemi di economicità. Per far salire i
passeggeri, fermerà i treni ma, se ferma i treni, il guadagno in termini di
tempo diventa marginale.
Perché in altri paesi l'Alta Velocità funziona?
In Francia, ad esempio, hanno una struttura urbana differente, con
città lontane da collegare tra loro senza fermate intermedie. Soprattutto
hanno flussi tra i 20 e i 30mila passeggeri Km/giorno; noi ci avviciniamo a
quelle cifre solo nella tratta Bologna - Firenze, che è un imbuto
ferroviario.
I giapponesi che hanno introdotto l'alta velocità per primi, avevano
flussi di 200mila passeggeri Km/giorno. E anche con queste cifre i guadagni
tardavano ad arrivare, tant'è che la compagnia ferroviaria nipponica è
fallita, smembrandosi in sette società distinte.
Molte le spese da affrontare ma difficili i ritorni economici. Uno
studio commissionato dalla Comunità Montana Bassa Valle di Susa alla Società
di ingegneria dei Trasporti Polinomia, rivela che la linea sarebbe
giustificata se nei prossimi anni transitassero 40 milioni di tonnellate di
merci l'anno, per un totale di 350 treni al giorno, uno ogni 4 minuti alla
velocità di 150 km/h, alternati da treni passeggeri a 300 km/h.
In sintesi, questi sono i dati. Se prendiamo in seria considerazione
la quantità di merce che transiterà, stima confermata dalle società
costruttrici proponenti, scopriamo una grande anomalia: l'idea di poter
usare nella Val di Susa e su tutto il territorio nazionale la stessa linea
per passeggeri e merci. Uno sciocchezza dal punto di vista tecnico perché è
chiaro che sulla stessa linea non possono transitare due treni a velocità
diverse, uno a 300 Km/h ed uno a 150km/h. Ne conseguirebbe la necessità di
realizzare una linea doppia.
Che ha un costo insostenibile. Altre spese legate alla linea ad Alta
Velocità?
Una manutenzione accurata, costosa e quotidiana. Il modello francese
ne tiene conte e prevede, infatti, che i treni viaggino esclusivamente di
giorno, per poter intervenire di notte sulla linea. Tale soluzione in Italia
sarebbe impraticabile poiché i treni viaggiano 24 ore su 24.
Questi dati di cui ci parla non devono essere nuovi a chi ha deciso di
portare l'alta velocità in Italia. Perché sono stati ignorati?
Ho partecipato personalmente ad una commissione al ministero dei
trasporti nei primi anni novanta. Da una parte c'erano tecnici ministeriali
e dall'altra parte c'eravamo noi, un gruppo di tecnici designati da diverse
organizzazioni ambientaliste. Ci siamo raccontati queste cose, abbiamo
parlato di dati, di cifre. Non potendo barare sui numeri, alla fine, il
confronto si concludeva con loro che timbravano la questione come
"politica", quindi fuori discussione tecnica.
Si è cercato allora di parlare direttamente ai politici di dati e
cifre. Al terzo esempio, il politico di turno tende a dire che i dati
numerici non li capisce; di vedercela tra noi tecnici. Non è altro che un
gioco delle parti: i tecnici capiscono che i conti non tornano, ne parlano
coi politici che dicono di non capirne di dati tecnici e, nel mentre,
l'opera si fa.
Dato che, come sembra, l'opera si farà, ne avremo almeno un vantaggio
economico ?
C'è un adagio piemontese al riguardo: se il soldo gira, va sempre
bene. La versione buonista di questo insegnamento ce la dà John Maynard
Keynes: se l'economia è in crisi; scaviamo delle buche e poi facciamole
riempire, così creiamo lavoro e ricchezza. Con il progetto TAV faremo sì dei
buchi, che però non riempiremo più! .
Non vi basta? ecco cosa ne pensa uno studio svizzero:
Già oggi", ci dice il Prof. Rico Maggi dell'Università della Svizzera
italiana, a Lugano, proprio in previsione della prossima apertura delle
trasversali svizzere, tutta la logistica nel nord Italia si sta
riorganizzando per servirsi dell'asse del Loetschberg e del San Gottardo.
Quando, fra 15-20 anni la Tav della Val Susa sarà terminata, il mercato sarà
già prosciugato. Inoltre, non si capisce l'utilità di questa opera per la
Francia".
Insomma, l'impressione è che la Lione-Torino rischia di diventare un binario
morto. Un grande imbuto, pronto a inghiottire fra i 15 e i 20 miliardi di
euro, senza nessuna prospettiva.
"Queste proteste, hanno il pregio di mettere in evidenza la totale mancanza
di strategia nel progettare opere come questa", afferma ancora Rico Maggi.
"A Bruxelles, si decidono questi grossi investimenti, basandosi più su
criteri politici che non sull'effettiva necessità e su uno studio
approfondito dei costi e dei benefici".
Ok ancora non vi basta?
Ecco che la ditta francese che si è appaltata la quasi totalità dei lavori è in verità una ditta di comodo (15 dipendendi effettivi) che ha subappaltato a un'altra ditta, quest'ultima ditta si chiama ROCKOIL, sapete chi è il proietario a tutti i termini legali di questa ditta? la moglie di lunardi.
Non è PURTROPPO una storiella da bar ma è la verità che piaccia o no, ecco che alla luce di questo e di cosè la logistica moderna appare lampante a chi serve in verità la TAV.
Poi tenetevi pure le fettine di prosiuccino sugl'occhi ci mancherebbe, vedo che qui qualcuno ancora difende i celerini che hanno massacrato a colpi di manganello delle persone che dormivano in tenda, voi vorse al G8 eravate nel lettino caldo a dormire sogni beati fregandovene di cosa c'era li fuori, ma daltronde ogniduno è libero di scegliere la propia strada.