Allora, come detto, tanto per chiarire l’importanza del corretto lavoro che ogni elemento della sospensione deve fare, evitando che si vada a finire “sui tamponi”, sera sono andato a ripescare alcune note scritte dall’ing. Busso, tecnico che, oltre a non essere per nulla un ****Edit da STAFF: alla prossima account sospeso!, dovrebbe anche esservi piuttosto familiare.
Copio fedelmente dalle sue note (tralasciando magari alcuni brani). Busso sta parlando della genesi della TZ. Tutto il suo racconto è imperniato attorno al telaio tubolare.
Bene. Dunque, lasciamo la parola all’ing Busso:
“…..quando nacque la TZ, nei primi anni ’60, l’Alfa Romeo disponeva di un servizio commerciale di tutto rispetto…Ma, come disse molti anni dopo un amministratore delegato, i commerciali si trovarono a dover vendere ciò che ai dittatori della Progettazione era saltato in mente di fare. La TZ, splendido frutto di quell’epoca e di quella atmosfera (n.d.r. adesso non sarebbe neppure immaginabile una cosa simile!), sbocciato attraverso vicende e considerazioni molto tecniche (n.d.r. ecco, appunto come dicevo prima!), ma anche molto umane (n.d.r. ancora: appunto!), rimane uno dei miei più bei ricordi di progettista. Avevamo già al nostro attivo la 1900, con cui l’Alfa si laureava vera fabbrica di automobili, dopo essere stata grande fabbrica di motori per aviazione….Per noi della Progettazione (n.d.r. Busso usa il maiuscolo, e io concordo in pieno!) e per i colleghi della Sperimentale la vita, nei primi anni del dopoguerra, non era stata facile, per ragioni che con la tecnica poco avevano a che fare. Il bel tempo era tornato soltanto nel 1952, con l’arrivo dell’ing Quaroni come direttore generale e dell’ing Hruska…Ci era stato addirittura concesso di progettare e realizzare, in tempi brevissimi, una vettura da competizione, la 3000 Cm; tempi brevi quanto bastava perché tre esemplari, alla guida di Sanesi, fangio e Kling, riuscissero a prendere il via alla Mille Miglia del 1953 (n.d.r. Fangio-Sala, detto Saletta, secondi assoluti a causa dell’apertura delle ruote anteriori: si era rotto un pezzo del telaio)…Fangio colse in settembre un memorabile successo polverizzando le nuove Lancia nel GP Supercortemaggiore a Merano con l’edizione spider (n.d.r. della 3000 Cm), che da allora si chiamò spider Merano. Fra quelle due gare peò se ne erano inserite altre due….Morale, fu subito chiaro che le forze del Reparto Esperienze (n.d.r. del quale il sottoscritto si onora di aver fatto parte) non erano sufficienti per badare contemporaneamente alla 3000 Cm e alla Giulietta, che era allora nel pieno dei lavori di fabbricazione dei particolari, dei montaggi, delle prove….Quindi, chiusa la partita con Merano, ricordo ancora quanto Hruska e io ci dolevamo…per la rinuncia alla Carrera di novembre…A furia di rompere sulla faccenda del telaio, riuscii a ottenere da Quaroni, “proprio perché è lei”, di disegnare un nostro telaio a tralicci (n.d.r. il telaio era stato progettato all’esterno), che venne… equipaggiato con i gruppi della Merano, rivestito di una splendida carrozzeria Touring e messo in strada nel maggio del 1954. ma quando Sanesi, che come si sedeva al volante di una vettura da corsa cacciava fiamme dalle narici come un toro davanti al drappo rosso del torero (n.d.r. ma questo non solo con le vetture da corsa, bensì pure con quelle da strada: mi ricordo che i vecchi mi raccontavano di Sanesi che, alla guida della sua Alfasud, per arrivare in fretta in ufficio ad Arese, superava tutte le auto in fila, arrivava sull’incrocio, guardava a destra e a sinistra, e filava via come un missile lasciando lì tutti basiti! E che a Balocco, alla curva di ritorno, se ti mettevi lì a guardarlo, ad ogni giro faceva la curva sempre più velocemente, per farti divertire! Un grande!) uscì di pista a Monza al secondo giro, per fortuna senza grossi guai alla persona, Quaroni ebbe buon gioco a chiedermi se ero soddisfatto e se non ritenevo che avesse ragione lui a sostenere che era tempo che tutti badassimo alla Giulietta. Quel telaio rimase sempre la mia ossessione, avrei finalmente potuto ripeterlo, tal quale, molti anni più tardi, solo sulla TZ. La Giulietta era stata presentata nell’aprile del 1954 e Quaroni era rimasto folgorato da 2 numeri, che ripeteva ancora, come in trance, molti anni dopo: 20.000 prenotazioni dopo i primi 3 giorni, 50.000 dopo la prima settimana (n.d.r. meglio non fare paragoni con il presente. Meglio non farli…). Fu subito un vorticare di sportivi in vista di possibili competizioni con le macchine così com’erano e con le loro possibili elaborazioni. E la prima di queste…ci venne indicata proprio da Hruska al quale Abarth, suo collaboratore ai tempi della Cisitalia (n.d.r. e anche a quelli della Porsche), aveva detto di essere interessato a una 1300, magari portata a 1500, per competizioni, che usasse i gruppi meccanici della Giulietta su un telaio a longheroni di lamiera saldata…Per noi, in attesa di occasioni migliori, era come andare a nozze o quantomeno a un fidanzamento importante. Il discorso si era aperto nel settembre del 1955; il prototipo di quella che si chiamò 750 Competizione, in versione spider carrozzata Boano, scese in strada nel maggio del 1956…(ma)…su strada la vettura lasciava molto a desiderare (n.d.r eccessiva flessibilità del telaio)…Il 1956 fu l’anno della Giulietta 1300 Sprint veloce: nella Mille Miglia la prima di quelle macchinette si classificò addirittura undicesima infilandosi tra Ferrari (n.d.r come sempre, d’altronde, è successo quando il cavallino si è scontrato col Biscione….), Mercedes e Fiat 8V (n.d.r qui, lassamo perdere che è meglio…). L’esplosivo entusiasmo destato da quella e da altre innumerevoli affermazioni fu all’origine della famosa trovata di Zagato che, su richiesta dei clienti, prese a spogliare le macchine della carrozzeria originale in acciaio di Bertone per sostituirla con una sua in alluminio. L’Alfa…solo…più tardi si decise a ufficializzare quella che era ormai diventata la famosa SZ; era il 1960. Per un anno Abarth se ne stette tranquillo, ma nel gennaio del 1958 si rifece vivo con la proposta di…una vettura sportiva…in piccola serie…sui 1.000 cc. Ammetteva l’insuccesso del precedente tentativo come dovuto al suo strano telaio in lamiera e auspicava che la collaborazione dell’Alfa, oltre a fornirgli la meccanica, arrivasse a progettargli anche un telaio a traliccio. Come carrozziere si dichiarava disponibile Bertone, anche lui certo non entusiasta dello scherzo di Zagato. Alla Progettazione Auto fu un generale drizzarsi di orecchie: forse ci risiamo col traliccio. E così fu. A una prima fase di frenetica attività disegnatoria, gestita dal mio specialista di telai, Mario Colucci, ne fece seguito una realizzativa non meno intensa. La 1000, con una bellissima veste nella quale Bertone aveva profuso parecchie novità che aveva in serbo da tempo, fu esposta al salone di Torino nel novembre del 1958. Prima ancora, sul numero del 30 giugno di Auto Italiana comparve, a iniziativa di Abarth, una completa descrizione dell’Alfa-Abarth 1000, cosa che non mancò di far storcere il naso alla nostra Direzione…Il motore da 1.000 cc. era evidentemente troppo piccolo per quella bella macchina e Abarth….finì per rassegnarsi ad archiviare anche quel progetto. Peccato! Ma non tutto il male viene per nuocere, perché in fondo la TZ non fu che la figlia naturale della manifestazioni di interesse sportivo come il caso Zagato, i 2 tentativi di Abarth e altre iniziative come quella di Conrero per una macchina con meccanica nostra e un telaio in tubi….E arrivò così il momento, l’inizio del 1960, in cui riuscii a convincere Satta e la Direzione a lasciarci fare qualcosa di tutto nostro, che utilizzasse almeno una buona parte di quella meccanica sulla quale tanti, fuori, si stavano buttando in modo per noi lusinghiero, ma in fondo disordinato. Finalmente al semaforo comparve il verde e noi ci scatenammo, un po’ tristi perché i grandi amici Quaroni e Hruska, nel frattempo, avevano lasciato l’Alfa (n.d.r Hruska tornerà per l’Alfasud). Non avevo più sotto mano il mio Mario Colucci perché, com’era fatale, il diabolico Abarth me lo aveva soffiato, ma per fortuna c’era in casa, per telaio e sospensioni, un rimpiazzo certamente non da meno, il bravissimo Bruno Zava, mentre per i motori Angelo Villa (n.d.r quello che poi ha lavorato per Chiti e che ha anche disegnato il V6 da voi denominato “Busso”) non aveva rivali. La nuova vettura doveva appoggiare, esaltandoli, i criteri della produzione di serie, e pertanto erano scontati il motore anteriore e la trazione posteriore. Due posti secchi…oltre a una bagagliera posteriore bastavano. Quanto a caratteristiche tecniche, il motore avrebbe dovuto essere quello stesso 1600 destinato alla Giulia, con due carburatori orizzontali doppio corpo da cui ricavare per l’edizione commerciale qualcosa intorno a 110/120 CV, peso non superiore ai 600 Kg a secco, velocità massima intorno ai 200 km ora. Al di là di questa promessa concordata con la Direzione, carta bianca. E su quella carta io scrissi: passo sui 2 metri e 20, carreggiata sul metro e 30, motore e posto guida arretrati per quanto onsentito dal telaio, che dovrà ispirarsi, se non coincidere, con quello della 3000 CM di Sanesi-Monza, sospensione anteriore a quadrilateri trasversali con molle a leica e ammortizzatori telescopici, freni a disco all-round, con i posteriori inboard sulla scatola ponte-differenziale fisso al telaio, gomme, per cominciare, 155-15 Cinturato. Per la sospensione posteriore ero curioso di sperimentare una soluzione (per la verità non nuova) che consentiva la massima leggerezza delle masse non sospese usando lo stesso semiasse, privo naturalmente dello scorrevole, come elemento della sospensione che così sarebbe risultata a quadrilateri trasversali anche dietro, ancora con molle a leica e ammortizzatori telescopici…Per la carrozzeria, Zagato of course, chi altri, se no? Sono a due passi da noi, due fratelli non meno entusiasti di me, uno dei quali, Elio, non si limita a vestire le macchine da competizione, ma poi ci corre anche. Sempre estremamente disponibili e bramosi di fare, anche rischiando grosso con scherzi tipo SZ. Il primo telaio a traliccio arriva agli Zagato nel gennaio del 1961: si parte per realizzare una spider. Gli Zagato sono d’accordo con me che si deve tendere ad una carrozzeria in fibra di vetro, seguendo l’esempio della Lotus. Cominciano anche le liti, perché io trovo che il lavoro non procede abbastanza velocemente; c’è una ragione, perché Zagato è tutto preso ad affinare la carrozzeria della SZ, per la quale ha appena ottenuto dall’Alfa degli ordini regolari. Il miglioramento più importante è quello della coda tronca, che da solo fa guadagnare alla SZ 9 Km/ora. Naturalmente, subito coda tronca anche per la TZ in costruzione; io intanto prendo contatto con Pirelli, con la Ceramica Poggi e con la balzaretti e Modigliani per il problema della carrozzeria in plastica. Il prototipo della TZ riesce ad uscire in strada solamente alla fine di luglio. Le prime prove sulla spider non furono entusiasmanti né per l’aerodinamica, perché con 122 CV la vettura arrivava a malapena a 208 Km/ora, né per il comportamento su percorso misto; per il primo problema l’insegnamento della SZ non tardò ad essere seguito, e si puntò subito alla versione coupè, con tanto di coda tronca, naturalmente. Ma per la tenuta di strada, ce la vedemmo piuttosto brutta, arrivammo addirittura a realizzare per il posteriore una soluzione alternativa con la classica disposizione di quadrilateri trasversali regolari, rinunciando al semiasse portante, ma senza miglioramenti apprezzabili. L’ing. Satta e io eravamo piuttosto perplessi sulla convenienza di insistere con un modello il cui unico vantaggio rispetto alla SZ di serie sembrava essere ormai solo un minor peso di circa 150 Kg; perciò quando l’officina fece presente che la produzione di alcuni pezzi strategici delle sospensioni e del ponte per mettere insieme i 100 esemplari necessari per l’omologazione sportiva sarebbe arrivata a concludersi non prima della metà del 1963, non ci stracciammo le vesti. Alcuni eventi però si incaricarono di comunicarci che ormai eravamo al punto del no-return. Nel gennaio del 1962 su Auto Italiana comparvero alcune foto, scattate clandestinamente, della vettura, insieme con una descrizione neppure troppo sommaria e si arrivò a una svolta quando, se non erro alla fine del 1961, in casa Ferrari scoppiò la diaspora con la quale alcuni elementi di primo piano come l’ingegner Chiti assieme a Tavoni e altri si staccarono per dar vita all’Ats, e Luraghi, che da tempo pensava, per non disturbare la normale produzione, di incaricare qualche gruppo esterno dell’assemblaggio delle 100 vetture, cominciò a parlare di un eventuale incarico a quel gruppo. E già nei primi mesi del 1962 cominciarono i primi contatti con Chiti, Galassi, Tavoni e Chizzola. Nell’ottobre la Direzione ritenne che la presentazione della vettura non potesse più essere ritardata e, malgrado i musi lunghi dei Satta, dei Busso e dei Nicolis, al salone di torino Zagato presentava, una accanto all’altra, la TZ e la sua versione della 2600; anch’essa, manco a dirlo, con tanto di coda tronca. Nel giugno del 1963 la TZ, che era stata esposta anche a Ginevra nel mese di marzo, ottenne la regolare omologazione sportiva. Ma i nostri musi, più lunghi che mai, sarebbero scomparsi solo il 24 ottobre di quel 1963, quando sulla raticosa fu come se scoppiasse una bomba atomica. Su una memorabile seduta di prove sanesi e i suoi scopersero che fino ad allora la TZ aveva viaggiato con la sospensione posteriore “A TAMPONE” cioè appoggiata sui tamponi di fondo corsa, il che escludeva molle a elica e ammortizzatori dal loro regolare funzionamento. Bastavano qualche spessore sotto le molle e qualche taglio ai tamponi di gomma e per Sanesi la TZ divenne di colpo la miglior vettura del mondo….”
Giuseppe Busso
…..e la TZ vinse, stravinse e vinse ancora…