da "il Mattino" 12/04/08
Pomigliano.
Picchetti montati all’alba su tutti i varchi del grande stabilimento automobilistico, svincoli bloccati, un perimetro industriale di dieci chilometri controllato dagli operai e dai dirigenti sindacali di tutte le sigle: Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Ugl, Cobas, Slai Cobas, Cub.
Il primo sciopero «a tutto tondo» dell’era Sergio Marchionne, il primo blocco totale delle produzioni nel gruppo Fiat-auto si è consumato ieri a Pomigliano D’Arco, terra di fabbriche e di duri conflitti sociali.
Otto ore di protesta per impedire il trasferimento di 316 dipendenti dai capannoni dello stabilimento all’Interporto di Nola. Lavoratori «ribelli», sindacalizzati o maldisposti alla subordinazione, che secondo l’azienda potranno rendersi molto più utili a partire dal prossimo 5 maggio nella movimentazione dei materiali e delle auto, all’interno dello scalo-merci ferroviario situato a tredici chilometri dall’impianto Alfa Romeo.
Un progetto che, a giudizio di chi si oppone, significa una cosa sola: tagli ai posti di lavoro.
La rabbia è alimentata dal fatto che Pomigliano è l’unica fabbrica del gruppo a non avere un ruolo definito nel futuro assetto aziendale.
I sindacati per Pomigliano, e quindi per Napoli, chiedono nuove missioni produttive, nuovi modelli di auto che potrebbero garantire sviluppo e occupazione, o almeno tutelare gli organici esistenti: 5mila dipendenti Fiat, 3mila dell’indotto interno di primo e secondo livello e altri 6mila nell’indotto satellite distribuito tra Napoli e Caserta.
«Appena tre giorni fa è stato siglato l’accordo-salvezza per Termini Imerese - commenta il leader della Fiom Gianni Rinaldini -: 600 milioni di investimenti per i quali contribuirà anche la Regione Sicilia. Qui, invece, 120 milioni per la "Nuova Pomigliano" e di questi oltre 70 sarebbero stati già spesi».
Ma sul fronte delle relazioni sindacali la situazione è di quelle tesissime. Ieri pomeriggio, mentre era in corso lo sciopero, è saltato il confronto sulla nuova logistica, «centro di eccellenza» secondo la Fiat, «luogo di confino» per i sindacati.
I dirigenti Fiat non si sono presentati al tavolo. I delegati dell’Unione Industriali sono stati incaricati dalla casa torinese di spiegare ai sindacati i motivi della mancata partecipazione e ciò che la Fiat intende fare ma dopo dieci minuti i sindacalisti hanno abbandonato il tavolo. «Il picchettaggio è stato durissimo per cui i nostri non sono nemmeno potuti uscire dalla fabbrica», spiegano da Torino. Ma la replica delle organizzazioni sindacali è stata assai polemica.
«La verità - replica Massimo Brancato della Fiom - è che il piano Marchionne per la Nuova Pomigliano è stato un mezzo flop su tutti i fronti, che Pomigliano è l’unico impianto Fiat che non conosce ancora il suo futuro. La verità è che vogliono avere mano libera togliendo di mezzo il sindacato, le tutele, la concertazione, il confronto istituzionale». «. «La Fiat - conclude Michele Liberti (Fim) - non vuole il dialogo».