Nel tentativo di essere di un qualche aiuto a chi come Mel si arrabatta con gli impianti di accensione delle nostre amate vecchiette, mi avventuro in una sintetica descrizione del principio di funzionamento dell'accensione a spinterogeno.
Il sistema è molto semplice e piuttosto affidabile (salvo usura o eccesso di umidità), tanto da essere stato pressoché universalmente utilizzato dal secondo dopoguerra fino all'introduzione (dapprima negli anni '70 e poi a larga scala a partire dagli anni '80 del secolo scorso) delle accensioni elettroniche.
La corrente proveniente dalla batteria arriva al circuito primario della bobina con l'interposizione del blocchetto di accensione. La bobina svolge la funzione di un elevatore di tensione, per cui, a fronte dei circa 12v sul circuito primario, si ottengono (nel momento in cui scocca la scintilla) circa 10.000 volt sul circuito secondario (cioé quello da cui esce il cavo grosso che va verso la calotta).
Il circuito primario (a bassa tensione) va a massa in corrispondenza dello spinterogeno ma viene interrotto dai contatti che costituiscono il gruppo puntine. Normalmente il circuito è chiuso (cioé a massa) e questa è la ragione per cui, a tenere il quadro inserito a motore fermo, si rischia di scaricare la batteria.
Il gruppo ruttore (cioè le puntine) è azionato dall'alberino ad eccentrici dello spinterogeno, per cui la rotazione di questo provocherà 4 interruzioni del circuito primario per ogni giro dell'alberino. Pertanto, in un motore a 4 cilindri a 4 tempi dove abbiamo un'accensione ogni 1/2 giro di albero motore, l'alberino a eccentrici dello spinterogeno presenta 4 camme e gira a 1/2 della velocità angolare dell'albero motore.
Il circuito secondario (ad alta tensione) è invece sempre aperto perché non c'è connessione diretta tra gli elettrodi delle candele, quantunque siano a breve distanza tra loro. Soltanto quando il circuito viene caricato con una corrente ad alta tensione la separazione viene "superata" mediante la formazione di un arco voltaico tra gli elettrodi (la scintilla) che consente di scaricare a massa la corrente.
La differenza di potenziale (voltaggio) necessaria a generare la scintilla dipende dal materiale degli elettrodi, dalla loro distanza e dalla condizioni fisiche (pressione, temperatura etc.) dell'ambiente aereo tra di essi esistente.
Quando il circuito primario viene interrotto (le puntine si aprono sono l'effetto dell'eccentrico) per un fenomeno induttivo si genera nel circuito secondario una breve scarica di corrente ad alta tensione, che corre lungo il cavo che dalla bobina entra nella calotta, passa nel dstributore rotante (che mette in connessione detto cavo con quello diretto alla candela che in quel momento deve operare) e fa scoccare la scintilla.
La rotazione del corpo dello spinterogeno consente di variare la posizione relativa dei contatti rispetto all'alberino ad eccentrici (che è calettato sull'albero motore - o in alcuni casi su uno degli alberi a camme -) e quindi di variare l'anticipo.
In questo sistema il condensatore montato sul corpo dello spinterogeno svolge un'importante funzione. Infatti, esso viene montato in "antiparallelo" (cioé in parallelo ma a polarità invertite) rispetto al circuito primario per evitare che nelle fasi di apertura/chiusura dei contatti si generino scintille tra le puntine che, con il tempo, ne risulterebbero rovinate.
La prima evoluzione del sistema si è avuta con il passaggio alle accensioni transistorizzate (le cosidette prime elettroniche anche se di elettronico non c'era molto) nelle quali il compito del transitore PNP è quello di aprire e chiudere il circuito primario. Il sistema è semplice perché consente il mantenimento dello spinterogeno standard dove però i contatti hanno l'unica funzione di chiudere e aprire il circuito che attiva il transistore come se fosse un relé.
Il vantaggio è duplice perché da un lato è possibile pilotare il transistore mediante una corrente molto più debole (in genere tale circuito opera con tensioni di circa 5 v e questo allunga la vita delle puntine ed elimina la necessità del condensatore) dall'altro lato velocizza i tempi di passaggio da chiuso ad aperto del circuito primario, rendendo la scarica più breve ma più intensa.
Con un'ulteriore piccola evoluzione è stato possibile elevare la tensione di alimentazione del circuito primario a circa 400-500 v, consentendo di generale nel secondario della bobina tensioni più elevate (15.000 v e più) che agevolano il lavoro delle candele superando anche i problemi di imbrattamento (se la tensione di scarica è molto elevata, la corrente non si scarica sui depositi carboniosi che si accumulano sull'isolante della candela e l'arco si genera correttamente tra gli elettrodi).
La velocizzazione del sitema ha però creato altri problemi, perché la batteria è un fornitore di corrente piuttosto lento, per cui all'aumentare dei giri la tensione nel secondario cala (succede anche, e più marcatamente, con lo spinterogeno puramente meccanico). Di qui il passaggio alle accensioni a scarica capacitativa, dove all'interno della centralina d'accensione c'è un condensatore (componente elettronico che funge da accumulatore di energia come la batteria ma dai tempi di carica/scarica enormenente più veloci) per cui nel momento in cui il primario viene interrotto l'energia al secondario viene fornita immediatamente dal condesatore.
Poi è stata l'era delle accensioni elettroniche moderne (più o meno evolute e infine integrate con la centralina di iniezione ed altro), dove è un microprocessore a gestire il tutto sulla base di un software dedicato (c.d. "mappa") in relazione ai segnali provenienti da vari sensori. Scompaiono così le puntine e i distributori rotanti e la bobina diventa miniaturizzata e per lo più applicata direttamente sopra la candela.
Tutto ciò detto per sommi capi e salvo errori che potrei aver commesso.
Approfondendo un attimo il funzionamento dello spinterogeno, non si può evitare di parlare della variazione automatica dell'anticipo.
Poiché i motori per autotrazione lavorano a regimi variabili, anche l'anticipo deve variare. Ciò perché la miscela aspirata dal cilindro ci mette un certo tempo a bruciare tutta (velocità di combustione) e tale tempo non varia in relazione lineare con l'aumentare dei giri. Infatti, l'ottimizzazione del lavoro svolto dall'aumento della pressione dei gas combusti sul cielo del pistone (cioé - semplificando al massimo - la massimizzazione della coppia e perciò della potenza) richiedono in genere che la pressione sia massima entro i primi 90° di giro manovella e relativamente bassa nei primi gradi dopo il punto morto superiore di accensione. Se avessimo una forte pressione nei primi gradi, facilmente avremmo fenomeni di detonazione e comunque la foratura del pistone o il danneggiamento delle bronzine sarebbero probabili perché in quel punto la biella è ancora poco angolata e quindi la forza impressa sul pistone si tradurrebbe in un fortissimo carico assiale sul manovellismo. Così, se avessimo un consistente eccesso di anticipo fisso, ci accorgeremmo che il motore fa fatica ad avviarsi (il motorino di avviamento si "impunta") e a tenere il minimo ed è lento a prendere giri (in gergo si dice che è "imballato"). Più la manovella gira e più aumenta il volume nel cilindro (e ciò riduce teoricamente la pressione) ma al contempo aumenta il braccio di leva della manovella che converte il moto assiale del pistone in moto circolare dell'albero. Intuitivamente la leva è 0 in corrispondenza dei punti morti e massima (pari alla semicorsa del pistone) quando l'angolo di manovella è di 90°.
La pressione generata dalla combustione dovrebbe essere massima attorno ai 90° ed esaurirsi entro il 110°-130°: infatti, dopo i 90° il lavoro è nettamente in calo perché il braccio di leva riprende ad accorciarsi e il volume del cilindro aumenta ancora.
Fasare correttamente l'accensione significa sincronizzare al meglio la pressione generata dalla combustione con la geometria del motore.
La seconda non varia all'aumentare dei giri, mentre in tal caso la combustione si velocizza per effetto della maggiore turbolenza ma non tanto da compensare del tutto la riduzione dei tempi a disposizione determinata dall'aumento di regime. Oltre un certo regime, tuttavia (dipende dal motore, ma in genere attorno ai 5000 giri) la relazione diventa quasi lineare e quindi non serve un ulteriore aumento dell'anticipo.
In pratica, l'anticipo è minimo al regime minimo, aumenta fino al regime di coppia massima o poco più (dove la capacità di intrappolamento del cilindro è massima) e poi si stabilizza perché da lì in poi la resa volumetrica (e quindi l'effettiva quantità di miscela A/B da bruciare per ogni ciclo) ridiscende.
Torniamo alla pratica: il primo sistema di adeguamento dell'anticipo incorporato nello spinterogeno è di tipo meccanico centrifugo: per effetto di masse e molle opportunamente tarate, l'aumento dei giri dell'alberino ad eccentrici fa ruotare di qualche grado la piastra portacontatti (cioé il supporto sul quale sono montate le puntine) variandone la posizione rispetto alla camma. Quindi l'interruzione del primario e, di conseguenza, lo scoccare della scintilla viene anticipato di un angono di manovella pari alla doppio della rotazione della piastra portacontatti (ricordiamo che l'alberino dello spinterogeno gira a metà velocità rispetto all'albero motore).
Poi c'è il sistema pneumatico a depressione: una valvola pierburg montata sul corpo dello spinterogeno e collegata con un tubicino al collettore di aspirazione genera una rotazione della piastra porta contatti quando si passa violentemente da acceleratore parzializzato a tutto aperto. Ciò perché per un istante da un lato il carico motore viene fortemente incrementato, ma dall'altro lato, nonostante l'azione delle pompe di ripresa dei carburatori, la miscela risulterà alquanto magra e quindi bisognosa di un minore anticipo.
Ultimo capitolo di questo l'intervento: le procedure di verifica e regolazione dell'anticipo.
Anticipo statico: è quello minimo previsto dal costruttore e si verifica a motore spento (nessun effetto né della regolazione centrifuga, né di quella pneumatica). E' importante perché se è sbagliato quello, necessariamente saranno sbagliati anche tutti gli altri.
Si prende una lampadina 12 v a bassa potenza (3-5 w) montata su un portalampade dotato di cavi abbastanza lunghi. Uno di essi deve presentare all'estremità uno spinotto faston femmina che va inserito sul maschio presente sul corpo dello spinterogeno, cioé quello dove si innesta il cavetto del circuito primario della bobina (si riconosce perché viaggia affianco al cavo grosso che entra al centro della calotta) che invece deve essere staccato. L'altro cavo si attacca al positivo della batteria.
A questo punto, muniti di una chiave a bussola (mi pare da 32) con lunga leva che va innestata sul bullone che fissa la puleggia dell'albero motore, lo si fa ruotare finché l'indice montato sul carter anteriore del monoblocco coincide con la tacca punzonata sul bordo esterno della puleggia e contraddistinta dalla lettera F (anticipo fisso). Vicinissima c'è un'altra tacca senza indicazione (o talora con indicazione P) che è il punto morto superiore del primo pistone (quello più verso davanti). In corrispondenza della tacca F la lampadina deve spegnersi perché quello è il punto in cui deve aprirsi il contatto del circuito primario della bobina.
Se così non é, si deve allentare il dado che stringe il collare dello spinterogeno (attenzione a non confonderlo con quello della flagia di fissaggio) e ruotare leggermente il corpo spinterogeno fino a ritrovare l'esatta corrispondenza. In genere ruotandolo in senso antiorario si anticipa e in senso orario di posticipa.
Il controllo dovrebbe essere fatto dopo aver verificato l'esattezza della distanza tra le puntine. Per fare ciò si leva la calotta (trattenuta da due mollette), si estrae la spazzola rotante e, facendo ruotare il motore con la suddetta chiave a bussola, si porta l'eccentrico a cagionare il massimo distacco tra i contatti. Il distacco va misurato usando uno spessimetro a lamelle, che deve scivolare tra le superfici senza forzature. I valori di distacco variano da modello a modello (in genere tra 0,25 e 0,40 mm) ma se d'interesse posso verificare i dati per i motori Giulia 2000 e derivate, Montreal, Alfetta 1.8 e Alfetta GTV 1.6 e 2.0.
Se il valore non è corretto, si allenta leggermente la vite di fissaggio dei contatti alla piastra e la si riserra dopo aver raggiunto il valore voluto.
Anticipo dinamico: gli spinterogeni hanno dei valori di anticipo stabiliti in fabbrica che dipendono dalle masse e dalle molle montate e dalla loro perfetta efficienza. Ad esempio si potrebbero avere 6° di anticipo al minimo e 30° a 5000 giri (se d'interesse posso pubblicare anche i suddetti dati per i menzionati tipi di motore).
Per la verifica serve la (costosa) lampada stroboscopica che altro non è che una lampada in grado di emettere un rapidissimo lampo di luce quando scocca la scintilla nel 1° cilindro. I due cavi di alimentazione della lampada vanno collegati alla batteria rispettando la polarità, mentre il cavo con pippetta si innesta sulla candela del primo cilindro applicandoci poi sopra il cavo di accensione. Si avvia il motore e lo si porta alle varie velocità angolari da controllare sul contagiri (alcune lampade stroboscopiche ce ne hanno uno elettronico incorporato che calcola la velocità in base alla spaziatura della accensioni). Il lampo, opportunamente diretto sulla puleggia motore, consentirà un "fermo immagine" sufficiente a vedere se quando scocca la scintilla al minimo l'indice è in corrispondenza della tacca F e se al regime previsto di massimo anticipo l'indice è in corrispondenza della tacca M. Se c'è una sfasatura pressoché uguale in F ed M, si spegne e si ruota lo spinterogeno fino a trovare le corrispondenze; se trovato l'F giusto M resta sfasato, bisogna far revisionare lo spinterogeno perché vuol dire che le masse centrifughe e le molle di richiamo non lavorano bene (i più coraggiosi possono tentare da sé lo smontaggio per verificare la presenza di sporco od ossidazione).
Nell'uso della lampada stroboscopica bisogna fare molta attenzione ad evitare che i suoi cavi non vadano a contatto con parti in movimento del motore (ventole, puleggie, cinghie etc.) altrimenti si rischia un macello e pure di farsi un gran male.