di Guido Meda
Ne parlavo con Reggiani, nel pomeriggio dopo le qualifiche. Valutavamo insieme come la situazione di Stoner qui a Indianapolis ci sembrasse agli antipodi di quello che era esattamente un anno fa. Forse anche solo qualche mese fa. Il giudizio appariva crudo. Stoner sembra piegato, irriconoscibile.
Qui non è riuscito a mettere in fila quei giri mostruosi che gli riescono di norma non appena mette le ruote in pista. Come se avesse sottovalutato l'avversario a inizio stagione e si fosse lasciato piegare. Che era né più né meno ciò che in molte altre occasioni molta altra gente aveva pensato. Poi l'abbiamo incontrato, camminando nel paddock. Ci siamo fermati a chiacchierare. Parlavamo con un ragazzo stanco, forse piegato sì, ma troppo stanco per meritarsi un giudizio duro e pubblico che finiva per sembrare irrispettoso.
Il nostro mestiere qualche volta prevede che si possa fare a meno della pietà, ma Stoner sta nascondendo qualcosa che solo parlandogli riesci a notare. Sta nascondendo il suo dolore al polso. Del suo scafoide non parla, in nessuna intervista. Ha capito come funziona il gioco delle parti e sa perfettamente che se parlasse del polso gli voleremmo addosso in tanti pensando a una scusa. E lui di scuse non ne vuole prendere. Non vuole passare per uno che si lamenta, perché quelli che si lamentano li ha visti da lontano ed evidentemente non gli piacciono.
Ecco perché il giudizio sullo Stoner che si è lasciato sfuggire il mondiale può essere duro da una parte e mitigato dall'altra. Non è messo bene. Ci sta che sia davvero un po' frustrato dalle cadute. Ci sta che stia facendo dei suoi problemi con l'avantreno un guaio più grosso di quello che è. Ci sta che aver incontrato il vero Valentino Rossi lo metta in condizione di prenderle anche da Elias con una Ducati satellite. Ci sta e fa parte della maturazione di cui Stoner, certamente, ha bisogno. Ma non è bastardo dentro, è uno che dà tutto, è uno poco abituato a sguazzare tra le malizie della comunicazione.
La sua reticenza a parlare del polso, che sia dolorante o no, ci fa essere più indulgenti e comprensivi nei suoi confronti. Per quello che ha dato, per quello che certamente può dare ancora.