Carlo Emanuele Buscaglia
Il 12 novembre 1942, nell'ascoltare alla radio il bollettino di guerra n° 901, gli italiani appresero con sgomento la notizia che da una missione di aerosiluramento nelle acque di Bougie non era rientrato l'aereo del maggiore Carlo Emanuele Buscaglia, comandante del 132° gruppo aerosiluranti.
Molti si commossero al ricordo del giovane e valoroso asso degli aerosiluranti italiani; aveva affondato in numerose azioni audacissime e pericolose per la presenza di caccia e per il tiro contraereo delle navi inglesi oltre 100.000 tonnellate di naviglio nemico.
Un solo uomo,un aviatore italiano aveva inflitto all' Inghilterra perdite gravissime; la sua scomparsa meritava certamente l'assegnazione della medaglia d'oro al valor militare che gli venne subito assegnata alla memoria.
Una parte della motivazione diceva testualmente "...fiaccola d'eroismo e maestro dell'arma nuovissima, in 32 vittoriose azioni di siluramento tra uragani di ferro e di fuoco sotto la mitraglia rabbiosa di numerosi caccia che gravemente colpirono il suo velivolo incendiandolo, si lanciava come folgore sull'obiettivo prescelto...".
Erano parole significative che racchiudevano nella loro essenza la storia delle imprese di Buscaglia e di ciò che avevano rappresentato per l'aeronautica italiana.
Scomparso Buscaglia, il 132° gruppo AS prosegui la guerra battendosi col consueto valore sino all'armistizio, quando le circostanze divisero i suoi uomini: Carlo Faggioni, giovane comandante della 278° squadriglia, scelse il nord, Giuseppe Cimicchi comandante della 281° andò invece al sud.
Trascorse il tempo e la guerra macinò inesorabilmente altri aviatori sia nella RSI che nel regno del Sud.
Gli Alleati per tramite dell'Allied Control Commission e dell' Air Force Sub Commission non permisero la sopravvivenza, anche formale, della specialità aerosiluranti. Era quella che aveva inflitto loro le più cocenti e gravi sconfitte in mare e perciò anche la 132° alla stessa stregua dei gruppi 41°,104°, e 105° venne privato della denominazione d'impiego e declassato prima al trasporto, successivamente trasformato in gruppo di bombardamento nello stormo BALTIMORE.
Al Nord invece, la specialità era risorta per merito di uomini come Buri, Cadringher e soprattutto Faggioni. Costui diventato comandante di gruppo, volle dedicare al suo indimenticabile comandante il nominativo del suo nuovo reparto,che divenne, quindi,il gruppo "AS.M.O. Carlo Emanuele Buscaglia".
Il capitano pilota Carlo Faggioni, morì sul mare di Nettuno il 10 aprile 1944, durante un'azione di siluramento contro navi alleate, impegnate nel rifornire la testa di ponte, ignorando che il suo comandante era ancora vivo e si apprestava a rientrare in Italia da un campo di prigionia di guerra dagli USA, dopo avere scelto di tornare a combattere nella Ragia Aeronautica.
In quella missione dell'11 novembre 1942 Buscaglia non era morto; il suo aereo crivellato da raffiche di Spitfire s'incendiò dopo che aveva sganciato, con la consueta precisione, il siluro contro un trasporto alleato e precipitò in mare.
L'ardito pilota, sebbene ustionato e ferito si salvò dall'impatto in mare assieme al 1° aviere fotografo Francesco Majore, costui, gravemente ferito, morirà alcuni giorni più tardi in un ospedale da campo alleato.
Trasferito a Fort Meade,in Usa, vi rimase fino al suo rientro in Italia nella primavera del 1944. Una situazione ben diversa dall'epoca degli impetuosi attacchi alla Mediterranean Fleet trovò al suo rientro.
Quando vide il Martin A.30 (M 187 per la RAF), Buscaglia si rese conto che era un aereo ben diverso dal 79, più difficile come comportamento e per il cui pilotaggio occorreva un buon periodo di ambientazione cosa che lui fece con molto scrupolo, ma il 23 agosto 1944 ruppe ogni indugio e decise di decollare da solo, salì sul velivolo con la sigla FA 638 ed uscì dall'area di decentramento per portarsi sulla pista di decollo; aumentò di giri i motori, una veloce corsa per circa 300 metri e poi il decollo.
Il pesante Baltimore si sollevò di pochi metri, ondeggiò verso sinistra e poi ricadde toccando il suolo con l'ala sinistra che fece da perno e spezzandosi per poi incendiarsi. Per un attimo forse rivisse l'incidente di Bougie ma con la forza della disperazione riusci a saltare fuori e ad abbandonare l'aereo in fiamme ma questa volta le ferite e ustioni erano talmente gravi che morì il giorno dopo.
Per quanto riguarda il gobbo maledetto (SM-79) forse i più giovani non sanno che era costruito interamente in legno foderato di tela.