Amici delle FF.PP. FF.AA. (Vol. 1) ...quelli che Amano la Patria!

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Saturno147":1ste4a69 ha detto:
IVAN":1ste4a69 ha detto:
Saturno147":1ste4a69 ha detto:
mm..volevo dire 27 luglio...ancora sono rincrenito dal sonno... :asd) speriamo di entrarci al senato...anke perche guadagnerei bei soldini anke.. :asd)



...speriamo che Morfeo non ti perseguiti il 27 luglio.... :asd) ...in bocca al lupo... :X)
crepi grazie ivan... :fluffle)
...di nulla...
 
News

DROGA:TORINO; SULLE STRADE DELLO SPACCIO 27 PUSHER ARRESTATI
ANSA

5/26/2007 10:16:00 AM
(ANSA) - TORINO, 26 MAG - Un bazar dello spaccio di droga,a cielo aperto, in strada, sotto gli occhi dei passanti, per un giro d'affari di duemila dosi a notte, pari a 100 mila euro, è stato stroncato da un blitz dei carabinieri di Torino che ha portato a 27 arresti. Per più di un mese gli investigatori hanno tenuto sotto controllo una cinquantina di spacciatori che gestivano cinque incroci tra le vie limitrofe alla stazione ferroviaria di Porta Nuova, in una delle zone più multietniche della città e più a rischio sicurezza. Sono stati i residenti a denunciare il traffico di stupefacenti che avveniva sotto le loro case. Fascia oraria preferita per i pusher, tutti giovani, fra le 22 e le 2 del mattino. L'operazione è stata eseguita da oltre 200 carabinieri.(ANSA).
 
News

SALERNO: AI DOMICILIARI COLTIVAVA CANAPA INDIANA, ARRESTATO DAI CARABINIERI
ADNKRONOS

5/25/2007 9:02:00 PM
Salerno, 25 mag. - (Adnkronos) - Un pregiudicato, del quale non e' stata resa nota l'identita', e' stato arrestato a Salerno dai carabinieri. L'indagato, che si trovava agli arresti domiciliari nella propria abitazione, nella frazione Cappelle, aveva allestito una piantagione di canapa indiana costituita da circa 100 piante e 50 vasi seminati. Lo spacciatore e' stato rinchiuso nel carcere di Fuorni.
 
Comunicati Stampa

Scandicci (FI) - Tre arresti per borseggio.
Comando Provinciale di Firenze
25/05/2007 ore 13:03
Sono passate da poco le 23.00 quando la ragazza sale a bordo del bus che la riporterà a casa. Il pulman è poco affollato, perciò quando viene circondata da tre rumene, due di queste incinta, ha un attimo di smarrimento, non è la prima volta che viene borseggiata sul pulman. Quando le tre donne che prima l'avevano circondata, si affrettano a scendere, allora il dubbio diventa realtà. Fruga velocemente nella sua borsa e non trova il portafogli. Guarda meglio, non c'è più. Non si demoralizza, col proprio cellulare chiama il 112 comunicando che è stata appena borseggiata e che forse le autrici del borseggio sono nei pressi della fermata dell'autobus. Scende anche lei dal mezzo pubblico e raggiunge la precedente fermata in contemporanea con una pattuglia dei Carabinieri, che non hanno difficoltà a individuare il portafogli ed il bottino (100 euro) che le tre erano intente a dividersi, prima di sbarazzarsi del compromettente portafogli. Le tre donne, in Italia senza fissa dimora e pluripregiudicate, vengono tratte in arresto e condotte a Sollicciano. Il portafoglio ed i 100 euro restituite alla giovane donna, che stufa di subire borseggi, quando sale sugli autobus si è fatta sospettosa, ma decisa a non farsi sopraffare.
 
Comunicati Stampa

Roma - Arresto per ricettazione.
Comando Provinciale di Roma
25/05/2007 ore 11:30
I Carabinieri della Stazione Roma Divino Amore hanno arrestato un giovane, pregiudicato 33enne di origine slava, con l'accusa di ricettazione.
Gli uomini dell'Arma, a seguito delle segnalazioni di alcuni cittadini, sono intervenuti in un terreno privato nella zona di Castel di Leva dove si era da poco stabilita una carovana di nomadi. All'interno dell'improvvisato "campo" i Carabinieri hanno scoperto un nascondiglio dove il pregiudicato aveva nascosto apparecchiature elettroniche, elettrodomestici, telefoni cellulari e borse, riconducibili a molteplici furti messi a segno nella provincia di Roma.
Tra la refurtiva sono state rinvenute anche 200 paia di scarpe che facevano parte di un carico di aiuti umanitari destinati al Terzo Mondo, rubate a bordo di un TIR nei pressi dell'aeroporto di Fiumicino.
La refurtiva, del valore di circa 20.000 Euro, è stata sequestrata in attesa di risalire ai legittimi proprietari.
A finire nei guai anche il figlio del nomade, denunciato a piede libero poiché ritenuto responsabile dell'illecito in concorso con il padre.
 
soloalfa":38mtlfhz ha detto:
ciao ragazzi...

@ivan:ti ho dato qualche dritta sui cerchi nell'altro post,senti se si riescono a mettere a posto e se si comprali che nuovi costano 1.000€ ;)



:ahsisi) ...tranquillo che non me li faccio scappare... :shakko) ...grazie!
 
Un pò di storia:

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La preparazione della rivincita italiana cominciava nel 1930. Altissima la posta in gioco: cercare di battere gli inglesi, rimettendo così in gara il blasonato trofeo, e riportare a casa il primato mondiale di velocità, da sempre legato alla manifestazione.

Questo era il compito del R.A.V. (Reparto Alta Velocità) di Desenzano del Garda, che iniziò subito la selezione dei piloti che avrebbero portato in gara il futuro bolide. Intanto a Roma si davano disposizioni per la macchina e il motore; la maggiore esperienza in campo di idrocorsa era sicuramente appannaggio della Fiat per il motore e della Macchi per la cellula e furono queste le due ditte sulle quali si concentrarono gli sforzi che avrebbero portato al motore AS.6 e all’idrocorsa M.C.72.

Trittico dell'M.C.72Il nuovo aereo fu realizzato nei tempi previsti e le prove di collaudo iniziali fecero ben sperare chi su quest’aereo aveva puntato tutto. Purtroppo però, ben presto si presentarono dei gravi problemi di detonazioni e ritorni di fiamma nel propulsore, e il collaudo risultò molto più lungo e laborioso del previsto. Quando poi le prove di volo costarono la vita di due piloti collaudatori, il Capitano Giovanni Monti e il Tenente Stanislao Bellini, si capì che l’M.C.72 non sarebbe mai stato pronto per il Settembre del ‘31.

Persa ogni speranza di rimettere in gioco la Schneider, il R.A.V. ricevette l'ordine perentorio di stabilire il nuovo record di velocità il giorno stesso in cui gli inglesi si sarebbero aggiudicati il trofeo, ma naturalmente era un’impresa impossibile; se l’M.C.72 fosse stato in grado di stabilire il record per quella data, allora avrebbe potuto anche partecipare alla competizione in Inghilterra, cosa che non avvenne.

Cartolina commemorativaIl primo record comunque arrivò: il 10 Aprile 1933 alle ore 11:00 il Maresciallo Francesco Agello decollava a bordo dell’M.C.72 siglato MM.177 ed effettuava cinque giri del circuito designato sul Lago di Garda alla velocità media di 682,078 Km/h; dopo l’ultimo passaggio Agello, resosi conto del successo, si lanciò verso l’idroscalo colmo di spettatori concludendo con una secca virata a coltello a mo’ di saluto.

Il successivo ed ultimo traguardo fu fissato al superamento del muro dei 700 Km/h, ed anche questo obiettivo fu raggiunto; il 23 ottobre 1934 Agello, a bordo dell’M.C.72 siglato MM. 181, con una velocità media di 709,202 Km/h, batté il suo stesso record; quest’ultimo primato rimane da allora imbattuto per quanto concerne la categoria idrovolanti propulsi da motore alternativo. Lo stesso M.C.72 MM. 181, l’ultimo rimasto dei cinque esemplari prodotti, è gelosamente custodito nel museo Storico dell’Aeronautica Militare Italiana

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Il 30 aprile 1940, dal campo di aviazione di Taliedo a Milano, dove sorgevano le officine Caproni, si levava in volo, pilotato dal Col. Mario De Bernardi, il Campini Caproni, primo aereo a reazione italiano e primo del genere a volare pubblicamente nel mondo. Solo a guerra finita si seppe infatti che poco meno di un anno prima aveva volato in gran segreto, in Germania, un velivolo analogo.
Il progettista ing. Secondo Campini lavorava ai problemi della propulsione a reazione da molti anni, ed in particolare il progetto di queso velivolo era del 1935-36. Da tempo anche l'ing. Campini aveva studiato e progettato dei motori a turbina, analogamente a quanto fatto in quei tempi all'estero ed in particolare in Germania ed in Inghilterra, ma per il primo esperimento di volo a reazione preferì servirsi di un complesso motore, che potrebbe definirsi un compromesso. Per azionare il compressore che doveva aspirare e comprimere l'aria necessaria a fornire la spinta, installò infatti un normale motore a pistoni. I motivi di questa scelta furono vari: non si volle sovrapporre ai problemi inerenti al nuovo tipo di propulsione (che poteva creare anche dei problemi di governo del velivolo), quelli relativi ad un tipo di motore totalmente nuovo e non sufficientemente sperimentato, come sarebbe stato un motore a turbina.
Si deve ricordare a questo proposito che la situazione della nostra industria motoristica dell'epoca non era molto brillante; la carenza cronica di materie prime poneva la nostra siderurgia in stato di inferiorità rispetto ad altri paesi, specie per ciò che concerne la tecnologia dei materiali speciali; e di materiali speciali i sempre più potenti motori di aviazione ne richiedevano tanti: così che ne soffriva in particolare modo proprio la sperimentazione di nuovi motori di progettazione nazionale. Spesso per la necessità di ricercare i materiali adatti a resistere alle alte sollecitazioni richieste, specie termiche, i tempi dedicati alla messa a punto di questi motori si protraevano troppo a lungo. Fu proprio a causa di questo, ad esempio, che la nostra Arma Aerea nel corso della seconda Guerra Mondiale dovette lasciare in disparte certi pur ottimi progetti di motori italiani, per adottare motori costruiti su licenza tedesca. La sperimentazione era stata fatta dalla casa progettista ed i materiali da impiegare venivano dalla stessa fissati.
Queste considerazioni suggeriscono pertanto una conclusione: sarebbe stato un inutile spreco di tempo attendere la costruzione e sperimentazione dei motori a turbina, per far volare un velivolo che voleva essere solo sperimentale ed il cui scopo era solo quello di dimostrare la validità di una formula; la scelta dell'ing. Campini appare dunque logica e tutte le critiche che da più parti si sono poi volute avanzare a questo velivolo e tutti i tentativi di negarne la validità, appaiono inutili.
Di concreto rimane un fatto: l'ing. Campini fece volare un aereo a reazione appena un anno dopo i tedeschi e un anno prima dei preparatissimi ed attrezzati inglesi e vide per di più confermati dalle prove pratiche quasi tutti i dati teorici calcolati.
Se poi gli studi tanto faticosamente condotti non poterono dare all'Italia i frutti di questo primato, questo è da ascrivere esclusivamente al precipitare degli eventi bellici ed alle loro conseguenze.
 
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Il Fiat G.55 Centauro era un aereo da caccia italiano durante la seconda guerra mondiale. Era uno dei famosi caccia "serie 5", insieme al Macchi M.C.205 e al Reggiane Re.2005. Costituì l'evoluzione dei progetti portati avanti dall'ingegnere Giuseppe Gabrielli, che avevano portato nella seconda metà degli anni '30 alla realizzazione del G.50 Freccia.


Anche Gabrielli, come il collega dell'AerMacchi, ingegnere Mario Castoldi, aveva modificato un Freccia per potervi montare il motore tedesco Daimler-Benz DB601 A1. L'esperimento tuttavia non si concretizzò in un nuovo caccia di serie, come avvenne per Castoldi. La Fiat poté però rispondere al bando di concorso della Regia Aeronautica per i cosiddetti caccia "serie 5" (dotati del motore Daimler-Benz DB605 A da 1.475 CV) con una macchina completamente nuova, che solo marginalmente poteva ricordare il Freccia.

Il G.55 volò per la prima volta nel 1942 ma non furono poche le difficoltà e i ritardi, non ultimo quello dell'allestimento delle catene di montaggio. In base al confronto con i due concorrenti, l'M.C.205 e il Re.2005, pur validissimi, si valutò giustamente che il Centauro era il migliore dei tre, in quanto combinava in maniera ottimale velocità, potenza di fuoco, manovrabilità e robustezza. Non a caso fra gli ordinativi della Regia Aeronautica il numero dei G.55 era superiore a quello dei concorrenti. La Regia Aeronautica commise un grave errore di valutazione perché invece che puntare sulla produzione di uno dei tre caccia, stipulò contratti con tutti e tre i costruttori, disperdendo quindi le risorse necessarie e ritrovandosi con pochi esemplari di ognuno dei tre modelli. La Fiat inoltre ottenne la licenza per costruire il motore Daimler-Benz, denominato RA1050 Tifone.

Il precipitare degli eventi fece sì che fosse il caccia Macchi ad arrivare per primo ai reparti, visto il vantaggio di poter utilizzare le linee di montaggio dell'M.C.202. I primi G.55 di pre-serie (una trentina di macchine della cosiddetta serie 0) vennero consegnati ai reparti nell'aprile del 1943, ma ci volle del tempo prima che divenissero operativi. Le macchine della serie 0 erano armate con 4 mitragliatrici Breda-SAFAT da 12,7 mm, due superiori e due inferiori in fusoliera, e da un cannoncino Mauser da 20 mm sparante attraverso il mozzo dell'elica.

Nei G.55 della serie 1, la cui produzione sarà riavviata in novembre per conto della Repubblica Sociale Italiana, le due mitragliatrici inferiori in fusoliera erano sostituite da altrettanti cannoncini da 20 mm nelle ali.
 
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Carlo Emanuele Buscaglia

Il 12 novembre 1942, nell'ascoltare alla radio il bollettino di guerra n° 901, gli italiani appresero con sgomento la notizia che da una missione di aerosiluramento nelle acque di Bougie non era rientrato l'aereo del maggiore Carlo Emanuele Buscaglia, comandante del 132° gruppo aerosiluranti.
Molti si commossero al ricordo del giovane e valoroso asso degli aerosiluranti italiani; aveva affondato in numerose azioni audacissime e pericolose per la presenza di caccia e per il tiro contraereo delle navi inglesi oltre 100.000 tonnellate di naviglio nemico.
Un solo uomo,un aviatore italiano aveva inflitto all' Inghilterra perdite gravissime; la sua scomparsa meritava certamente l'assegnazione della medaglia d'oro al valor militare che gli venne subito assegnata alla memoria.
Una parte della motivazione diceva testualmente "...fiaccola d'eroismo e maestro dell'arma nuovissima, in 32 vittoriose azioni di siluramento tra uragani di ferro e di fuoco sotto la mitraglia rabbiosa di numerosi caccia che gravemente colpirono il suo velivolo incendiandolo, si lanciava come folgore sull'obiettivo prescelto...".
Erano parole significative che racchiudevano nella loro essenza la storia delle imprese di Buscaglia e di ciò che avevano rappresentato per l'aeronautica italiana.
Scomparso Buscaglia, il 132° gruppo AS prosegui la guerra battendosi col consueto valore sino all'armistizio, quando le circostanze divisero i suoi uomini: Carlo Faggioni, giovane comandante della 278° squadriglia, scelse il nord, Giuseppe Cimicchi comandante della 281° andò invece al sud.
Trascorse il tempo e la guerra macinò inesorabilmente altri aviatori sia nella RSI che nel regno del Sud.
Gli Alleati per tramite dell'Allied Control Commission e dell' Air Force Sub Commission non permisero la sopravvivenza, anche formale, della specialità aerosiluranti. Era quella che aveva inflitto loro le più cocenti e gravi sconfitte in mare e perciò anche la 132° alla stessa stregua dei gruppi 41°,104°, e 105° venne privato della denominazione d'impiego e declassato prima al trasporto, successivamente trasformato in gruppo di bombardamento nello stormo BALTIMORE.
Al Nord invece, la specialità era risorta per merito di uomini come Buri, Cadringher e soprattutto Faggioni. Costui diventato comandante di gruppo, volle dedicare al suo indimenticabile comandante il nominativo del suo nuovo reparto,che divenne, quindi,il gruppo "AS.M.O. Carlo Emanuele Buscaglia".
Il capitano pilota Carlo Faggioni, morì sul mare di Nettuno il 10 aprile 1944, durante un'azione di siluramento contro navi alleate, impegnate nel rifornire la testa di ponte, ignorando che il suo comandante era ancora vivo e si apprestava a rientrare in Italia da un campo di prigionia di guerra dagli USA, dopo avere scelto di tornare a combattere nella Ragia Aeronautica.
In quella missione dell'11 novembre 1942 Buscaglia non era morto; il suo aereo crivellato da raffiche di Spitfire s'incendiò dopo che aveva sganciato, con la consueta precisione, il siluro contro un trasporto alleato e precipitò in mare.
L'ardito pilota, sebbene ustionato e ferito si salvò dall'impatto in mare assieme al 1° aviere fotografo Francesco Majore, costui, gravemente ferito, morirà alcuni giorni più tardi in un ospedale da campo alleato.
Trasferito a Fort Meade,in Usa, vi rimase fino al suo rientro in Italia nella primavera del 1944. Una situazione ben diversa dall'epoca degli impetuosi attacchi alla Mediterranean Fleet trovò al suo rientro.
Quando vide il Martin A.30 (M 187 per la RAF), Buscaglia si rese conto che era un aereo ben diverso dal 79, più difficile come comportamento e per il cui pilotaggio occorreva un buon periodo di ambientazione cosa che lui fece con molto scrupolo, ma il 23 agosto 1944 ruppe ogni indugio e decise di decollare da solo, salì sul velivolo con la sigla FA 638 ed uscì dall'area di decentramento per portarsi sulla pista di decollo; aumentò di giri i motori, una veloce corsa per circa 300 metri e poi il decollo.
Il pesante Baltimore si sollevò di pochi metri, ondeggiò verso sinistra e poi ricadde toccando il suolo con l'ala sinistra che fece da perno e spezzandosi per poi incendiarsi. Per un attimo forse rivisse l'incidente di Bougie ma con la forza della disperazione riusci a saltare fuori e ad abbandonare l'aereo in fiamme ma questa volta le ferite e ustioni erano talmente gravi che morì il giorno dopo.

Per quanto riguarda il gobbo maledetto (SM-79) forse i più giovani non sanno che era costruito interamente in legno foderato di tela.
 
Per tutti gli appassionati di Militaria e Storia oggi a Parco Esposizioni di Milano - Novegro c'è la bellissima fiera MILITARIA ...da non perdere...io vado... :OK)
 
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Il Rex è il transatlantico italiano commissionato dalla Navigazione Generale Italiana ai Cantieri Navali di Sestri Ponente (allora Ansaldo). La costruzione durò un anno, dal gennaio 1930 al 1° agosto 1931 quando fu varato dal Re Vittorio Emanuele III e dalla Regina Elena.

Il suo apparato motore era costituito da quattro gruppi di turbine che azionavano quattro eliche di circa 5 metri di diametro. La potenza dichiarata di queste turbine era di 120.000 cavalli che al varo risultarono 4.000 in più del progetto e dopo la messa a punto in mare divennero ben 136.000.

Il 22 settembre 1932 il Rex fu consegnato alla Società Italia Flotte Riunite, da poco riorganizzata con la fusione delle flotte della Navigazione Generale Italiana (il committente originale della nave), del Lloyd Sabaudo e della Cosulich.

Il viaggio inaugurale iniziò a Genova il 27 settembre 1932 con a bordo 1872 passeggeri. Avendo registrato alcuni problemi nella sala macchine quando era ancora in navigazione per Gibilterra, fu costretta ad una sosta nel porto della colonia Britannica per le necessarie riparazioni prima di proseguire il suo viaggio. A questo punto alcuni passeggeri rinunciarono al viaggio ed in treno si recarono in Germania per imbarcarsi sul transatlantico Europa. Quando giunsero a New York trovarono il Rex già ormeggiato.

Il Rex conquistò il Nastro azzurro nell'agosto 1933 con una velocità media di crociera di 28,92 nodi, strappando il record precedentemente detenuto dal transatlantico tedesco Bremen.

Il viaggio del record iniziò alle ore 11.30 del 10 agosto 1933 quando la nave salpò da Genova alla volta di New York al comando del capitano Francesco Tarabotto. Durante quel viaggio riuscì a percorrere le 3181 miglia che separano Gibilterra dal faro di Ambrose in 4 giorni, 13 ore e 8 minuti. Il massimo percorso effettuato in un solo giorno fu di 736 miglia, alla velocità media di 29,61 nodi. Il record resistette fino al 3 giugno 1935, quando gli fu strappato dal francese Normandie di ben 80.000 tonnellate.

Il Rex fece il suo ultimo viaggio come transatlantico commerciale nella primavera del 1940. A seguito dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, dal 9 settembre 1939 il Rex fu requisito dalla marina e, sebbene vi fossero progetti per trasformarlo in una portaerei, non se ne fece nulla e venne impiegato solo come nave ospedale per il trasporto di feriti dal nord Africa all'Italia.

L'8 settembre 1944 il Rex era ancorato nelle vicinanze di Trieste (tra Isola d'Istria e Capodistria, oggi Slovenia), dove fu avvistata dai ricognitori della Royal Air Force e quindi bombardata con 123 razzi. La nave bruciò per quattro giorni prima di affondare. Stessa sorte sarebbe toccata all'unità gemella Conte di Savoia affondata dai tedeschi.

Dopo la guerra fu considerata la possibilità di recuperare il Rex ma, valutata l'impresa come antieconomica, fu per quanto possibile smantellata tra il 1947 ed il 1958.

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