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AlfaTistissimoMe
- 21 Luglio 2006
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- Alfa Romeo 147 2.000 Twin Spark Selespeed Super Body
"un pò di storia FIAT"
Paolo Fresco: Agnelli mi disse «Quando sarò morto venda la Fiat»
Il manager, presidente del gruppo torinese e n.2 di General Electric, rivela il suo rapporto conflittuale con Umberto. E di aver donato 25 milioni per la cura del Parkinson
Torniamo a Fiat: quale fu la sua strategia?
«Proposi all’Avvocato di vendere Fiat Auto. “È la cosa giusta” disse “ma il nonno si rivolterebbe nella tomba. Lo faccia quando sarò morto”. Testuali parole: “Per ora cerchi un’alternativa che sia progressiva”. Cominciai una trattativa con i tedeschi di Mercedes Benz: offrivano 10 miliardi di euro, noi ne chiedevamo 12. A quel punto portai il presidente di Daimler, Jürgen Schrempp, a New York dall’Avvocato. Quando uscimmo, Schrempp disse: “Non ho superato la prova”. Agnelli non riusciva a entrare in sintonia con i tedeschi».
Quindi tutto da rifare?
«Qualche tempo prima mi avevano cercato da General Motors. Li richiamai e giocai il tutto per tutto: stiamo chiudendo a 12 miliardi con i tedeschi, firmiamo tra 15 giorni, avete qualcosa da proporci? Dissero che 12 miliardi andavano bene ma preferivano partire rilevando il 20%. Risposi che la proposta mi allettava, perché l’Avvocato auspicava una soluzione graduale. Però dovevano darmi garanzie. Si rifiutarono, ma i tempi erano stretti e alla fine accettarono la fatidica clausola: a richiesta di Fiat, sarebbero stati obbligati a comprare il restante 80%».
Con quella «trappola», pardon, garanzia, lei ha salvato la Fiat...
«No, la Fiat l’ha salvata Sergio Marchionne. Diciamo che io gli ho fornito uno strumento efficace. Quando la nostra posizione sul mercato si deteriorò, Marchionne negoziò la rinuncia alla clausola ottenendo in cambio una penale salatissima e la restituzione gratuita del 20% delle azioni. Avrei tentato di farlo anch’io, ma l’Avvocato era morto e avevo ritenuto opportuno dimettermi».
Perché precisa: «Opportuno»?
«Era giunto il tempo di Umberto Agnelli. Che non mi amava. Quando l’Avvocato era già malato tentò un golpe: riuscii a sventarlo grazie a una manina gentile che fece pervenire alla stampa il piano architettato per farmi dimettere durante un Cda già convocato».
:OK) http://www.corriere.it/cronache/18_genn ... 6dad.shtml :OK)
:OK) https://www.quattroruote.it/news/indust ... auto_.html :OK)
:handclap) :handclap) :handclap)
Paolo Fresco: Agnelli mi disse «Quando sarò morto venda la Fiat»
Il manager, presidente del gruppo torinese e n.2 di General Electric, rivela il suo rapporto conflittuale con Umberto. E di aver donato 25 milioni per la cura del Parkinson
Torniamo a Fiat: quale fu la sua strategia?
«Proposi all’Avvocato di vendere Fiat Auto. “È la cosa giusta” disse “ma il nonno si rivolterebbe nella tomba. Lo faccia quando sarò morto”. Testuali parole: “Per ora cerchi un’alternativa che sia progressiva”. Cominciai una trattativa con i tedeschi di Mercedes Benz: offrivano 10 miliardi di euro, noi ne chiedevamo 12. A quel punto portai il presidente di Daimler, Jürgen Schrempp, a New York dall’Avvocato. Quando uscimmo, Schrempp disse: “Non ho superato la prova”. Agnelli non riusciva a entrare in sintonia con i tedeschi».
Quindi tutto da rifare?
«Qualche tempo prima mi avevano cercato da General Motors. Li richiamai e giocai il tutto per tutto: stiamo chiudendo a 12 miliardi con i tedeschi, firmiamo tra 15 giorni, avete qualcosa da proporci? Dissero che 12 miliardi andavano bene ma preferivano partire rilevando il 20%. Risposi che la proposta mi allettava, perché l’Avvocato auspicava una soluzione graduale. Però dovevano darmi garanzie. Si rifiutarono, ma i tempi erano stretti e alla fine accettarono la fatidica clausola: a richiesta di Fiat, sarebbero stati obbligati a comprare il restante 80%».
Con quella «trappola», pardon, garanzia, lei ha salvato la Fiat...
«No, la Fiat l’ha salvata Sergio Marchionne. Diciamo che io gli ho fornito uno strumento efficace. Quando la nostra posizione sul mercato si deteriorò, Marchionne negoziò la rinuncia alla clausola ottenendo in cambio una penale salatissima e la restituzione gratuita del 20% delle azioni. Avrei tentato di farlo anch’io, ma l’Avvocato era morto e avevo ritenuto opportuno dimettermi».
Perché precisa: «Opportuno»?
«Era giunto il tempo di Umberto Agnelli. Che non mi amava. Quando l’Avvocato era già malato tentò un golpe: riuscii a sventarlo grazie a una manina gentile che fece pervenire alla stampa il piano architettato per farmi dimettere durante un Cda già convocato».
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