riporto una intervista a De Meo e De Silva
Fonte: Panoramauto
Perché i tedeschi hanno bisogno proprio di noi
Il responsabile marketing VW e il capo del design raccontano strategie, invenzioni e obiettivi di Wolfsburg. Convinti che la creatività italiana e la loro organizzazione siano un mix esplosivo
Luca De Meo: 43 anni, è cresciuto in Renault e Toyota per poi "esplodere" nel Gruppo Fiat; è l'autore delle strategie di lancio di Ypsilon, Musa, 500, Bravo e MiTo e nel corso dell'estate scorsa passò al Gruppo VAG come responsabile del marketing del marchio VW.
Walter de'Silva: 59 anni, inizia a la sua carriera nel 1972 al Centro Stile Fiat; nel 1986 entra in Alfa Romeo per poi diventare capo del design nel 1994: sono sue la 156 e la 147. Nel 1999 passa in VW come responsabile dello stile Seat, poi Lamborghini ed Audi; dal 2007 è il responsabile del design del Gruppo VW.
Durante lo scorso Salone di Ginevra (vedi qui le foto esclusive del nostro "inviato"), Panoramauto ha intervistato i due italiani Luca De Meo e Walter De' Silva:
> Che differenze ci sono tra lavorare nel gruppo Fiat, nel quale siete cresciuti, e in Volkswagen?
De Meo: Quella principale è che, diversamente da Fiat, VW è impegnata in una vera sfida globale. Che significa da una parte saper integrare le competenze di professionisti che vengono da Paesi e aziende differenti, e dall'altra essere un nome a livello mondiale. Noi guardiamo a Toyota, a Ford e per questo siamo molto impegnati a studiare i mercati emergenti.
De' Silva: In tanti anni di Fiat ho conosciuto persone di grande qualità ma raramente le ho viste valorizzate. Non parlo solo per me, ovvio. Sono non pochi i casi di colleghi che hanno dovuto andare a lavorare all'estero per veder riconosciuta la loro passione per l'auto. In Italia era soffocata. Credo che il nostro paese prima o poi dovrà affrontare il problema della fuga di cervelli, in tutti i settori. Perché, sia ben chiaro, non ce ne siamo andati solo per il denaro. Prima di qualunque valutazione, ci sono i sogni.
> E dove vuole arrivare questa VW?
De Meo: Da me e dalla mia squadra, i vertici si attendono che si spinga sull'idea di internazionalizzazione del marchio. VW è un brand diversamente conosciuto, nelle varie parti del mondo. Dobbiamo lavorare per un opportuno posizionamento, cosa che, nella pratica, ci aiuterà alla scelta dei prodotti da esportare, dei prezzi da tenere ecc. Martin Winterkorn, presidente del consiglio di amministrazione VW, ha dichiarato che l'obiettivo è di essere l'azienda numero uno al mondo entro il 2018. Perciò dobbiamo fare di VW un global brand che sia universalmente conosciuto anche da chi non sa di auto.
> Quali sono le nuove direzioni del marketing automobilistico?
De Meo: Per sostenere le vendite, nel mondo dell'auto si tende a portare gli investimenti dove c'è un ritorno praticamente immediato. E questo, per noi del marketing, crea non poche difficoltà, perché diventa più difficile alzare la testa e guardare oltre i risultati immediati, per fare programmazione. Io credo che, invece, in VW ci sia ancora questa possibilità. Puoi lavorare su due piani: sulle azioni a ritorno immediato e, allo stesso tempo, investire sul futuro, costruendo una forte immagine di marca. Per esempio: l'impegno sulla qualità è vincente nel lungo periodo, perché giustifica i prezzi alti.
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> Il mix tra strategie di brand e azioni sulle vendite è scritto nei manuali. Nella pratica quotidiana è un po' più complicato. O no?
De Meo: Si, ma vediamo un esempio concreto, la nostra nuova campagna pubblicitaria "Think Blue", riedizione in chiave ecologista di un messaggio degli anni Sessanta che fece la fortuna del Maggiolino negli USA, il "Think Small". Il messaggio dice che VW è leader nel proporre una gamma di modelli ecologici senza richiedere né sovrapprezzo né compromessi nell'utilizzo della vettura. E poi si va sul concreto, ricordando che la Polo con 87 g/km di CO2 offre la miglior performance al mondo tra le compatte (vedi qui la lista completa delle vetture con emissioni inferiori ai 100 g/km di CO2, ndr).
> Quanto è centrale il contenuto ecologico oggi?
De meo: E' un tema interessante, per quanto il "green marketing" sia ancora all'inizio. Bisogna stare attenti a trasmettere un messaggio chiaro, credibile: il cliente non perdona. Non voglio dire che c'è chi manda messaggi poco credibili, ma serve innanzitutto un prodotto concreto, per poi comunicarlo. Altrimenti si crea la falsa aspettativa di avere una soluzione già pronta [sebbene dica di non avercela con nessuno, questa frase sembra riferirsi allo spot della Fiat Bravo con il nuovo motore 1.6 Multijet e alla polemica che scatenò il messaggio "Euro 5 ready" (quando in realtà rimaneva pur sempre omologato Euro 4) qualche anno fa..., ndr].
> De' Silva, in quale misura il design è condizionato dal marketing?
De' Silva: Sono inevitabilmente legati. Oggi il designer deve sapere un po' di tutto: di mercato, del prodotto. La nostra è una disciplina baricentrica, lavoriamo confrontandoci con altri reparti dell'azienda, marketing per primo. L'idea non nasce solo dai designer, siamo i sarti che la trasformano in qualcosa di visibile: l'intuizione di una forma. E' un lavoro complesso, perché bisogna rispettare l'identità dei marchi (Audi, VW, Seat e Skoda), evitando le sovrapposizioni.
> Quante volte vi capita di avere idee diverse? E, nel caso, chi ha l'ultima parola?
De Meo: Il design è marketing, basti pensare che fra le ragioni di acquisto l'estetica è sempre far le prime... Poi io sono sempre stato un fan di de'Silva e lavorare con lui è splendido. Non per creare un clan di italiani, ma perché a Wolfsburg abbiamo una missione da compiere.
De' Silva: Winterkorn non l'ha mai nascosto: unire la creatività italiana alle capacità organizzative tedesche per una miscela esplosiva. Non si è mai verificato il caso che si arrivasse al braccio di ferro... Non c'erano e non ci sono le condizioni, se si lavora in team.
> La nuova Audi A1 è un esempio di creatività italiana?
De' Silva: L'operazione A1 era un passo difficile dopo l'insuccesso della A2. E c'era una concorrente come la Mini. Quindi dovevamo essere un po' furbetti, realizzare un'automobile che non fosse seria come una piccola A8. Ma dimostrare che il lusso, tipico di Audi si può riprodurre anche su prodotti di piccole dimensioni. La A1 ha tutto il DNA del marchio, dettagli raffinati come la plancia, e particolari personalizzabili.
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> Non temete che, prima le Audi poi le VW, si assomiglino troppo fra loro?
De' Silva: No. Non vedo la necessità di differenziarle di più. Faccio un esempio extrasettore: i prodotti Apple sono tutti molto simili, dall'iPod al computer per la casa, dall'iPad ai portatili. Hanno un design assolutamente identico, ma permettono di riconoscersi fortemente in un prodotto, in modo di essere. Per me sapere se è una A3 o una A6 è ininfluente. Uno quando parla dice «ho un'Audi». Fine. Al contrario, c'è chi non sa nemmeno che marchio ha sul cofano della sua auto!
> De Meo, è d'accordo con quello che sta dicendo de'Silva?
De Meo: Certamente sì, lavoriamo insieme proprio per costruire l'identità del marchio che lo renda ben riconoscibile. Concentriamo i nostri sforzi per fare di VW il marchio più importante al mondo. Lo scopo è per far sì che in qualsiasi parte del pianeta chi deve comperare un'auto, dalla citycar alla SUV, pensi prima di tutto a una Volkswagen. E per me giocare su una piattaforma globale è un'altra partita rispetto a quello che facevo prima. Ben più stimolante.
> Però, quello che è stimolante per un manager, non è detto che lo sia altrettanto per l'automobilista. Che può respingere il "family feeling"perché lo vive come una minor originalità dei modelli.
No, una volta che hai deciso di diventare il punto di riferimento nella testa dei consumatori devi lavorare per quell'obiettivo. Quindi bisogna sfruttare la "ricchezza" che hanno i marchi e farli conoscere. E non è un lavoro facile: in Europa VW è un brand diffusissimo e di immagine elevata; in Cina stiamo lavorando per essere il punto di riferimento dopo esser stati per trent'anni l'immagine stessa dell'auto. E, addirittura, in Brasile VW è un brand popolare che compete con Fiat per i grandi numeri mentre negli Stati Uniti è un produttore di nicchia di auto "piccole" rispetto alle loro abitudini. E in Russia e in India è quasi sconosciuto...
> Ultima domanda di ritorno: come pensate di aver affascinato i vertici del Gruppo VW?
De' Silva: Mah, sono stato fortunato, mi ha telefonato da Salisburgo Ferdinand Piech, correva il 1999, il boss di Volkswagen. Mi ha chiesto: è lei che ha disegnato l'Alfa 156? Affermativo! Mi piacerebbe che venisse da noi...
De Meo: Per me non è stato diverso. Mi ha chiamato però Martin Winterkorn, ad del Gruppo VW. Immagino che avesse apprezzato il lavoro che avevo fatto su Ypsilon, Musa, Bravo, 500 e MiTo.
De' Silva: Si, ma attenzione. Non si pensi che siamo arrivati in Germania con l'alloro in testa. Hai la loro stima. Ma devi sudarti la poltrona. Io mi sono fatto le ossa in Seat a Barcellona e piano piano sono cresciuto. Ma ogni anno è un esame. Altro che trionfatori. I tedeschi te li devi conquistare.