Alfa Romeo: modelli e programmi futuri. discutiamone

capo82":p1b0fmpr ha detto:
da Desmochicco » 29/03/2010, 10:41

semplice, fai un modello unico e rimarchi per tutti gli altri marchi!
Alfa 147 1.6 T.S. 120 CV Azzurro Gabbiano + BOSE + cerchi Elegance da 15 + spazzole Bosh Aerotwin + antennino corto 156 + frecce bianche + tappetini con bordo rosso SonCar + cuciture cuffie cambio/freno a mano rosse + led rossi nelle maniglie + plafoniera MiTo + kit xenon 6000°K obd2w + boiler verniciato nero!
Dio lo benedica - Fate il suo guidare il più sicuro e divertente

Desmochicco
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praticamente,ciò che fanno adesso
Puoi premere il pulsante quote, così eviti di fare copia/incolla
 
166V6TBGPL":2yagayc1 ha detto:
e distribuzione dei pesi ottimali tant'e' che mai nessunofin oggi e' mai riuscito ad avere una trazione anteriore di queste dimensioni con queste doti di guida, agilita' leggerezza precisione di sterzo.... si vocifera che con l' adozione del bicilindrico dovranno zavorrare l' anteriore altrimenti alle alte velocita' perderebbe precisione di sterzo :lol2)
non c'è mica niente di tanto lol ;)
come al solito, se fai un giretto qui, da pagina 103 circa in avanti, vedi che Mf/Cf ha una importanza non secondaria e avere il muso troppo leggero potrebbe non essere sta gran figata
 
noi vogliamo un bel V6 e invece?stanno lanciando la produzione del viper con il V8
noi vogliamo l'alfa nel mercato U.S.A?ci mettono la 500
(fonti autoblog)

che delusione :mecry2) :mecry2)
 
il problema è che qui non c'è un futuro!

giorno dopo giorno si peggiora, nessuno muove il culo, e se lo muovono è solo per ammazzare questo marchio, vedrete che monteranno i bicilindrici anche sulla 159, se non sarà già uscita dal mercato!

cmq fra poco, visto il pensionamento delle altre, a listino ci troveremo solo con:

-Mito
-Giulietta

-Giulia (se mai la faranno)

-Brera/Spider (che tra non molto andranno pure loro)

:splat)
 
DevilBoss86":3po1wh4n ha detto:
il problema è che qui non c'è un futuro!

giorno dopo giorno si peggiora, nessuno muove il culo, e se lo muovono è solo per ammazzare questo marchio, vedrete che monteranno i bicilindrici anche sulla 159, se non sarà già uscita dal mercato!

cmq fra poco, visto il pensionamento delle altre, a listino ci troveremo solo con:

-Mito
-Giulietta

-Giulia (se mai la faranno)

-Brera/Spider (che tra non molto andranno pure loro)

:splat)

vogliamo parlare di lancia che e' diventata un marchio da fighette e imbambolati?
ypsilon musa delta... uaaauuu
 
DevilBoss86":3st8wki9 ha detto:
il problema è che qui non c'è un futuro!

giorno dopo giorno si peggiora, nessuno muove il culo, e se lo muovono è solo per ammazzare questo marchio, vedrete che monteranno i bicilindrici anche sulla 159, se non sarà già uscita dal mercato!

cmq fra poco, visto il pensionamento delle altre, a listino ci troveremo solo con:

-Mito
-Giulietta

-Giulia (se mai la faranno)

-Brera/Spider (che tra non molto andranno pure loro)

:splat)

Dimentichi il crossover.
 
In Rete ho trovato questa pagina, di qualche anno fa perchè parla ancora del periodo Cantarella (quindi di circa una decina di anni fa) e della sua gestione del Gruppo. ( http://www.qualitas1998.net/qualityreport/caso_fiat.htm )
E' un po' OT forse, ma penso spieghi bene come ai tempi fosse gestito il Gruppo (e quindi anche Alfa)...
E' un pezzo scritto da Mario Rosso: ai tempi in cui scrisse queste righe era direttore generale dell'Ansa, ma prima lavorò per 25 anni nel Gruppo Fiat.

Fiat: storia di un management orientato al fallimento

Sommario:
Mario Rosso spiega il clamoroso fallimento manageriale della Fiat, ovvero come praticando il quality management al contrario l'azienda sia arrivata al fallimento.

Il cosiddetto «caso Fiat» è stato negli ultimi giorni oggetto di ogni tipo di commento. E ben lo merita, per la gravità della crisi, le sue dimensioni e l'impatto sull'economia, sugli equilibri di potere, per la straordinaria complessità di qualsiasi piano di intervento, e per l'apparente rapidità e imprevedibilità di questo livello di disastro.
Perché di disastro si tratta, come sa chi ha seguito dall'interno dell'azienda, o da posizioni molto vicine al management e ai meccanismi decisionali, l'incredibile sequenza di errori, superficialità, mistificazioni, che hanno portato in quattro, cinque anni, la Fiat a questo punto.
Mi sembra che nei commenti e lamenti che stanno accompagnando questa storia italiana, quella che continua a mancare sia una serena critica e autocritica di come e perché questo è accaduto, e almeno una piccola riflessione su come fare per evitare che accada ancora.
Intanto, gli attori di questo dramma sono diversi: in prima approssimazione almeno la «proprietà», poi il management, quindi i politici, i giornalisti, e, non ultimo, il sindacato. Ripercorriamo quindi, senza pretese di scientificità e oggettività, le vicende più recenti.
Con l'uscita di Vittorio Ghidella, e in particolare con quel tipo di uscita violenta, senza l'onore delle armi, Fiat Auto ha perso una leadership insostituibile, non per qualità o doti sovrumane di Ghidella (rimasto non a caso «l'ingegnere» per antonomasia nel lessico dei quadri di Fiat Auto) ma per un raro mix di competenza sul prodotto, di passione, di determinazione, di carisma specifico per quella fase strategica di quella Fiat.
Eppure, per tutta la successiva gestione Romiti, nonostante evidenti debolezze commerciali, la Fiat è riuscita a mantenere una struttura relativamente solida, un'identità operativa che faceva comunque guardare alle difficoltà con preoccupazione, ma con la consapevolezza di avere le risorse per affrontarle.
Dall'uscita di Romiti, comincia una spaventosa accelerazione del declino. Una serie di scelte sugli uomini, sbagliate in modo evidente, spesso ambigue e paralizzanti: Roberto Testore viene nominato amministratore delegato di Fiat Auto e presentato al costernato consesso degli «alti direttori» del Gruppo: «E' di ottima famiglia, abbiamo avuto modo di conoscere e apprezzare le qualità di suo padre...».
Tuttavia Cantarella, nominato contestualmente amministratore delegato del Gruppo Fiat, manterrà per sé le deleghe relative alla progettazione e allo sviluppo dei prodotti. Questo rende monco e delegittimato il ruolo di Testore, ed espone la Progettazione di Fiat Auto a una totale mancanza di guida, di indirizzi, di sostegno e sicurezza. Stilisti, tecnici, tecnologi sono esposti alle incursioni di Cantarella, che interviene anche su aspetti di dettaglio, modifica il disegno delle maniglie e dei bocchettoni per la benzina, rifiutandosi di ascoltare qualsiasi critica, e intanto si sbagliano alcune delle decisioni fondamentali: la richiesta del Marketing di fare una vettura per città piccola a quattro porte viene bollata come «ignorante», perché «ingegneristicamente sbagliata».

Un anno dopo, il mercato viene invaso dai modelli giapponesi a quattro porte, devastando le quote di mercato Fiat.

Anno dopo anno viene rimandato lo sviluppo di un Suv (Sport utility vehicle), nella convinzione, più volte ribadita, che il consumatore affluente ed evoluto non potrà mai accettare auto sostanzialmente scomode, meno veloci e confortevoli delle grandi berline di lusso (Mercedes, Bmw, Lancia). Si manca totalmente di quel minimo di apertura al mercato, o di disponibilità a imparare, che consentirebbe al management di aprirsi ai nuovi modelli di consumo.
Tutti capiscono che il boato che viene dalla folla prelude a una rivolta, e non a un trionfo. Tranne l'imperatore, che parla di programmi e obiettivi impossibili, che nessuno gli contesta con i fatti, tantomeno una corte delusa e intimorita.

Intanto Rover, Toyota, Chrysler, Gm si incuneano nel nuovo segmento (ad alta profittabilità), lo fanno crescere e lo occupano in modo irreversibile.

World car
Ma vogliamo parlare di globalizzazione? Anzitutto, ancora, sul prodotto. Alla prima dichiarazione sullo sviluppo di una world car, cioè di un modello medio economico sostanzialmente uguale per il pubblico meno abbiente dei Paesi evoluti e per le nuovi classi medie delle nazioni in sviluppo (Sud America, India, Cina, Est Europa), i grandi concorrenti gongolano. E' infatti noto a tutti che i tentativi finora compiuti (principalmente da General Motors e da Renault) hanno dimostrato che si tratta di un'idea fallimentare dal punto di vista del marketing. Un'ossessione di ottimizzazione ingegneristica non vuole o non sa tener conto del fatto che bisogni e percezioni dei consumatori sono ancora in fasi troppo diverse per poter essere soddisfatte da un'offerta identica e venduta come identica.
Inoltre la necessità di standardizzare costringe all'allineamento delle soluzioni tecniche e di design verso il basso, dando vita a uno dei modelli meno riusciti degli ultimi anni, la Palio, superata in negativo solo dalla Duna, che rialimenta così l'aneddotica deteriore sulla qualità del prodotto Fiat, cui in gran parte risale la distruzione di valore del marchio operata negli ultimi anni.
Ma, a parte il prodotto, con quale cultura si vuol fare la globalizzazione? Pochi esempi.

In India
Si deve costruire uno stabilimento in India. I manager della società locale predispongono progetti e piani tramite società di ingegneria e di costruzione indiani; infatti essi conoscono normativa, prassi, esigenze locali di chi concretamente ci lavorerà, e sanno come sveltire i lavori e risparmiare.
Ma al momento di partire con la costruzione, arriva un diktat: bisogna utilizzare la società interna di Fiat, Fiat Engineering, all'interno ribattezzata Fiat Geometring per la sua burocrazia, costi alti e rigidità di soluzioni. Risultato: ritardo di sei mesi, costi più alti del 35%, soluzioni organizzative e strutturali che niente hanno a che fare con le modalità operative locali. A un timido accenno a questi e altri problemi operativi, nel corso di un incontro di Progress Report, si replica con rabbioso fastidio: «Ma vi rendete conto della soddisfazione di aver sentito parlare piemontese in India?».
Allo sgomento gruppo di manager che assiste alla scena rimane solo l'amara consolazione di aver capito, forse prima di altri, uno dei motivi dell'inevitabile insuccesso Fiat: perché dietro «Gianduja a Bangalore» (come viene immediatamente soprannominata questa filosofia di globalizzazione), sta non solo una svuotata riedizione della vecchia teoria della «one best way», ma una sua interpretazione provinciale e arrogante, installata e radicata su un sistema di potere che non si riesce a scuotere.
A gestire gli organici della nuova società in India viene inviata una responsabile del personale piemontese che non parla inglese.

Argentina
Un altro semplice esempio: a metà degli anni '90, improvvisamente, prende corpo la decisione di investire in un nuovo stabilimento per la produzione di automobili in Argentina. Non un solo elemento delle analisi conforta questa decisione, anzi. I vecchi manager Fiat Auto, al solo sentire il nome «Argentina», rabbrividiscono: ricordano ancora con preoccupazione le storie della precedente avventura argentina di Fiat Auto: volatilità del mercato, corruzione, problemi sociali, sequestri di persona: un fallimento ben presente nella memoria.
Inoltre tutti sanno che la capacità produttiva installata in Brasile è più che sufficiente a soddisfare le necessità dell'Argentina, anche perché il Brasile è ben noto per le sue accentuate ciclicità, e quindi si presta bene a espansioni e contrazioni della capacità produttiva. Nonostante tutto - e malgrado gli altri «Capi Settore», che si tenta di coinvolgere nella avventura, facciano una rabbiosa resistenza e opera di dissuasione (Giancarlo Boschetti per Iveco e Riccardo Ruggeri per New Holland) - il processo decisionale va avanti inarrestabile, tra la sfiducia e lo scoraggiamento generale.
Oggi le attività argentine sono letteralmente un cumulo di macerie. I veri numeri non si sapranno mai. Ma come minimo, parlando solo dei costi diretti, si possono approssimare per difetto a duemila miliardi di vecchie lire di perdite, tra investimento iniziale (mille miliardi?) e perdite dei successivi tre anni (altri mille?).

Outsourcing
Intanto all'interno di Fiat Auto procede a grandi passi una politica di outsourcing sbagliata: si spezzetta il ciclo operativo e produttivo in decine di segmenti che vengono venduti all'esterno, appaltati a specialisti o fornitori. Prima tocca a logistica, trasporti e manutenzioni. Poi si passa alle fasi del ciclo produttivo: stampaggio, verniciatura. Così la complessità aumenta invece che diminuire, si perde il controllo della catena del valore, i dipendenti della Fiat Auto passano da 85.000 a 25.000.
Questo processo, che richiede rigorose procedure sindacali, passa totalmente ignorato da tutti: il sindacato, ipnotizzato dalla faccia di Gorgone del nome Fiat, o ricattato dalla logica del male minore, o malamente coinvolto, o semplicemente incapace e inadeguato (ricordo che gran parte di questo disastro avviene durante il governo del centrosinistra) si affanna a salvare l'albero mentre si distrugge la foresta; contratta le «garanzie» ad ogni spin-off, mentre è chiaro a tutti che è l'intero apparato aziendale a scivolare verso il collasso.
E il management? Viene sistematicamente sottoposto a un processo di «omologazione», tramite la marginalizzazione del diverso, la criminalizzazione del dissenso e il controllo/restringimento delle deleghe operative. Si verifica il ben noto processo di involuzione per cui i problemi nati da errori di eccessivo accentramento cominciano a richiedere una gestione di emergenza, che a sua volta legittima un ulteriore accentramento del potere, potere che però finisce nelle stesse mani del gruppo che ha generato i problemi.

E che dunque non può riconoscerli, ma anzi è portato a ripeterli. Se un gruppo di manager in qualche modo si distingue, l'intervento è immediato ed esemplare.

Guardate il caso New Holland, il Settore Trattori e Macchine Movimento Terra. Ho il privilegio di aver fatto parte di un management un po' fuori schema - e anche meno «sotto controllo» della Corporate perché localizzato a Londra - che si è reso protagonista di una delle svolte più straordinarie, portando l'azienda da una situazione pre-fallimentare a una posizione di profitto netto di 600 milioni di dollari in tre anni (sulla vicenda, che costituisce uno dei casi di studio della Bocconi, è stato scritto un libro).
Ebbene, questo gruppo di manager - realmente internazionale e globale avendo gestito per sette anni all'estero - invece di essere valorizzato e utilizzato per risanare altre situazioni critiche, viene brutalmente spazzato via e disperso, per l'unica colpa, in realtà, di non essere omogeneo, organico, allineato al nuovo vertice. Tre anni dopo la stessa New Holland, divenuta Cnh Case New Holland dopo la sciagurata acquisizione dell'americana Case, sarà di nuovo sull'orlo del baratro. Quanto altro valore distrutto, tra denaro, asset, professionalità e motivazione?

Fin qui la storia, alcune storie. Ma perché è successo tutto questo, e come è potuto succedere? E soprattutto: come possiamo almeno diminuire la possibilità, se non evitare, che accadano cose simili in futuro?

Non credo che dal caso Fiat si possano derivare insegnamenti e regole astratte, perché le motivazioni e le diagnosi devono fare riferimento alla specifica storia e alle condizioni politiche culturali ed economiche in cui la vicenda si è svolta: ma forse qualche indicazione generale può essere tratta.
Appena nominato, il nuovo presidente Fresco visitò in modo informale varie sedi del gruppo, incontrando parecchi alti manager. E a tutti usava fare la stessa domanda: «Quali sono secondo Lei i tre principali punti deboli della Fiat?».

Colpa del cliente
Ebbene, a più di quattro anni, posso ripetere la stessa risposta che gli diedi allora, con l'amara consapevolezza che nulla è stato fatto e che anzi forse oggi c'è qualcosa da aggiungere. Ecco, in estrema sintesi:
Una cultura d'azienda abissalmente lontana dal cliente, e di chi lo rappresenta, cioè la rete commerciale, mai ascoltata e sempre disistimata. La carenza di adeguata formazione commerciale, marginalizzazione degli uomini di vendita e di marketing nelle carriere interne, ideologia monopolistica e specialmente la dominanza del «pregiudizio ingegneristico», cioè la convinzione diffusa e radicata che il «saper fare» il prodotto risiede nella competenza progettuale e tecnico-produttiva, che sa sempre, prima e meglio del cliente, come si fa una buona macchina. Se poi il cliente non capisce, e compra un'auto della concorrenza, peggio per lui, rimarrà ignorante.

Avanti, Savoia
L'esperienza dimostra che molto sovente i fattori di successo di una certa fase possono rapidamente trasformarsi, al variare delle condizioni di mercato, in zavorre mortali. Ebbene, il radicamento piemontese di Fiat è stato per anni un elemento straordinario di forza: laboriosità, frugalità, obbedienza e rispetto per la gerarchia, precisione e talento per la meccanica, conservatorismo e rifiuto del rischio, pragmatismo e riservatezza, sono stati gli elementi di forza distintivi su cui si è creata e sviluppata la fortuna del Gruppo.
Per non parlare dell’eccellenza di un management della cui formazione il Gruppo Fiat è stato la vera «accademia italiana» negli anni ’70 e ’80, in linea con la locale tradizione culturale e universitaria.
Ma poi, rapidamente, tutto cambia: il mercato si apre, il sistema politico cessa di essere un riferimento affidabile, è necessario competere all'estero, e le doti si rivoltano nel proprio contrario. La riservatezza diventa diffidenza, e non aiuta la multiculturalità; il conservatorismo diventa opposizione al diverso; frugalità e rifiuto del rischio limitano la visione e la volontà di investire nel futuro; fedeltà e rispetto della gerarchia diventano subordinazione, acquiescenza, passività e rinuncia.
Lo straordinario asset costituito da una tecnostruttura capace, fedele e laboriosa viene così, non gestito, lasciato degradare, e quasi ormai dissolversi. Il gruppo di potere, invece di correggere la deformazione, la accentua. All'inizio del '98 quasi il 70% dei vertici del Gruppo e dei principali settori erano piemontesi, e di questi l'80% di una ristretta area della regione, compresa tra le province di Cuneo e Asti.

E pensare che da anni qualcuno dibatteva il tema di un giusto mix intercontinentale di management!

Poco ascolto
Una delle caratteristiche del «caso Fiat», e che lo rende in un certo senso più inesplicabile di altre crisi aziendali, è il suo essere, in modo clamoroso, un disastro annunciato. Se infatti si riguarda l'andamento economico e di mercato della Fiat balza agli occhi un'alternanza vistosissima tra fasi di successo e profittabilità e momenti di crisi e perdite. Fatto ancora più significativo, i periodi di alternanza si accorciano sempre di più, fino alla crisi attuale. Il vertice sembra aver perso ogni capacità (o volontà?) di leggere e capire ciò che succede, e gestisce «per crisi», cioè affannosamente re-agisce solo quando i sintomi del problema hanno talmente superato il livello di guardia (e di dissimulabilità) che sono innegabili.
E allora casse integrazioni, mobilità, outsourcing, rottamazioni, prepensionamenti di centinaia di dirigenti e migliaia di tecnici e quadri, progetti di riduzione costi, work-out, campagne d'opinione sul problema della competitività del sistema Italia (come se all'estero si stessero mietendo chissà quali successi), e specialmente belle campagne di disinformazione, sostenute dall'allegro e disincantato opinionismo dei giornalisti amici, succubi di molti fascini, sempre pronti a spiegare alla pubblica opinione perché la colpa è dei giapponesi, del sistema Italia, del sindacato, qualche volta del governo, ma mai del vertice del gruppo, del management, e meno che mai della proprietà, intoccabile icona italiana.
Ma tutto questo succede anzitutto perché nella rocca di Corso Marconi, e poi di Lingotto (dove si sono ricostruiti, se possibile in modo ancora più oppressivo, i simboli di un potere imbalsamato nel proprio passato: corridoi marmorei, sale riunioni obitoriali, ferrea divisione tra reparti e uffici, atmosfera di intimorita rassegnazione...) nulla può essere detto di ciò che realmente accade all'esterno. La critica non è ammessa, l'evidenziazione dei problemi è vista, e quindi sanzionata, come aggressione al potere legittimo, che si circonda sempre più di ex professionisti, trasformati in ciambellani compiacenti, o, nei casi migliori (e ce ne sono stati tanti) statue silenti impegnate, quasi di nascosto, a salvare il salvabile.
Ma non è solo un problema di stile manageriale: è l'intero sistema di funzionamento dell'azienda a scoprirsi improvvisamente, anche se tardivamente, inadeguato a fronte della spaventosa accelerazione dei ritmi di cambiamento e del tasso di complessità nella gestione del settore.
Il management Fiat, infatti, ha «mancato» completamente la grande stagione di cambiamento delle tecniche e delle culture manageriali che ha investito, stravolto e rigenerato la grande industria e tutte le migliori aziende mondiali a partire dalla prima metà degli anni '80. Quel «new management system» che - partendo dalle parole d'ordine delega-decentramento, process based company, informatizzazione estrema, ossessione per il cliente, attenzione totale alla qualità e motivazione delle risorse umane, networking, integrazione delle componenti del modello giapponese, miglioramento continuo, logistica integrata, e, specialmente, qualità - è diventato e si è consolidato come il modello di successo di tutti i competitor mondiali, attraverso interventi seri, continui e coerenti, volti a cambiare radicalmente il modo di essere, gestire e competere: un grande cambiamento anzitutto culturale, in Fiat mille volte proclamato e celebrato, ma mai realizzato.
Difficile sintetizzare le ragioni di un così totale fallimento, sapendo che molti, all'interno, hanno in buona fede singolarmente creduto a questi piani di cambiamento. I motivi sono complicati, e l'amara verità è che la mancanza di fiducia nella possibilità di fare collettivamente grandi cambiamenti, insomma l’incapacità di «credere», è una delle principali debolezze della cultura manageriale italiana.

Comunque alla Fiat, sarà stata mancanza di maturità direzionale del vertice, scarsità di risorse al momento dei grandi investimenti formativi, scetticismo e superficialità. Fatto sta che ci si è trovati ad affrontare una poderosa guerra di battaglie campali con il solito moschetto 91 e le scarpe di cartone.
Una El Alamein manageriale annunciata, e nemmeno combattuta con l'eroismo dei poveracci.

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Attuale direttore generale dell'Ansa, Mario Rosso (57 anni), ha gestito persone, ristrutturazioni, affari internazionali per venticinque anni nel Gruppo Fiat dove è stato per dieci anni alla Direzione personale e organizzazione di Gruppo e ha passato la parte più importante della sua vita professionale all’estero. Laureato in Filosofia a Torino, dopo un periodo a Pittsburgh, è stato capo del personale di Fiat Componenti e in seguito ha ricoperto lo stesso incarico alla Rinascente. Dal ’92 al ’98 ha fatto parte del vertice di New Holland (la società di trattori e macchine movimento terra nata dalla fusione di Fiat Trattori e Ford-New Holland), prima come responsabile delle risorse umane e poi nell’ambito della pianificazione strategica. In questo periodo, da Londra, ha gestito direttamente la ristrutturazione della multinazionale (un caso di successo a livello mondiale), la fusione delle strutture e del management e le partnership in Europa, Cina, India e Messico. Per tre anni, dal ’99 al 2001, è stato responsabile delle risorse umane del gruppo Telecom Italia e per un anno è stato direttore generale di Tiscali.
 
Il FUSI":45m8zvz4 ha detto:
DevilBoss86":45m8zvz4 ha detto:
il problema è che qui non c'è un futuro!

giorno dopo giorno si peggiora, nessuno muove il culo, e se lo muovono è solo per ammazzare questo marchio, vedrete che monteranno i bicilindrici anche sulla 159, se non sarà già uscita dal mercato!

cmq fra poco, visto il pensionamento delle altre, a listino ci troveremo solo con:

-Mito
-Giulietta

-Giulia (se mai la faranno)

-Brera/Spider (che tra non molto andranno pure loro)

:splat)

Dimentichi il crossover.


ah quindi quel cassettone da morto uscirà?

In ogni caso notate che resteremo sulla carta con appena 2 modelli, come detto su brera e spider usciranno dalla produzione, la giulia tutto incerto ed il crossover che ancora non c'è, e tutti sappiamo quanto questi son capaci di avere le auto finite, ma scartare il progetto a pochi mesi dal lancio o pochi giorni dopo aver tutto pronto, vedasi Mito GTA, con tutto che il motore c'è ed anche il progetto, non per nulla sulla Giulietta (dicono) che equipaggeranno il 1.8 TBI da 235cv, ovvero prorpio quello che avrebbe dovuto montare la mito...
 
denny1977":juporsgx ha detto:
In Rete ho trovato questa pagina, di qualche anno fa perchè parla ancora del periodo Cantarella (quindi di circa una decina di anni fa) e della sua gestione del Gruppo. ( http://www.qualitas1998.net/qualityreport/caso_fiat.htm )
E' un po' OT forse, ma penso spieghi bene come ai tempi fosse gestito il Gruppo (e quindi anche Alfa)...
E' un pezzo scritto da Mario Rosso: ai tempi in cui scrisse queste righe era direttore generale dell'Ansa, ma prima lavorò per 25 anni nel Gruppo Fiat.

Fiat: storia di un management orientato al fallimento

letto tutto, molto molto interessante. è un campo che mi interessa molto quello dell'organizzazione aziendale!
 
DevilBoss86":3mjng14x ha detto:
ah quindi quel cassettone da morto uscirà?

In ogni caso notate che resteremo sulla carta con appena 2 modelli, come detto su brera e spider usciranno dalla produzione, la giulia tutto incerto ed il crossover che ancora non c'è, e tutti sappiamo quanto questi son capaci di avere le auto finite, ma scartare il progetto a pochi mesi dal lancio o pochi giorni dopo aver tutto pronto, vedasi Mito GTA, con tutto che il motore c'è ed anche il progetto, non per nulla sulla Giulietta (dicono) che equipaggeranno il 1.8 TBI da 235cv, ovvero prorpio quello che avrebbe dovuto montare la mito...

Ad oggi è l'unico progetto "in fase attuativa" il cassettone come lo chiami te :)
 
mel":sql2hwgz ha detto:
denny1977":sql2hwgz ha detto:
In Rete ho trovato questa pagina, di qualche anno fa perchè parla ancora del periodo Cantarella (quindi di circa una decina di anni fa) e della sua gestione del Gruppo. ( http://www.qualitas1998.net/qualityreport/caso_fiat.htm )
E' un po' OT forse, ma penso spieghi bene come ai tempi fosse gestito il Gruppo (e quindi anche Alfa)...
E' un pezzo scritto da Mario Rosso: ai tempi in cui scrisse queste righe era direttore generale dell'Ansa, ma prima lavorò per 25 anni nel Gruppo Fiat.

Fiat: storia di un management orientato al fallimento

letto tutto, molto molto interessante. è un campo che mi interessa molto quello dell'organizzazione aziendale!
molto interessante si

ma deprimente se si pensa che quella era la situazione del '98, ma ora nel 2010 sembra che sia restato tutto uguale
 
Infatti ho voluto linkare la pagina e copiare l'articolo proprio perchè questo periodo non sembra molto diverso da quello... magari mi sbaglio ma a me sembra prorpio così... :ka)
 
denny1977":2thewbeb ha detto:
Infatti ho voluto linkare la pagina e copiare l'articolo proprio perchè questo periodo non sembra molto diverso da quello... magari mi sbaglio ma a me sembra prorpio così... :ka)


interessante l'articolo...
e si stessa situazione oggi.
la fiat non si smentisce mai :ka)
 
xxalfaxx":385h2jbh ha detto:
di Mauro Tedeschini | 16 Febbraio 2010 h. 17:29

Ultime dagli Usa: il portavoce della Chrysler ha confermato quanto anticipato nei giorni scorsi da Sergio Marchionne in Canada, ovvero che il nuovo piano-prodotto dell’Alfa comprenderà la sostituta della 159, la Giulia, in versione berlina e station wagon, da costruire negli Stati Uniti sulla base di una piattaforma Chrysler a trazione anterirore. In Canada verrebbe invece costruita una berlina superiore a trazione posteriore, sulla base della 300C: la sostituta della 166 dovrebbe essere fabbricata a Brampton, nello stato canadese dell’Ontario. In pratica le sinergie Alfa-Dodge-Chrysler, escluse in un primo momento, sono considerate a questo punto molto probabili: la conferma definitiva si avrà tra due mesi, quando Marchionne presenterà il pioanio-prodott a tutto il 2014.
Il Direttore di QUATTRORUOTE

Evvai, ancora con la D a trazione anteriore, bravo Marchionne :ubriachi)

Dani_22":385h2jbh ha detto:
io la giulietta col TWINAIR ( si chiama così il bicilindrico) spero che non la facciano, sarebbe da ridere proprio

Be c'è da ridere anche con BMW allora visto che monterà i motori 3 cilindri sulla prossima serie1 e serie3 ;)

166V6TBGPL":385h2jbh ha detto:
Restano interrogativi altrettanto inquietanti per Alfa Romeo: dopo la Giulietta niente, come ha dichiarato Marchionne. Nel senso che non verranno più investite risorse per lo sviluppo di nuovi modelli. In futuro (se futuro ci sarà) l’Alfa dovrà dunque accontentarsi di modelli derivati da altri, concepiti per il gruppo Chrysler.


Ma che schifo :KO) :KO) :KO) :KO) :KO) Ma quand'è che manderanno a casa l'intera dirigenza Fiat :splat) :splat)
 
Il FUSI":3676r06i ha detto:
denny1977":3676r06i ha detto:
Nell'articolo si dice che la Bravo avrà una sostituta; sarà la Croma a finire il suo ciclo senza erede (e direi anche meno male, perchè o si fa una vettura di classe superirore che abbia un senso o una seconda puntata del Buondì su quattro ruote non so che successo potesse avere visto il timido riscontro attuale...). :)

Veramente la Croma la cessano mica perchè non venda, ma perchè andrebbero aggiornati i motori. Non li vogliono aggiornare, e levano il modello.

Madonna sempre i soliti morti di fame....... :sic) Ma che la facessero berlina per prima cosa sta Croma...... :KO)

Maserati e Alfa Romeo lavoreranno alla nuova piattaforma a trazione posteriore


Secondo quanto riporta “Inside Line”, Maserati e Alfa Romeo starebbero lavorando congiuntamente alla creazione di una nuova piattaforma a trazione posteriore, da realizzare interamente in alluminio. Si tratta della base tecnica su cui verranno sviluppate le nuove Quattroporte, GranTurismo e GranCabrio, nonché la seconda generazione delle Alfa Romeo 8C Competizione e 8C Spider. Anche queste ultime verrebbero assemblate a Modena, nello storico impianto del Tridente.
Invece, la scelta dell’alluminio sarebbe legata alla volontà di ridurre la massa delle vetture, anche in vista dell’adozione della propulsione ibrida per la Maserati Quattroporte. Inoltre, la nuova piattaforma di Maserati e Alfa si dimostrerebbe versatile, in quanto sarebbero previste anche versioni a trazione integrale. La prima vettura ad adottare la nuova piattaforma sarà la Quattroporte, la cui seconda generazione è attesa tra due o, al massimo, tre anni.
Se questa indiscrezione dovesse essere confermata, si tratterebbe del primo lavoro congiunto tra Maserati e Alfa Romeo, adesso entrambe gestite da Harald Wester, già amministratore delegato del Tridente e, da pochi mesi, anche per la Casa del Biscione. Non è escluso che la nuova piattaforma possa essere caratterizzata dalla stessa modularità della MLB di Audi, su cui sono stati sviluppati quasi tutti gli ultimi modelli della Casa di Ingolstadt. Infatti, l’Alfa Romeo 4C - attesa per agosto al Concorso d’Eleganza di Pebble Beach - potrebbe nascere su questa inedita base, dato che non sfrutterà piattaforme a trazione posteriore di origine Chrysler.


Stabilimento Fiat Cassino: Lingotto e Regione Lazio ne ampliano la capacità produttiva

L’attenzione sugli stabilimenti Fiat si sposta da Termini Imerese a Cassino. Il polo produttivo laziale ospiterà da subito le linee di montaggio della nuova Alfa Romeo Giulietta e sarà poi ulteriormente ampliato nei prossimi anni per l’assemblaggio di altri due modelli di Fiat Group. Ciò renderà quello di Cassino il primo complesso Fiat in grado di poter fabbricare in contemporanea tre modelli su una sola linea di produzione.
Attualmente sono 250.000 le vetture (ripartite tra Fiat Bravo, Croma e Lancia Delta) che ogni anno vengono costruite nello stabilimento laziale dai 4800 dipendenti che vi lavorano . Sarà possibile incrementare questi numeri grazie alle nuove “infrastrutture di logistica avanzata”, capaci di smistare le forniture in arrivo e con il materiale in fase di pre-assemblaggio, stoccato presso i magazzini esterni. Una struttura da circa 12.000 mq. altamente tecnologica da quasi 24 milioni di euro di cui 18 erogati dalla Regione Lazio.


Fiat: prime indiscrezioni del piano industriale

La Fiat del futuro si svilupperà fra i tagli di oggi, seppur controbilanciati da un aumento della produzione. A poco meno di un mese (21 aprile) da quando Sergio Marchionne, amministratore delegato del Lingotto, illustrerà il piano industriale piano industriale 2010-2014, Repubblica ha fornito le prime indiscrezioni relative al contenuto dello stesso. Fiat taglierà 5.000 dipendenti distribuiti fra gli stabilimenti di Cassino (500 maestranze), Mirafiori (2.500) e Termini Imerese (1.600), con quest’ultimo destinato alla definitiva chiusura. Gli ultimi 500 operai potrebbero perdere il posto a Pomigliano, dove verrà portata a termine la produzione dei modelli Alfa Romeo.
Il piano di sviluppo si compone poi del passaggio relativo alla produzione italiana, che aumenterà del 50% (da 600.000 a 900.000 unità annue) grazie soprattutto al trasferimento della Panda III dallo stabilimento polacco di Tychy al sito di Pomigliano, oggetto di una riconversione già quantificata in 750 milioni di euro. la riorganizzazione degli impianti prevede di trasferire la produzione di Bravo, Delta, Alfa Romeo Giulietta ed un inedito crossover a Cassino - dove attualmente vengono assemblate Bravo, Croma e Delta -, mentre a Mirafiori avrà natali la MiTo ed una monovolume (conosciuta come L1) a cinque e sette posti erede della Idea.
I modelli prodotti in Italia caleranno comunque dagli attuali dodici ad otto, escludendo il contributo offerto dall’impianto Bertone a Grugliasco dove saranno prodotte alcune vetture dal sangue americano - con tutta probabilità Chrysler 300C e Jeep Grand Cherokee. Il gruppo Fiat ha poi in programma di avviare alcune linee di produzione anche in nord America, che daranno origine a sette prodotti per un volume complessivo superiore alle 350.000 unità annue. Queste auto saranno le Giulietta, Sportover e 169, le Lancia derivate da Chrysler 300C e Voyager più la Fiat 500. Il marchio di corso Agnelli proporrà poi una fantomatica “Tourney”, modello ancora sconosciuto.

Repubblica


Volkswagen, "Non compreremo Alfa Romeo". Annual report positivo per la casa di Wolfsburg

Volkswagen ha presentato oggi il report annuale sulle proprie attività mondiali. E nell’occasione è stato affermato ufficialmente che “non c’è alcun interesse per Alfa Romeo“. Il numero uno Martin Winterkorn ha inoltre dichiarato che “il gruppo ha già marchi a sufficienza”, definendosi comunque “un estimatore di Alfa Romeo”, casa cui VW ha espressamente guardato negli anni del rilancio della Seat.
Detto per inciso, la casa spagnola -insieme a Bentley e Lamborghini- si è rivelata la “pecora nera” del gruppo, mettendo a segno un rosso da 339 milioni di euro nel 2009. Per il resto, VW guarda al 2010 con grande fiducia, puntando a nuovi record di vendite. L’anno, del resto, è cominciato bene, con un +27% per le vendite globali nei primi due mesi.
Nel corso del 2009, la casa ha aumentato le vendite del +0,6%, nell’ambito di un mercato mondiale che ha perso oltre il 6% dei volumi. L’utile operativo è stato di 1,9 miliardi, contro i 6,3 miliardi nel 2008. In virtù del risultato positivo, l’assemblea degli azionisti ha avallato il pagamento di 1,60 euro per azione ordinaria e 1,66 euro per quelle privilegiate, poco meno rispetto allo scorso anno.
Inoltre, nonostante l’acquisizione di Porsche, costata 3,9 miliardi, la liquidità netta è addirittura salita da 8 a 10,6 miliardi. Per quanto riguarda la presenza nelle singole regioni del mondo, Winterkorn ha parlato espressamente del grande peso assunto ormai dai mercati emergenti.
La Cina, per esempio: divenuto il primo mercato mondiale per il gruppo a scapito della Germania, il gigante asiatico ha assorbito 1.400.000 auto del gruppo nel 2009, segnando un +36,7% rispetto al 2008. Ed è proprio lì che si concentreranno i maggiori investimenti futuri, come dimostrano le recenti anticipazioni sulle due venture fabbriche in joint-venture con SAIC e FAW.


Marchionne: "contro Fiat un tiro al bersaglio"

Quando Sergio Marchionne parla fa sempre discutere. Ed oggi all’assemblea degli azionisti Fiat, annuncia che “stiamo vivendo un altro gioco pericoloso, un nuovo tiro al bersaglio contro la nostra azienda”. Non è colpa della stampa, questa volta, ma “delle dichiarazioni di alcuni esponenti del mondo politico, sindacale e a volte imprenditoriale. La Fiat non pretende di essere salutata ogni giorno con le fanfare, ma non troviamo giusti nemmeno i fischi gratuiti, ci piacerebbe vedere un po’ di equilibrio”. Dal punto di vista diplomatico, non è certo un bel periodo per il gruppo torinese, basti pensare al tira e molla con il governo sulla questione ecoincentivi.
Ma non solo: è di pochi giorni fa la diffusione di alcune presunte indiscrezioni sul piano industriale che Fiat presenterà a metà aprile. Si parlava, fra le altre cose, anche di altri 5.000 esuberi, in un periodo già non facile con la chiusura già annunciata di Termini Imerese. Indiscrezioni presto smentite da Marchionne: “Al momento il Gruppo è impegnato nella preparazione del Piano Strategico per il 2010-2014 e qualsiasi anticipazione giornalistica è assolutamente prematura e priva di ogni fondamento”.
Marchionne, poi, si riferisce a quanto sostengono molti luoghi comuni che tanto valevano per il passato ma forse oggi non sono più così attuali. “Nessuno può dire che viviamo alle spalle dello Stato o che vogliamo abbandonare il Paese. Crediamo nel futuro italiano del Paese - ha aggiunto - quello che va bene per l’Italia va bene anche per noi, ma non esistono rapporti a senso unico”. Per questo motivo, Marchionne ha chiesto “rispetto per la Fiat, che fa delle gran belle macchine”, e ha ricordato che le va riconosciuta “libertà di agire nel contesto mondiale”. “Ogni azienda - ha detto al riguardo - ha il diritto e il dovere di fare le proprie scelte”.
Parla, ovviamente, anche del capitolo Termini Imerese: “Per evitare i ’soliti sospetti’ voglio dire una cosa. Sappiamo che i sindacati, tra le varie alternative possibili, danno la priorità a quelle iniziative industriali con una forte vocazione automobilistica. Voglio ribadire che la disponibilità e la collaborazione della Fiat saranno le stesse anche in questa eventualità”, ha ribadito Marchionne che nel suo intervento ha parlato a lungo dello stabilimento di Termini Imerese. “Siamo pronti - ha detto Marchionne - a mettere a disposizione lo stabilimento, a fronte di un piano che vada nella direzione da tutti auspicata, quella del mantenimento dei posti di lavoro. Non ci risulta che mai nessun costruttore al mondo abbia ceduto ad altri un impianto per favorire una nuova attivita”.

Ansa


Cos'è, attacchi di vittimismo? Forse il modo di operare di Marchionne comincia a stare sulle balle e piovono critiche da tutte le parti?

Cacciate Marchionne :smokin)
 
http://www.carmagazine.co.uk/News/Searc ... ia-saloon/

Alfa Romeo's plans for new 2011 Giulia saloon


The big news from Alfa Romeo for 2011 is of course la nuova Giulia, which replaces the 159. Unlike the current car, which shares the so-called
premium architecture with the Brera twins, the next midliner from Arese adopts a slightly wider and longer variation of the C/D components set.

This new, more space-efficient matrix combines a McPherson front axle with a twin-link rear suspension, and engineers promise great handling benefits will result. While regular models will boast front-wheel drive, the platform is four-wheel drive compatible which should help when you consider the ample power and torque provided by the new Multiair V6 engines.

Will there be Giulia saloons and estates?

You bet. The Giulia, which combines a traditional name with a decidedly modern shape, will like its predecessor be offered as a four-door saloon and five-door Sportwagon.

The global sales target of 100,000 units per year practically matches that of the Mito and the 147-replacing Giulietta.

And what's all this about new GTA and faster Giulias?

While the awesome Mito GTA (Geneva 2009) has been put on hold in favour of the 170bhp Mito QV MultiAir, the sporty Giulia GTA is still a go project which reportedly features a 300bhp 3.0-litre V6, an improved Q4 all-wheel drive system and a seven-speed dual-clutch transmission.

Rumour has it that Alfa is also considering a lightweight Q2 350bhp Autodelta edition, which would be the perfect car to compete in a new race series.
 
andreadebi":333p9byg ha detto:
the ample power and torque provided by the new Multiair V6 engines

:sgrat) :sgrat)

andreadebi":333p9byg ha detto:
the sporty Giulia GTA is still a go project which reportedly features a 300bhp 3.0-litre V6,

ma dove le trovano queste informazioni!

andreadebi":333p9byg ha detto:
Q2 350bhp Autodelta edition, which would be the perfect car to compete in a new race series.

magaari :lingua)
 
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