Nell'anno nefasto, foriero di rimarchiamenti tassinaristici, sorci commercialmente fermi e balene oramai arenate, si intravvide una luce. Una luce proveniente da lontano, che non avrebbe potuto riportare il sole caldo e forte degli anni passati, ma che avrebbe consentito di continuare la vita del pianete Alfa, perpetuando la fotosintesi dell'arbusto "alfoso" foriero di frutti "alfistici".
Non molti furono coloro i quali intravvidero la rovina che si appropinquava sotto la forma del maligno, dai capelli unti e dalle vesti stropicciate, tuonante proclami, anatemi, di radere al suolo tempi e mercanteggiare reliquie la cui ignoranza non gli consentiva di apprezzare nè trarne crescita, beneficio, giovamento, ispirazione.
Via via che il tempo passava, e i proclami aumentavano, anche coloro i quali all'inizio credettere, dovettero fare i conti con la logica e il cervello: tante promesse, ma pochi fatti, forse la loro fiducia era malriposta e vi era troppo fumo ma poco arrosto. Forse si voleva guadagnare una immagine positiva, dovendola urlare perchè non reale.
Mentre gli invorniti si accalcavano a studiare a memoria, ripetere, cercando di credere e far credere, i parti della fantasia di coloro che scrivevano le cartelle stampa, il maligno brancolava nel buio alla ricerca spasmodica di quanto veramente conta nel mondo, e del quale purtroppo non era nè il suo operato lo ha dotato: il DENARO.
Egli, uscendo allo scoperto ed utilizzando tutto il suo carisma terra terra ma non la onestà che gli viene da tanti riconosciuta nè dicendo il vero, continuava a tentare di quadrare il cerchio, certo che solo lui, primo al mondo, sarebbe riuscito dove altri prima di lui avrebbero fallito.
Uno spettro lo agitava le notti, aumentandogli il desiderio delle mefistofeliche Marlboro che consumava come aria fra un aereo e l'altro: l'Alfa Romeo, questo marchio che ancora valeva qualcosa, ma che richiedeva forti investimenti, che richiedevano denaro inusitato e mancante nelle sue casse. E nonostante il digiuno di vendite di Alfa, nonchè l'inadeguatezza merceologica si facesse sentire e cambiasse molte delle opinioni degli uomini del tempo, troppo forte era l'orgoglio e la tracotanza, troppo radicate erano le opinioni di dover ridurre a zero e far tacere gli echi dissonanti che giungevano dalla cominità degli Alfisti nelle caverne segrete, negli antri scuri, all'ombra delle Alpi nella costellazione di Mirafiori. Invero laddove le stelle andavano a brillare sempre meno, e il lucido artificiosamente spalmato con dispendio di energia e capitali, passasse per la tenuta azionaria o per le roboanti dichiarazioni da far scrivere sulla pubblica stampa, si stesse consumando e dimostrasse la sua scarsa entità.
E sicchè più che la necessità fece l'orgoglio, già messo a dura prova dal crucco che brinda ad acqua minerale e non fa tesoro di congiungersi con varie donne e concubine, dilettandosi al suo contrario di fare automobili. Quale grande onta, quale offesa, sentirsi dire che lui, nonostante il suo appeal stropicciato da "tenente Colombo del business", non aveva capacità di stare nel business delle automobili dell'Olimpo, quelle che raggiungono sfere inusitate?
E venne quindi il tempo del parto intellettuale: piuttosto sparire, che non vendere. Egli, accecato dall'invidia e dalla tracotanza, accelerò la sua opera di banalizzazione e di "alfa come contorno". Daltronde altro non poteva originargli la sua mente orientata ed esperta in certi campi ma digiuna di altri. Come altro avrebbe potuto pensare? L'orgoglio e la boria gli impedivano di manifestare la sua inadeguatezza e gli impedivano anche di considerare che la cessione al godereccio teutonico di cotanto marchio potessero dargli un po' di respiro utile ai suoi propositi di eroe dei due mondi, tutto orientato alla fusione ideologica di Italia ed America.
A tanto arrivò chi si ergeva a censore e giudice, seminando strali ed epiteti, riservando osceni commenti non solo a categorie ma a popolazione tutta, pur di non perdere la vera cosa che gli interessava: la sua faccia. Di imprenditore senza liquidi. Di grande manager senza percezione reale di tutto il suo business.
E quindi, volando basso sugli argomenti come la sua indole gli imponeva, iniziò a raccattare tutto il possibile per non farsi porre dal destino la scelta capitale e finale: dover cedere, e quindi rimetterci la faccia.
Scelse invece di mantenere la faccia, cercando di vendere qualcosa di più industriale, e di più aderente alla sua idea di mezzo semovente. E poco importava se la fabbrica di camion fosse in utile. Se raccattare le briciole imponendo ulteriori riduzioni di budget, dopo aver bloccato lo sviluppo ed aver destinato minuzie a vecchie e nuove proposte che fungessero da specchi per le allodole sempre meno numerose ma pur sempre supinamente presenti, non fosse bastata, ogni altra cosa era comunque necessaria per mantenere la sua credibilità invero claudicante anche laddove i soldi ci son per davvero. E così fu la scelta.
La galassia di Areselemme, con o senza reliquie, sarebbe dovuta piuttosto andare al macero, ma in mano sua, che non al successo in mano d'altri trovandosi lui in mano dei liquidi che gli servivano come l'aria.
E' verita.