isauricus":1w3cjrzr ha detto:
Gli USA da sempre vivono di debito pubblico e privato (credito al consumo) per finanziare consumi e crescita: non è quello il problema.
hmamma)
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Sono proprio loro ad aver creato questo sistema malato.
Il credito al consumo serve a forzare una domanda interna già enorme.
Perché, generalizzando, già livello culturale gli americani comprano qualsiasi cosa gli propini.
Aziende che "devono" crescere, sempre.
Quindi inventi formule di marketing sempre più aggressive, porti (se ci riesci) le persone ad indebitarsi per possedere cose sempre più superflue.
Peccato che se tu cresci, qualcuno "cala".
Finché a farsi la guerra sono due aziende della stessa nazione, ci possono essere anche vantaggi.
Ottimizzazione dei costi, innovazione, abbassamento dei prezzi, migliorie al prodotto.
Aziende che competono sotto alla stessa giurisdizione, stesse regole, stesso regime fiscale.
Ma quando passi ad una competizione planetaria, inizia il massacro.
Basta una piccola fluttuazione del cambio per spostare intere produzioni da un paese all'altro.
Materie prime che fanno il giro del globo per risparmiare cifre alle volte ridicole.
Lo vedo quotidianamente nel mio lavoro, si decide se comprare nel far-east o in Europa per differenziali percentuali significativi se rapportati ai volumi, ma ridicoli se si considerano l'inquinamento e gli sprechi di risorse.
Da quel punto di vista, sarei contento che il petrolio salisse ancora.
Risulterebbe sempre meno conveniente importare da paesi lontani.
Oltre ai carburanti, aumenterebbero alcune materie prime e, naturalmente, l'energia.
Ma questo comporterebbe ad un balzo tecnologico volto all'ottimizzazione delle risorse ed alla lotta allo spreco.
Il problema è che per creare prodotti innovativi, l'azienda deve avere del fieno in cascina.
Accumulato negli anni, esercizio dopo esercizio.
Invece la maggior parte delle nostre aziende sono sotto capitalizzate e, se non bastasse, hanno iniziato ad erodere fortemente utili e risorse per sopravvivere.
E' anche vero che gli italiani danno il meglio di se nei momenti difficili, abbiamo bisogno di stimoli.
Perché, se vogliamo essere sinceri, negli anni del boom le nostre aziende si sono adagiate.
Sviluppo tecnologico lento, rilassamento generalizzato, piccoli imprenditori che non hanno mai cercato di evolversi, anche e sopratutto a livello personale.
Ed io ne so qualcosa, visto che la mia famiglia aveva una piccola azienda artigiana.
Ed è questo che mi preoccuperebbe in caso di uscita dall'Euro.
Con la svalutazione, le esportazioni ricomincerebbero a correre.
Perché, comunque, in certi ambiti siamo geniali.
Siamo un paese povero di risorse naturali, la generazione precedente ha costruito una potenza industriale dal nulla.
Importiamo materie prime, importiamo energia.
Ma siamo in grado di trasformarle come pochi altri.
Il problema è che siamo latini fino all'osso: ci manca il pragmatismo di stampo britannico.
Specie a livello politico.
A mio avviso, indietro non si torna.
In un decennio (anche meno) hanno/abbiamo portato ai minimi termini interi distretti.
La cosa più grave è che sono andate perse le competenze (il famoso know-how).
Perché nessuna università ti insegna a risolvere problemi come lo può fare l'esperienza accumulata in decenni di lavoro delle precedenti leve.
Noi, questo know-how, lo abbiamo regalato.
Con una svalutazione di certo qualche azienda rinascerà.
Ma dopo la mazzata che abbiamo preso, in quanti avrebbero il coraggio di tuffarsi in una simile avventura?
L'unica via è quella di defiscalizzare in materia consistente le aziende che hanno intenzione di insediarsi sul nostro suolo apportando innovazione.
Tradotto: acquisire know-how estero.
Non possiamo pensare di ricreare le reti distrettuali con le start-up.
Troppo poche e con tassi di mortalità troppo elevati.
Necessitiamo di nuova linfa, dobbiamo attirare aziende estere evolute.
Non parlo di produzioni pesanti, ma di beni intelligenti, che per essere prodotti implichino bassi consumi in termini di energia.
Perché ci sogniamo di ridurre i costi dell'energia stessa, perché ci sogniamo di ridurre ulteriormente il costo dei trasporti.
Il libero scambio di beni, regolamentato in maniera risibile, ci ha permesso di possedere più cose.
I prezzi di alcuni beni si sono ridotti e ne abbiamo approfittato.
Copiamo gli americani, in ritardo, come sempre.
Ma oggi ci accorgiamo che siamo ogni giorno più poveri.
Perché in Europa, contavamo (a livello industriale).
A livello globale, siamo una caccola.
In tanti hanno inneggiato alla globalizzazione, peccato che sono stati gli stessi a non aver considerato di salvaguardare il mercato interno.
Il modello tedesco non può reggere per sempre.
Come correttamente spiegato, se loro per "restare in piedi" devono forzare le esportazioni, qualche altro paese deve ridurle.
Ma non basta, la stessa domanda deve essere forzata.
Emblematico il caso della Grecia: da un lato la Germania li cazzia per il debito, dall'altro si scopre che tra i due stati ci sono contratti per forniture militari per cifre imbarazzanti.
Tradotto: risparmia sul welfare e sulle politiche sociali (tanto sono tuoi connazionali, mica miei), ma acquista ciò che le mie industrie producono..... :matto)
L'Europa è stata fondata inglobando nazioni con un tasso di competizione altissimo.
Abbiamo fatto il giuoco dei tedeschi, ci hanno imbrigliati per bene.
In molti settori eravamo i loro diretti concorrenti, e non solo per questioni legate alla svalutazione.
Ripeto: siamo molto abili a creare buoni prodotti con risorse limitate.
Siamo estremamente flessibili, ci adattiamo e ne usciamo praticamente sempre.
Quella è la nostra grande risorsa, una delle poche.
To be continued (no tonight).