Marchionne si gioca i suoi 3 assi
L’Alfa Romeo diventerà tedesca? Marchionne venderà una parte della Ferrari e acquisirà la maggioranza della Chrysler? E che futuro attende Montezemolo? Per settimane sui giornali economici non si è sussurrato d’altro. Pettegolezzi, rivelazioni, smentite. Ma come spesso accade, le voci non nascono mai per caso. La rivoluzione è veramente dietro l’angolo. E tutte queste grandi manovre sotterranee intorno al mondo dell’automobile sono strettamente connesse fra loro.
Cerchiamo di capire fino in fondo qual è la strategia che ha in mente Marchionne per il futuro dell’auto. Un futuro che condiziona mezza Italia: dagli operai di Mirafiori e Pomigliano, a chi acquista le Alfa Romeo, a chi tifa per la Ferrari in F.1, fino a chi opera in borsa. Tutte queste insospettabili persone saranno in qualche modo condizionate da quel che sta per accadere.
L’obiettivo finale di tutte queste manovre è la volontà di Marchionne di ampliare la quota di proprietà di Fiat in Chrysler. Il motivo per cui i torinesi vogliono il marchio Usa è ovvio: Chrysler ha un potenziale di guadagno enorme. Rimessasi dalla crisi grazie alla “cura” Fiat, gli americani stanno cominciando a macinare profitti e chiuderanno il 2010 con 700 milioni di dollari di utile. Una gallina dalle uova d’oro se ben gestita. Per questo Fiat ambisce a diventare azionista di maggioranza Chrysler. Attualmente Torino detiene il 20% del gruppo americano, ma esiste un accordo preciso fra Marchionne e Obama per cui Fiat potrà salire al 35% della proprietà Chrysler entro gennaio 2013 più o meno gratis. Ovvero, il governo Usa, che detiene parte delle quote, le girerà alla Fiat se questa dimostrerà di aver saputo gestire bene la Chrysler. Le condizioni vantaggiose che devono verificarsi sono facilmente raggiungibili da Fiat: produrre nelle fabbriche Usa almeno un motore di derivazione Fiat (già fatto: è il motore della Fiat 500 Usa); costruire nelle fabbriche Chrysler un’automobile su piattaforma Fiat a basso consumo da 17 km/litro e vendere nelle zone di mercato Fiat (Europa e Sudamerica) auto Chrysler per oltre 1 miliardo di euro. Tutte condizioni che Marchionne non farà fatica ad realizzare.
Ma a Fiat il 35% di Chrysler non basta: il vero obiettivo è acquisire la maggioranza: salire al 51%. Anche questo passaggio è previsto dagli accordi Obama-Marchionne come “ricompensa” per il salvataggio della Chrysler. Ma in questo caso per avere il restante 16% della Chrysler il gruppo torinese dovrà sborsare molto denaro. Miliardi e miliardi. Calcolati sul valore del collocamento in borsa della Chrysler che avverrà solo nel 2011. Dove prenderli? Questo è il dilemma di Marchionne che apre gli scenari che riguardano noi italiani.
Il modo migliore per Marchionne di trovare i soldi per acquisire Chrysler è quello di vendere i “gioielli” di famiglia. Quindi Alfa Romeo e Ferrari. Lui ci ha scherzato sopra con frasi irriverenti tipo: “L’Alfa la vendo solo per un assegno di 20 miliardi”, ma la sua è una provocazione che rivela una verità di fondo: Marchionne è pronto a trattare per cedere l’Alfa alla Volkswagen. Si sa che i tedeschi ambiscono al marchio italiano, solo che vorrebbero acquisire solo il brand, poi le auto se le farebbero in casa loro, in Germania, con la propria tecnologia. Anzi, si dice che de’ Silva stia già ridisegnando in gran segreto l’intera gamma del Biscione. “In Alfa ci ho lasciato il cuore” si è lasciato sfuggire di recente, durante una cena di lavoro, il designer milanese. Marchionne invece vorrebbe cedere ai tedeschi anche lo stabilimento di Arese — dove ora è rimasto solo il museo Alfa Romeo — e magari riportare lì la produzione nel quadro di un complesso accordo con Regione Lombardia e sindacati. Tra queste due ipotesi ballano tanti miliardi. Perché Marchionne sia disposto a sacrificare l’Alfa Romeo può avere una spiegazione logica: investire per rilanciare l’Alfa costerebbe miliardi, ma un’Alfa più solida e affermata non venderebbe mai tante auto quante Chrysler e farebbe meno profitti di lei. Quindi, nella fredda logica imprenditoriale, meglio vendere una e investire quei soldi per comprare l’altra.
Ma c’è un’altra strada che può percorrere Marchionne: collocare in borsa la Ferrari e venderne una parte a futuri azionisti. La strategia è già cominciata: Marchionne ha già riacquisito dagli arabi di Mubadala il 5% della Ferrari che detenevano da 5 anni. Se non sapete chi sono quelli di Mubadala, è la scritta che campeggia sull’alettone posteriore della Ferrari F.1 di Alonso. Dietro di loro si nasconde il fondo d’investimento del governo di Abu Dhabi. Non a caso la Ferrari ha aperto il suo parco tematico proprio in quel paese poche settimane fa. Sembra che a Marchionne il riacquisto sia costato 122 milioni di euro. Ma per Fiat era una mossa necessaria per tornare padrona in toto della Ferrari e avviare una collocazione in borsa.
Quanto potrà ricavare Marchionne vendendo parte delle quote Ferrari? Se il 5% degli arabi è stato valutato 122 milioni, l’intera Ferrari dovrebbe valere minimo 2,5 miliardi di euro, ma anche molto di più se ben collocata, magari su un mercato esotico attento ai marchi di lusso (Hong Kong?). Il problema è che questa strategia ha portato a forti dissapori con Montezemolo che aveva una visione ben diversa per il futuro e invece si è visto smontare da Marchionne le proprie strategie. Ecco perché Montezemolo sta cullando l’idea di abbandonare il mondo dell’auto e scendere in politica.
A questo punto, unendo il ricavo dalla vendita di quote Ferrari in borsa a quello della eventuale cessione di Alfa alla VW, la Fiat potrebbe mettere insieme capitali sufficienti per diventare padrona della Chrysler dal 2016. E creare quel gruppo capace di 6 milioni di automobili l’anno che Marchionne ritiene indispensabile per la sopravvivenza di un’industria automobilistica.
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http://blog.auto.it/blog/2011/01/05/mar ... oi-3-assi/