Da Affari Italiani.it (www.affaritaliani.it)
Scarpe Prada? Roba da tamarri. E' il senso di un'editoriale pubblicato nientemeno che sul Financial Times da Richard Tomkins, dopo avere notato come la nota griffe italiana sia ormai "bannata" da molti locali alla moda in Inghilterra perché, ormai, è stata adottata come "divisa" dai chavs, termine con cui vengono indicati i teppistelli metropolitani.
Ma come, mi chiedo, ma non è uno dei marchi più fighi del fashion made in Italy? Non sono appena uscite le classiche che collocano Miuccia Prada fra i massimi vip mondiali? Non è lo stesso Financial Times a inserirla, unica italiana, fra le 25 imprenditrici europee più in vista? E il Wall Street Journal non l'ha indicata fra le donne più importanti del mondo?
Già, eppure, secondo il tabloid The Sun, i buttafuori dello Sugar Lounge e di altri locali "in" di Manchester hanno ricevuto l'ordine di impedire l'ingresso ai ragazzi che indossino scarpe sportive Prada, in quanto esse contraddistinguono ormai l'abbigliamento delle gang locali.
Il Sun, peraltro, cita una fonte anonima secondo la quale Prada ha soppiantato Burberry fra i "must have" dei chavs "griffati". L'anno scorso, infatti, alcuni pub avevano bandito i clienti che indossassero Burberry, diventata l'uniforme di hooligan e teppisti.
Insomma, oggi per essere "in" non basta più chiamarsi Prada o Burberry. Se un tempo, infatti, i prodotti di lusso erano eslusivi di per sé, non foss'altro per il loro prezzo elevato, oggi l'aumento dei redditi medi e la strategia degli stessi luxury brand, che ora firmano anche prodotti d'accesso relativamente economici per allargare il loro giro d'affari, portano alla portata di tutti (o quasi) le griffe una volta appannaggio esclusivo delle elite.
Così, oggi non è necessariamente il prezzo a fare di un prodotto o di un marchio un oggetto di culto per la "upper class". Anzi. Ikea, come scrive il Business Week, è ormai un must in tutto il mondo anche per i cosiddetti "ricchi", sebbene venda mobili di design a basso costo; allo stesso modo, negli Usa i supermercati Wal-Mart hanno acquistato otto pagine di pubblicità su Vogue durante la New York Fashion Week, e sono stati indicati come possibili acquirenti della casa di moda americana Tommy Hilfiger, con la quale hanno già stretto un accordo per la distribuzione di prodotti griffati all'interno dei grandi magazzini.
Così, mentre i teppistelli sbavano per le scarpe Prada, i ricchi fanno la spesa dove la fanno i "poveri", nei supermercati che hanno come motto "Always low prices, always". Perché anche il low profile è di moda...
Scarpe Prada? Roba da tamarri. E' il senso di un'editoriale pubblicato nientemeno che sul Financial Times da Richard Tomkins, dopo avere notato come la nota griffe italiana sia ormai "bannata" da molti locali alla moda in Inghilterra perché, ormai, è stata adottata come "divisa" dai chavs, termine con cui vengono indicati i teppistelli metropolitani.
Ma come, mi chiedo, ma non è uno dei marchi più fighi del fashion made in Italy? Non sono appena uscite le classiche che collocano Miuccia Prada fra i massimi vip mondiali? Non è lo stesso Financial Times a inserirla, unica italiana, fra le 25 imprenditrici europee più in vista? E il Wall Street Journal non l'ha indicata fra le donne più importanti del mondo?
Già, eppure, secondo il tabloid The Sun, i buttafuori dello Sugar Lounge e di altri locali "in" di Manchester hanno ricevuto l'ordine di impedire l'ingresso ai ragazzi che indossino scarpe sportive Prada, in quanto esse contraddistinguono ormai l'abbigliamento delle gang locali.
Il Sun, peraltro, cita una fonte anonima secondo la quale Prada ha soppiantato Burberry fra i "must have" dei chavs "griffati". L'anno scorso, infatti, alcuni pub avevano bandito i clienti che indossassero Burberry, diventata l'uniforme di hooligan e teppisti.
Insomma, oggi per essere "in" non basta più chiamarsi Prada o Burberry. Se un tempo, infatti, i prodotti di lusso erano eslusivi di per sé, non foss'altro per il loro prezzo elevato, oggi l'aumento dei redditi medi e la strategia degli stessi luxury brand, che ora firmano anche prodotti d'accesso relativamente economici per allargare il loro giro d'affari, portano alla portata di tutti (o quasi) le griffe una volta appannaggio esclusivo delle elite.
Così, oggi non è necessariamente il prezzo a fare di un prodotto o di un marchio un oggetto di culto per la "upper class". Anzi. Ikea, come scrive il Business Week, è ormai un must in tutto il mondo anche per i cosiddetti "ricchi", sebbene venda mobili di design a basso costo; allo stesso modo, negli Usa i supermercati Wal-Mart hanno acquistato otto pagine di pubblicità su Vogue durante la New York Fashion Week, e sono stati indicati come possibili acquirenti della casa di moda americana Tommy Hilfiger, con la quale hanno già stretto un accordo per la distribuzione di prodotti griffati all'interno dei grandi magazzini.
Così, mentre i teppistelli sbavano per le scarpe Prada, i ricchi fanno la spesa dove la fanno i "poveri", nei supermercati che hanno come motto "Always low prices, always". Perché anche il low profile è di moda...