La Fiat di Pomigliano d'Arco ha avviato una fase di ristrutturazione, due mesi di chiusura per riaprire il 3 marzo con un'organizzazione del lavoro radicalmente mutata secondo le direttive del «piano Marchionne». Circa 70 milioni di euro per resettare il processo produttivo e migliorare gli impianti, in termini sia di sicurezza che di efficienza, a cui si aggiungono 40 milioni di euro di costi aggiuntivi per la mancata produzione. I lavoratori, poi, stanno seguendo un piano di formazione intensivo, l'obiettivo finale è di aumentare di 50 punti il world class manufacturing, cioè l'indice del livello delle prestazioni aziendali, portandolo dall'attuale 25 a 70, in linea con gli standard degli stabilimenti della Toyota.
Prima della chiusura, la fabbrica sfornava 700 vetture al giorno, i modelli Alfa 159 e 147, la cui produzione però andrà a Cassino. Alla riapertura, la media produttiva dovrebbe attestarsi ancora sulle 720 unità, ma con i fermi auto ridotti al minimo e una qualità complessiva più alta, in grado di competere non solo sul mercato ma anche rispetto alla concorrenza interna degli altri stabilimenti Fiat per i prossimi modelli da mettere in produzione, considerato che l'amministratore delegato Sergio Marchionne non ha ancora annunciato i piani per Pomigliano.
Cambiamenti radicali, visti i numerosi cantieri aperti su una superficie di 250 ettari, una cittadella che si riprogramma in funzione di una migliore ingegnerizzazione ma anche ripensando i reparti. Prevista, infatti, la chiusura della zona finizione, in vista di un significativo miglioramento della qualità del prodotto, l'accorpamento funzionale di aree per ridurre gli spostamenti e una migliorare movimentazione interna.