Posto un articolo che ho letto ieri su Dagospia, magari ci scappa una discussione interessante..
Antonio Calitri e Maurizio Maggi per “L’espresso”
Risolto senza un'ora di sciopero il contratto integrativo della Fiat, e con aumenti sopra l'inflazione programmata, Sergio Marchionne deve affrontare la spinosa questione meridionale. Marchionne è diventato in pochi anni l'amministratore delegato della Fiat più apprezzato di sempre dai leader comunisti ed ex comunisti: riscuote applausi dal segretario dei Ds, Piero Fassino, e piace anche a quello di Rifondazione, Franco Giordano.
Ma ora deve togliersi dal fianco le due spine chiamate Pomigliano d'Arco (Napoli) e Termini Imerese (Palermo). Lo stabilimento di Pomigliano d'Arco visse il suo momento d'oro ai tempi dell'Alfa 156, l'auto che ha rilanciato l'immagine di una marca mitica ma impolverata. Ora però se la passa male, e il futuro si presenta difficile anche perché, probabilmente, non produrrà la vettura cui spetta il compito di rimettere in carreggiata un'altra volta l'Alfa.
Ufficialmente, la decisione su dove costruire la nuova compatta Alfa 149 - l'erede della 147, destinata a competere nella fascia premium con Bmw, Mercedes e Audi - non è stata ancora presa. Due fattori convergono tuttavia per 'spingere' la futura vettura a Cassino: 1. Nell'impianto laziale già si produce la Fiat Bravo, con cui la 149 condividerà la piattaforma; 2. Qualità e produttività di Pomigliano sono considerate altamente deficitarie dal management del gruppo, a cominciare da Marchionne. Il quale, a giugno è stato in Campania e ai sindacati ha detto: "Non affezionatevi alla 149".
Per coloro che ancora vogliono sperare, la frase significa che per combattere in un segmento di mercato ben presidiato da concorrenti con un'altissima immagine ci vuole uno stabilimento meno conflittuale e capace di produrre con una maggiore qualità. E dunque, questo il ragionamento di Marchionne, spetta soprattutto a sindacati e maestranze il compito di creare le condizioni favorevoli alla 'conquista' della 149.
Lo stesso Marchionne, del resto, già da tempo considera obsoleta la formula della fabbrica monomarca, che produce le Alfa dal 1973. La decisione definitiva arriverà entro fine anno, ma difficilmente la 149 parlerà campano. Pomigliano è in coda alle classifiche di qualità redatte all'interno del gruppo secondo i parametri del World Class Manufacturing (in vetta, ci sono Melfi e la polacca Tichy). In sei mesi, ha ricordato Marchionne nell'incontro di giugno, a Pomigliano ci sono stati 48 scioperi. Senza contare l'assenteismo per malattia e la continua conflittualità con interruzioni alla produzione.
Dopo le dichiarazioni del capo, la situazione non è affatto migliorata. E da settembre una società di audit esterna alla società verifica, a fine linea, che ogni macchina prodotta rispetti gli standard di qualità fissati da Fiat. Se è okay, viene messo il bollino. Se c'è qualcosa che non va, torna sulla linea. È la prima volta che il gruppo ricorre a un 'giudice' indipendente. Mossa inconsueta che è al tempo stesso un segnale alla fabbrica, un tentativo di migliorare la produzione e l'ammissione che a Pomigliano il tasso di 'riprese', cioè di vetture che giunte a fine linea necessitano di qualche aggiustamento, è decisamente superiore alla media.
"Spostare la 149 significherebbe uccidere lo stabilimento", sostiene però il rappresentante della Fim-Cisl Michele Liberti, secondo il quale a Pomigliano "conflittualità e assenteismo ci sono ma con tassi non molto distanti da quelli degli altri impianti. Certo, qualcuno si allunga le ferie con la malattia, c'è qualche mal di denti di troppo ma nulla di irrisolvibile. Noi chiediamo un tavolo per discutere e siamo pronti a trovare ogni soluzione affinché si provveda al rilancio".
Liberti mette sotto accusa l'ergonomia del posto di lavoro e i turni massacranti, ma aggiunge: "Non è in dubbio la sicurezza e tutto si può sistemare". Assai più bellicosi appaiono quelli dello Slai-Cobas, che si sta rivelando l'osso più duro per Marchionne e annunciano sorprese che non piaceranno a Torino: "Il problema principale, qui, è la salute: la causa della conflittualità e degli scioperi è la fabbrica stessa, con impianti vecchi di 30 anni e mai cambiati", dice il responsabile dei Cobas, Vittorio Granillo, "mentre l'azienda sta tentando di costruire una campagna politico-mediatica per giustificare il trasferimento della produzione della 149 e dare la colpa ai lavoratori. Eppure se quando piove cola acqua in tutti i capannoni o quando fa caldo si fermano i macchinari per surriscaldamento, non è certo colpa degli operai ma dello stabilimento fatiscente".
Secondo Granillo, l'azienda sopperisce alle carenza degli impianti, ormai obsoleti, intensificando i ritmi di lavoro: "Di conseguenza, gli operai si ammalano. Il 40 per cento degli addetti alla catena di montaggio soffre di patologie derivanti da sforzo prolungato", sostiene ancora Granillo, "ed è per questo che i Cobas hanno costituito un comitato di dipendenti con ridotte capacità lavorative, che sta raccogliendo le perizie mediche degli operai e presto intenterà una causa collettiva contro la Fiat".
A Tichy, Solidarnosc fa la voce grossa e promette sconquassi, ma gli operai fanno spallucce (del resto, ogni mese arrivano decine di nuovi assunti) e nella fabbrica da dove escono Panda e 500 non si sciopera dal 1992. A Pomigliano, i Cobas gridano forse meno, sono meno coccolati dalla stampa, ma li scioperi li fanno, contro il 'socialdemocratico' Marchionne. Che certo non conta sulla fabbrica campana per portare la produzione del gruppo ai 2,5 milioni di vetture promessi per il 2010. In sintesi: la fabbrica non la chiudo, ma non rilancio.
Di tutt'altro genere gli intoppi sul fronte siciliano. A Termini Imerese, secondo Marchionne, si dovrebbero produrre oltre 200 mila auto l'anno. Oggi se ne fanno 80 mila (tutte Lancia Y) e per incrementare la capacità e migliorare la logistica ci vogliono 1,3 miliardi di euro. Stato e Regione insieme hanno promesso 325 milioni: la Fiat dice che l'aiuto pubblico dev'essere più consistente, altrimenti niente raddoppio produttivo. Mentre a Pomigliano sono i sindacati a caldeggiare un tavolo per discutere, in Sicilia è la Fiat a premere sul governo nazionale e quello regionale. Per ora, nonostante le rassicurazioni di Sergio D'Antoni, siciliano e viceministro per lo Sviluppo economico, è successo poco.
Nella marcia trionfale di Marchionne, scandita dalle performance in Borsa di un titolo che viaggia sopra i 21 euro ma che gli analisti di Société Générale vedono a quota 24 euro e quelli di Goldman Sachs addirittura a 30 euro, qualche preoccupazione arriva anche dal mercato. Oltre alle perduranti difficoltà dell'Alfa, la delusione maggiore è targata Bravo: soffre l'assenza della versione station wagon (che arriverà nel 2010) e anche in Italia è preceduta da rivali come Ford Focus e Opel Astra.
"In Europa, Italia compresa, nei primi sette mesi del 2007 è stata scelta da 42.100 automobilisti, mentre di Opel Astra se ne sono vendute oltre 250 mila e la Golf sfiora le 320 mila immatricolazioni", sottolinea Tommaso Tommasi, direttore di 'InterAuto News'. La stessa rivista che, implacabilmente, segnala la percentuale di auto che ogni marca immatricola negli ultimi tre giorni del mese e che in buona parte coincidono con le vetture vendute a chilometri zero. Negli ultimi tre giorni di agosto si è immatricolato il 35,4 per cento del mese e le marche del gruppo di Torino sono ben sopra la media: 69,4 per cento per Alfa, 54,3 per cento per Lancia e 50,4 per cento per Fiat.
Dagospia 05 Ottobre 2007
Antonio Calitri e Maurizio Maggi per “L’espresso”
Risolto senza un'ora di sciopero il contratto integrativo della Fiat, e con aumenti sopra l'inflazione programmata, Sergio Marchionne deve affrontare la spinosa questione meridionale. Marchionne è diventato in pochi anni l'amministratore delegato della Fiat più apprezzato di sempre dai leader comunisti ed ex comunisti: riscuote applausi dal segretario dei Ds, Piero Fassino, e piace anche a quello di Rifondazione, Franco Giordano.
Ma ora deve togliersi dal fianco le due spine chiamate Pomigliano d'Arco (Napoli) e Termini Imerese (Palermo). Lo stabilimento di Pomigliano d'Arco visse il suo momento d'oro ai tempi dell'Alfa 156, l'auto che ha rilanciato l'immagine di una marca mitica ma impolverata. Ora però se la passa male, e il futuro si presenta difficile anche perché, probabilmente, non produrrà la vettura cui spetta il compito di rimettere in carreggiata un'altra volta l'Alfa.
Ufficialmente, la decisione su dove costruire la nuova compatta Alfa 149 - l'erede della 147, destinata a competere nella fascia premium con Bmw, Mercedes e Audi - non è stata ancora presa. Due fattori convergono tuttavia per 'spingere' la futura vettura a Cassino: 1. Nell'impianto laziale già si produce la Fiat Bravo, con cui la 149 condividerà la piattaforma; 2. Qualità e produttività di Pomigliano sono considerate altamente deficitarie dal management del gruppo, a cominciare da Marchionne. Il quale, a giugno è stato in Campania e ai sindacati ha detto: "Non affezionatevi alla 149".
Per coloro che ancora vogliono sperare, la frase significa che per combattere in un segmento di mercato ben presidiato da concorrenti con un'altissima immagine ci vuole uno stabilimento meno conflittuale e capace di produrre con una maggiore qualità. E dunque, questo il ragionamento di Marchionne, spetta soprattutto a sindacati e maestranze il compito di creare le condizioni favorevoli alla 'conquista' della 149.
Lo stesso Marchionne, del resto, già da tempo considera obsoleta la formula della fabbrica monomarca, che produce le Alfa dal 1973. La decisione definitiva arriverà entro fine anno, ma difficilmente la 149 parlerà campano. Pomigliano è in coda alle classifiche di qualità redatte all'interno del gruppo secondo i parametri del World Class Manufacturing (in vetta, ci sono Melfi e la polacca Tichy). In sei mesi, ha ricordato Marchionne nell'incontro di giugno, a Pomigliano ci sono stati 48 scioperi. Senza contare l'assenteismo per malattia e la continua conflittualità con interruzioni alla produzione.
Dopo le dichiarazioni del capo, la situazione non è affatto migliorata. E da settembre una società di audit esterna alla società verifica, a fine linea, che ogni macchina prodotta rispetti gli standard di qualità fissati da Fiat. Se è okay, viene messo il bollino. Se c'è qualcosa che non va, torna sulla linea. È la prima volta che il gruppo ricorre a un 'giudice' indipendente. Mossa inconsueta che è al tempo stesso un segnale alla fabbrica, un tentativo di migliorare la produzione e l'ammissione che a Pomigliano il tasso di 'riprese', cioè di vetture che giunte a fine linea necessitano di qualche aggiustamento, è decisamente superiore alla media.
"Spostare la 149 significherebbe uccidere lo stabilimento", sostiene però il rappresentante della Fim-Cisl Michele Liberti, secondo il quale a Pomigliano "conflittualità e assenteismo ci sono ma con tassi non molto distanti da quelli degli altri impianti. Certo, qualcuno si allunga le ferie con la malattia, c'è qualche mal di denti di troppo ma nulla di irrisolvibile. Noi chiediamo un tavolo per discutere e siamo pronti a trovare ogni soluzione affinché si provveda al rilancio".
Liberti mette sotto accusa l'ergonomia del posto di lavoro e i turni massacranti, ma aggiunge: "Non è in dubbio la sicurezza e tutto si può sistemare". Assai più bellicosi appaiono quelli dello Slai-Cobas, che si sta rivelando l'osso più duro per Marchionne e annunciano sorprese che non piaceranno a Torino: "Il problema principale, qui, è la salute: la causa della conflittualità e degli scioperi è la fabbrica stessa, con impianti vecchi di 30 anni e mai cambiati", dice il responsabile dei Cobas, Vittorio Granillo, "mentre l'azienda sta tentando di costruire una campagna politico-mediatica per giustificare il trasferimento della produzione della 149 e dare la colpa ai lavoratori. Eppure se quando piove cola acqua in tutti i capannoni o quando fa caldo si fermano i macchinari per surriscaldamento, non è certo colpa degli operai ma dello stabilimento fatiscente".
Secondo Granillo, l'azienda sopperisce alle carenza degli impianti, ormai obsoleti, intensificando i ritmi di lavoro: "Di conseguenza, gli operai si ammalano. Il 40 per cento degli addetti alla catena di montaggio soffre di patologie derivanti da sforzo prolungato", sostiene ancora Granillo, "ed è per questo che i Cobas hanno costituito un comitato di dipendenti con ridotte capacità lavorative, che sta raccogliendo le perizie mediche degli operai e presto intenterà una causa collettiva contro la Fiat".
A Tichy, Solidarnosc fa la voce grossa e promette sconquassi, ma gli operai fanno spallucce (del resto, ogni mese arrivano decine di nuovi assunti) e nella fabbrica da dove escono Panda e 500 non si sciopera dal 1992. A Pomigliano, i Cobas gridano forse meno, sono meno coccolati dalla stampa, ma li scioperi li fanno, contro il 'socialdemocratico' Marchionne. Che certo non conta sulla fabbrica campana per portare la produzione del gruppo ai 2,5 milioni di vetture promessi per il 2010. In sintesi: la fabbrica non la chiudo, ma non rilancio.
Di tutt'altro genere gli intoppi sul fronte siciliano. A Termini Imerese, secondo Marchionne, si dovrebbero produrre oltre 200 mila auto l'anno. Oggi se ne fanno 80 mila (tutte Lancia Y) e per incrementare la capacità e migliorare la logistica ci vogliono 1,3 miliardi di euro. Stato e Regione insieme hanno promesso 325 milioni: la Fiat dice che l'aiuto pubblico dev'essere più consistente, altrimenti niente raddoppio produttivo. Mentre a Pomigliano sono i sindacati a caldeggiare un tavolo per discutere, in Sicilia è la Fiat a premere sul governo nazionale e quello regionale. Per ora, nonostante le rassicurazioni di Sergio D'Antoni, siciliano e viceministro per lo Sviluppo economico, è successo poco.
Nella marcia trionfale di Marchionne, scandita dalle performance in Borsa di un titolo che viaggia sopra i 21 euro ma che gli analisti di Société Générale vedono a quota 24 euro e quelli di Goldman Sachs addirittura a 30 euro, qualche preoccupazione arriva anche dal mercato. Oltre alle perduranti difficoltà dell'Alfa, la delusione maggiore è targata Bravo: soffre l'assenza della versione station wagon (che arriverà nel 2010) e anche in Italia è preceduta da rivali come Ford Focus e Opel Astra.
"In Europa, Italia compresa, nei primi sette mesi del 2007 è stata scelta da 42.100 automobilisti, mentre di Opel Astra se ne sono vendute oltre 250 mila e la Golf sfiora le 320 mila immatricolazioni", sottolinea Tommaso Tommasi, direttore di 'InterAuto News'. La stessa rivista che, implacabilmente, segnala la percentuale di auto che ogni marca immatricola negli ultimi tre giorni del mese e che in buona parte coincidono con le vetture vendute a chilometri zero. Negli ultimi tre giorni di agosto si è immatricolato il 35,4 per cento del mese e le marche del gruppo di Torino sono ben sopra la media: 69,4 per cento per Alfa, 54,3 per cento per Lancia e 50,4 per cento per Fiat.
Dagospia 05 Ottobre 2007