Adesso il polo del lusso
di Umberto Bertelé
Che Fiat si sarebbe trovata il 2 febbraio davanti al problema di cosa fare dell'Auto era una previsione facile ormai da tempo. L'incognita era piuttosto su come ci sarebbe arrivata. Se ricca di contanti, corrisposti da General Motors per ricomprarsi l'opzione put, e completamente libera nei suoi movimenti. Se con dubbi, invece, sull'esito e i tempi di chiusura della complessa causa susseguente al rifiuto di Gm e rallentata nelle azioni - soprattutto in quelle a impatto strutturale forte - dai timori di loro possibili ricadute negative sull'esito del giudizio.
È il secondo il terreno di battaglia scelto dagli americani, in questa sorta di partita a poker, puntando sulla maggior criticità del fattore tempo per Fiat.
Nel 2004 il Lingotto è riuscito a mantenere la sua quota complessiva nell'Auto a livello europeo, ma in questo settore ha continuato a "bruciare" risorse finanziarie a un ritmo molto sostenuto e sicuramente non sostenibile - se i nuovi modelli non dovessero avere subito successo - ancora a lungo.
La Fiat, d'altronde, non può semplicemente chiudere l'Auto, come farebbe una qualsiasi impresa medio-piccola per un business in difficoltà: perché continua a essere un simbolo, anche se un po' appannato, per il Paese; perché alimenta un indotto rilevante nonostante i ridimensionamenti; perché occupa ancora molti addetti, anche se meno che in passato; perché ha un livello di indebitamento molto elevato e doveri verso chi in questi anni ne ha permesso la sopravvivenza. E, a differenza di quanto avvenne al momento dell'accordo con General Motors, il gruppo italiano non sembra avere davanti alla sua porta troppi aspiranti partner.
È un grosso problema industriale quello che Fiat deve affrontare, prima ancora che "finanziario". Perché, se non si individuano soluzioni industriali in grado di arrestare il flusso emorragico e di dare una prospettiva all'immissione di capitali freschi "non coatti", qualsiasi intervento finanziario si traduce in un mero spreco. Così sarebbe, ad esempio, se fosse lo Stato a mettere una pezza, come molti, a voce più o meno alta, sembrano invocare.
Un problema industriale difficile, che richiede di esplorare soluzioni non in linea con le opinioni correnti del settore. Come quella di concentrare gli sforzi su un numero limitato di segmenti, dove si ritiene di essere più forti - ad esempio aggregando in un "polo del lusso" Ferrari, Maserati e Alfa -, agendo in controtendenza rispetto a imprese come Mercedes o Bmw che hanno viceversa abbandonato non molti anni fa questa strategia. Come quella di non cercare un partner "totale", ma di individuare e ristrutturare insiemi di segmenti da rendere attrattivi per partnership o acquisizioni.
3 febbraio 2005