Dal "Corriere della Sera" online:
La Consulta intima l' altolà alla patente ai punti, e scatena polemiche. Con una sentenza depositata in cancelleria, la Corte costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittimo il nuovo codice della strada: prima di togliere i punti dalla patente di guida deve essere identificato chi ha commesso l'infrazione. La pronuncia della Consulta, in particolare, si riferisce all'articolo 126 bis comma 2 del codice della strada nella parte in cui prevede che, in caso di mancata identificazione del trasgressore, i punti devono esser tolti al proprietario del veicolo, salvo che questi non comunichi, entro 30 giorni, il nome e la patente di chi guidava in quel momento l'auto.
SOLO UNA SANZIONE PECUNIARIA - La Corte Costituzionale ha stabilito infatti che se non vi è l'identificazione del guidatore, resta l'obbligo per il proprietario di fornire, entro 30 giorni, il nome e il numero della patente di chi ha commesso la violazione, ma se ciò non avviene a carico del proprietario dell'autoscatta solo la sanzione pecuniaria, e non quella accessoria della decurtazione dei punti. A sollevare la questione di legittimità della norma, sotto diversi profili, sono stati numerosi giudici di pace. La Consulta, ha ritenuto «fondate le censure di violazione dell'art. 3 sotto il profilo dell'irragionevolezza della disposizione , nel senso che - si legge nella sentenza scritta dal giudice costituzionale Alfonso Quaranta - essa dà vita a una sanzione assolutamente sui generis», in quanto la sanzione, «pur essendo di natura personale, non appare riconducibile ad un contegno direttamente posto in essere dal proprietario del veicolo e consistente nella trasgressione di una specifica norma relativa alla circolazione stradale». In altre parole, se a violare il codice della strada è stata un'altra persona diversa dal proprietario dell'auto, per la Corte è irragionevole che quest'ultimo rischi di vedersi togliere i punti dalla patente. Si tratta - spiega la Consulta - di «una ipotesi di sanzione di carattere schiettamente personale», che «viene direttamente ad incidere sull'autorizzazione alla guida». La Consulta ha aggiunto che
«resta, tuttavia, ferma - ovviamente - la possibilità per il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, di conferire alla materia un nuovo e diverso assetto».
IL VICEMINISTRO PROTESTA - «Per garantire diritti generali e
formali, si inficia il diritto alla sicurezza e, conseguentemente alla vita», reagisce subito il viceministro ai trasporti, Mario Tassone.
«Rispetto la decisione della Consulta - spiega Tassone - ma resto molto perplesso». «Il ragionamento che si era fatto anche nelle aule parlamentari - prosegue il viceministro - è che il proprietario dell'automobile deve essere consapevole della persona alla quale affida il suo veicolo. La filosofia del governo e del Parlamento era quella di una sicurezza stringente, nella valutazione che l'automobile può, per certi versi, essere assimilata a un' arma e, come tale, non può essere lasciata incustodita».
<b>ERA ORA...</b> :OK) :OK) :nod)
La Consulta intima l' altolà alla patente ai punti, e scatena polemiche. Con una sentenza depositata in cancelleria, la Corte costituzionale ha dichiarato parzialmente illegittimo il nuovo codice della strada: prima di togliere i punti dalla patente di guida deve essere identificato chi ha commesso l'infrazione. La pronuncia della Consulta, in particolare, si riferisce all'articolo 126 bis comma 2 del codice della strada nella parte in cui prevede che, in caso di mancata identificazione del trasgressore, i punti devono esser tolti al proprietario del veicolo, salvo che questi non comunichi, entro 30 giorni, il nome e la patente di chi guidava in quel momento l'auto.
SOLO UNA SANZIONE PECUNIARIA - La Corte Costituzionale ha stabilito infatti che se non vi è l'identificazione del guidatore, resta l'obbligo per il proprietario di fornire, entro 30 giorni, il nome e il numero della patente di chi ha commesso la violazione, ma se ciò non avviene a carico del proprietario dell'autoscatta solo la sanzione pecuniaria, e non quella accessoria della decurtazione dei punti. A sollevare la questione di legittimità della norma, sotto diversi profili, sono stati numerosi giudici di pace. La Consulta, ha ritenuto «fondate le censure di violazione dell'art. 3 sotto il profilo dell'irragionevolezza della disposizione , nel senso che - si legge nella sentenza scritta dal giudice costituzionale Alfonso Quaranta - essa dà vita a una sanzione assolutamente sui generis», in quanto la sanzione, «pur essendo di natura personale, non appare riconducibile ad un contegno direttamente posto in essere dal proprietario del veicolo e consistente nella trasgressione di una specifica norma relativa alla circolazione stradale». In altre parole, se a violare il codice della strada è stata un'altra persona diversa dal proprietario dell'auto, per la Corte è irragionevole che quest'ultimo rischi di vedersi togliere i punti dalla patente. Si tratta - spiega la Consulta - di «una ipotesi di sanzione di carattere schiettamente personale», che «viene direttamente ad incidere sull'autorizzazione alla guida». La Consulta ha aggiunto che
«resta, tuttavia, ferma - ovviamente - la possibilità per il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, di conferire alla materia un nuovo e diverso assetto».
IL VICEMINISTRO PROTESTA - «Per garantire diritti generali e
formali, si inficia il diritto alla sicurezza e, conseguentemente alla vita», reagisce subito il viceministro ai trasporti, Mario Tassone.
«Rispetto la decisione della Consulta - spiega Tassone - ma resto molto perplesso». «Il ragionamento che si era fatto anche nelle aule parlamentari - prosegue il viceministro - è che il proprietario dell'automobile deve essere consapevole della persona alla quale affida il suo veicolo. La filosofia del governo e del Parlamento era quella di una sicurezza stringente, nella valutazione che l'automobile può, per certi versi, essere assimilata a un' arma e, come tale, non può essere lasciata incustodita».
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