Il danese ha già siglato un precontratto per tre anni da 2,6 milioni all’anno
Milan-Poulsen: c’è la firma
Il mediano: « Contento che Galliani parli bene di me ma per ora non dico nulla»
E’iniziata l’opera diplomatica all’interno della squadra che dovrà accettarlo dopo il caso con Kaká. Ancelotti: «Non si comportò bene. Se lo vedrò qui, vi dirò che effetto fa»
CLAUDIO CASAGRANDE ANDREA PAVAN
MILANO. «Abbiate pazienza, riguardo un mio trasferimento al Milan adesso non vi dico niente. Non posso né ci tengo a fare commenti in merito, per poi vederli sui giornali: già ci sono abbastanza, sui giornali, italiani e tedeschi. Mister Galliani ha detto che sono un mediano tosto? Che potrebbero prendermi? Bene, mi fa piacere. Ha parlato lui. Io non parlo, ora. Anche perché ho raggiunto il ritiro della mia Nazionale e penso alla partita contro Israele. Da giovedì, eventualmente, tornerò a concentrarmi su altre cose». Così parlò Christian Poulsen al telefono sulla via di Tel Aviv, che non sarà Damasco ma non è troppo distante, e un poco alle folgorazioni si presta. E come definire altrimenti, se non folgorazione, quella che ha colto il Milan per il centrocampista danese dello Schalke 04? Già gli hanno fatto firmare una bozza di contratto.
Ebbene sì, la notizia è clamorosa. E non soltanto per una questione di tempistica (qui siamo praticamente al detto/fatto), considerato che un certo tipo di raid operativo è ormai prassi consolidata in questo anomalo mercato moderno, specie per quel che concerne la tratta degli svincolandi (vedi il fresco ancorché controverso e infine nullo precedente Juventus- Sagnol, o per restare in casa milanista l’ingaggio-blitz di Amoroso). Il clamore è inversamente proporzionale alla cordialità delle relazioni finora intercorse tra il succitato Poulsen e la squadra rossonera. Per non dire del suo rapporto con l’intera Italia calcistica, andata nel pallone all’Europeo per via di quelle vessazioni in marcatura su Totti, che aveva poi sputato fuori tutta la sua insofferenza. Non a caso, lo stesso Poulsen aveva confidato nei giorni scorsi di essere piuttosto preoccupato: non tanto per l’ostilità con cui avrebbero potuto accoglierlo nello spogliatoio di Milanello, quanto per il risentimento nazionalpopolare di tutto un paese colpito nell’orgoglio patrio, ora rititillato dalla gamba ingessata del martoriato signor Blasi. Senonché per uno con quella faccia tosta lì, capace di reggere muso contro muso con Gattuso, e di giocare una magnifica partita nel ritorno di Champions in uno stadio pregno d’atmosfera per lui negativa, figurarsi se l’ostacolo ambientale non è superabile, e il problema psicologico non rimuovibile. Del resto, prima di ratificare l’accordo sottoscritto col suo agente Joern Bonnesen
- si mormora di un triennale da 2,6 milioni a stagione: assai meno della richiesta, ma il Milan mica è il Villarreal («e io sceglierò in base alle mie ambizioni calcistiche», aveva avvertito Poulsen) - Galliani e Braida si sono ripromessi di avviare un’acconcia attività diplomatica in seno al gruppo: onde smaltire le scorie tossiche accumulate da quella sera di fine settembre a Gelsenkirchen. Già Ancelotti,
in vigilia di Palermo, su precisa sollecitazione aveva mostrato la faccia di chi da tempo è abituato a far buon viso a cattivo gioco (compreso quello molto in voga di non darlo più sulla panca del Milan dalla prossima stagione, complice l’infatuazione di Berlusconi
per Van Basten). «Di Poulsen parlai male perché in quell’occasione non si era comportato bene. Ora non so dirvi che effetto farebbe il suo ingresso nel nostro spogliatoio: quando e se ci sarà, vi racconterò l’effetto che fa». Non sono le parole di uno che ritiene impraticabile la cosa. Né lo sono state quelle di Shevchenko («non fatemi parlare di questo, per favore, sono decisioni che spettano alla società») e dell’interessato più diretto, cioè Kaká («vedremo, vedremo... »). Per tacere di cosa ha detto ieri Gattuso, del quale peraltro il danese potrebbe candidarsi a erede: più ancora che Diarra, l’Emerson del Lione, braccato dal Milan insieme al compagno Cris,
come ha confermato Jean-Michel Aulas, presidente dell’Olympique, al sito francese Sport365. Rinforzi a metà campo che renderebbero di nuovo plausibile la corte del Manchester United proprio a Gattuso, e pure a Vogel.
A casa Milan trapela quasi paura, o almeno imbarazzo, nell’affrontare l’argomento-Poulsen: come se fosse una faccenda reale, concreta. Riflessioni che coinvolgono i tifosi: spiazzati dall’ingaggio di un giocatore che, per quanto bravo, sono stati spinti a detestare. E il cui nome, nel disorientamento di curva rossonera, viene associato a Materazzi.
Il Milan invaghito dei nemici, pensa un po’.
Milan-Poulsen: c’è la firma
Il mediano: « Contento che Galliani parli bene di me ma per ora non dico nulla»
E’iniziata l’opera diplomatica all’interno della squadra che dovrà accettarlo dopo il caso con Kaká. Ancelotti: «Non si comportò bene. Se lo vedrò qui, vi dirò che effetto fa»
CLAUDIO CASAGRANDE ANDREA PAVAN
MILANO. «Abbiate pazienza, riguardo un mio trasferimento al Milan adesso non vi dico niente. Non posso né ci tengo a fare commenti in merito, per poi vederli sui giornali: già ci sono abbastanza, sui giornali, italiani e tedeschi. Mister Galliani ha detto che sono un mediano tosto? Che potrebbero prendermi? Bene, mi fa piacere. Ha parlato lui. Io non parlo, ora. Anche perché ho raggiunto il ritiro della mia Nazionale e penso alla partita contro Israele. Da giovedì, eventualmente, tornerò a concentrarmi su altre cose». Così parlò Christian Poulsen al telefono sulla via di Tel Aviv, che non sarà Damasco ma non è troppo distante, e un poco alle folgorazioni si presta. E come definire altrimenti, se non folgorazione, quella che ha colto il Milan per il centrocampista danese dello Schalke 04? Già gli hanno fatto firmare una bozza di contratto.
Ebbene sì, la notizia è clamorosa. E non soltanto per una questione di tempistica (qui siamo praticamente al detto/fatto), considerato che un certo tipo di raid operativo è ormai prassi consolidata in questo anomalo mercato moderno, specie per quel che concerne la tratta degli svincolandi (vedi il fresco ancorché controverso e infine nullo precedente Juventus- Sagnol, o per restare in casa milanista l’ingaggio-blitz di Amoroso). Il clamore è inversamente proporzionale alla cordialità delle relazioni finora intercorse tra il succitato Poulsen e la squadra rossonera. Per non dire del suo rapporto con l’intera Italia calcistica, andata nel pallone all’Europeo per via di quelle vessazioni in marcatura su Totti, che aveva poi sputato fuori tutta la sua insofferenza. Non a caso, lo stesso Poulsen aveva confidato nei giorni scorsi di essere piuttosto preoccupato: non tanto per l’ostilità con cui avrebbero potuto accoglierlo nello spogliatoio di Milanello, quanto per il risentimento nazionalpopolare di tutto un paese colpito nell’orgoglio patrio, ora rititillato dalla gamba ingessata del martoriato signor Blasi. Senonché per uno con quella faccia tosta lì, capace di reggere muso contro muso con Gattuso, e di giocare una magnifica partita nel ritorno di Champions in uno stadio pregno d’atmosfera per lui negativa, figurarsi se l’ostacolo ambientale non è superabile, e il problema psicologico non rimuovibile. Del resto, prima di ratificare l’accordo sottoscritto col suo agente Joern Bonnesen
- si mormora di un triennale da 2,6 milioni a stagione: assai meno della richiesta, ma il Milan mica è il Villarreal («e io sceglierò in base alle mie ambizioni calcistiche», aveva avvertito Poulsen) - Galliani e Braida si sono ripromessi di avviare un’acconcia attività diplomatica in seno al gruppo: onde smaltire le scorie tossiche accumulate da quella sera di fine settembre a Gelsenkirchen. Già Ancelotti,
in vigilia di Palermo, su precisa sollecitazione aveva mostrato la faccia di chi da tempo è abituato a far buon viso a cattivo gioco (compreso quello molto in voga di non darlo più sulla panca del Milan dalla prossima stagione, complice l’infatuazione di Berlusconi
per Van Basten). «Di Poulsen parlai male perché in quell’occasione non si era comportato bene. Ora non so dirvi che effetto farebbe il suo ingresso nel nostro spogliatoio: quando e se ci sarà, vi racconterò l’effetto che fa». Non sono le parole di uno che ritiene impraticabile la cosa. Né lo sono state quelle di Shevchenko («non fatemi parlare di questo, per favore, sono decisioni che spettano alla società») e dell’interessato più diretto, cioè Kaká («vedremo, vedremo... »). Per tacere di cosa ha detto ieri Gattuso, del quale peraltro il danese potrebbe candidarsi a erede: più ancora che Diarra, l’Emerson del Lione, braccato dal Milan insieme al compagno Cris,
come ha confermato Jean-Michel Aulas, presidente dell’Olympique, al sito francese Sport365. Rinforzi a metà campo che renderebbero di nuovo plausibile la corte del Manchester United proprio a Gattuso, e pure a Vogel.
A casa Milan trapela quasi paura, o almeno imbarazzo, nell’affrontare l’argomento-Poulsen: come se fosse una faccenda reale, concreta. Riflessioni che coinvolgono i tifosi: spiazzati dall’ingaggio di un giocatore che, per quanto bravo, sono stati spinti a detestare. E il cui nome, nel disorientamento di curva rossonera, viene associato a Materazzi.
Il Milan invaghito dei nemici, pensa un po’.