Crollo delle azioni BMW: i profitti continuano a non crescere
Non basta registrare buoni risultati nelle vendite per un costruttore d’auto, ed il caso BMW ne è forse la testimonianza più eloquente. Il campanello d’allarme era stato lanciato da Credit Suisse all’immediata vigilia della grossa conferenza stampa indetta dalla Casa a Monaco a fine settembre: in quell’occasione l’istituto di credito, nella persona di un suo autorevole analista, sottolineò gli scarsi ritorni sul capitale investito e i bassi profitti provenienti dalle vendite, che già da qualche anno mettono in difficoltà il marchio bavarese nel pagamento dei dividendi agli azionisti, problema che si sta trasformando in una vera spada di Damocle alla luce di quanto accaduto ieri.
Alla lettura del comunicato riguardante i profitti del terzo trimestre 2007, c’è stata infatti l’ennesima amara sorpresa: dopo il secco -4,3% del precedente trimestre, ancora una volta non sono stati raggiunti gli obiettivi, e molti risparmiatori hanno venduto le proprie quote, facendo scendere il titolo, nella sola giornata di ieri, di quasi il 5%.
Gli analisti attribuiscono questi allarmanti risultati finanziari alla “visione poco ambiziosa” dell’amministratore delegato Reithofer, nonostante questi abbia parlato proprio in settembre dell’obiettivo di vendere 1.800.000 BMW nel 2012. Il diretto interessato ha risposto alle critiche con un nuovo proclama, ancora più audace, per non dire velleitario: “Per quello che riguarda i volumi di vendita, non solo abbiamo l’obiettivo degli 1,8 milioni per il 2012, ma intendiamo raggiungere i 2 milioni nel 2020 e diventare i leader di ogni segmento in cui siamo presenti.”