La sospensione dell'autoveicolo – Approfondimenti VOL. 4

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18 Settembre 2004
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Forze trasversali scambiate tra pneumatico e strada.

Angolo di deriva e angolo di sterzo.

Per la valutazione ed analisi di queste forze dobbiamo prima definire alcune grandezze.
La prima è l’angolo di deriva del pneumatico.
Osservate la figura sottostante:

Figura%2001.jpg


Abbiamo una ruota che rotola, in rotolamento puro (cioè senza coppie motrici o frenanti). Si definisce angolo di deriva, generalmente (anzi, quasi sempre) indicato con la lettera greca α (alfa), l’angolo formato dall’asse della ruota e la velocità V, ossia dall’asse x e il vettore velocità V. L’angolo di deriva regola il funzionamento del pneumatico in curva.

Attenzione: l'angolo di deriva NON e' l'angolo di sterzo!
NON CONFONDETELO CON L'ANGOLO DI STERZO!
L'angolo di sterzo e' l'angolo di cui le ruote sono ruotate a causa dell'azione imposta sul volante: io giro il volante di tot gradi e le ruote formano un angolo, rispetto all'asse della vettura, di un certo valore (poi vedremo che questo valore non e' uguale per la ruota destra e per quella sinistra).
Si definisce un RAPPORTO DI STERZO (indicato in genere con la lettera greca tau (τ)):

τ = Av/Ar

dove:
Av e' l'angolo volante (cioè di quanto giro il volante partendo dalla posizione 0 corrispondente alle ruote diritte);
Ar e' l'angolo di cui ruotano le ruote.

Tanto per intenderci, la 147 ha (aveva) un τ di 11 a fronte di una media del mercato di 17 (le migliori hanno/avevano 16).

L’angolo di sterzo COMPRENDE l'angolo di deriva. Guardate il disegno qui sotto e capirete: quello indicato con la lettera greca delta (δ) dorata e' l'angolo di sterzo; quello con αf (angolo di deriva forward, cioè davanti) e' appunto l'angolo di deriva.

Figura%2002.jpg


Momento autoallineante.

Se il pneumatico si muove con un certo angolo di deriva, la forma della zona di contatto risulta notevolmente distorta.
Osservate la figura qui sotto.

Figura%2003.jpg


Prendiamo un punto, posto sul battistrada nel piano di simmetria della ruota.
Nell’avvicinarsi al punto di contatto A con il terreno, questo punto tenderà a muoversi, relativamente al centro della ruota, secondo la direzione di V e quindi, ad uscire dal piano medio della ruota. Quando entra in contatto col suolo, e fino al punto B, la sua velocità (relativa al centro ruota) ha la direzione di V. Quando raggiunge B, le forze di richiamo verso il piano di simmetria sono tali da farlo deviare, costringendolo a strisciare sul terreno. Questo strisciamento prosegue per tutta la restante parte di contatto col suolo, fino a C.
Quindi, possiamo suddividere la zona di contatto del battistrada col suolo in due parti: una prima zona (da A a B) in cui NON si ha strisciamento e una seconda zona (da B a C) in cui SI HA strisciamento.

Questa zona è tanto più grande quanto maggiore è l’angolo di deriva (guardate, nella seconda parte di questo disegno, come varia la zona di strisciamento in funzione dell’angolo di deriva: si parte da un angolo di deriva di 8 gradi per arrivare a 1 grado: si vede che la zona di strisciamento si riduce).

La risultante Fy della distribuzione delle pressioni tangenziali, che si indicano con la lettera greca tau (τ) NON è applicata al centro dell’orma di contatto. Bensì in un punto a distanza t dal centro dell’orma di contatto, verso IL DIETRO (in posizione arretrata). Guardate il disegno seguente e capirete: riporta i grafici della distribuzione della forza verticale (il secondo grafico) e della forza laterale Fy. In ascisse è riportata la corda dell’area di contatto.
Vedete che la forza laterale Fy NON è applicata al centro dell’orma ma è spostata indietro a distanza t dal centro stesso?

Figura%2004.jpg


In conseguenza di ciò, nasce un momento che risulta essere definito come il prodotto della forza Fy moltiplicata per il braccio t

Mz = Fy t

Questo momento prende il nome di momento autoallineante perché tende a riportare il piano di simmetria della ruota nella direzione della velocità V, cioè tende a fare “riallineare” la ruota. Insomma, quando nasce un angolo di deriva α nasce contemporaneamente una distribuzione di sforzi tangenziali tale da generare una forza trasversale Fy che, spostata rispetto al centro dell’orma di contatto, genera a sua volta un momento autoallineante.
L’andamento del momento autoallineante, al variare del carico verticale (peso) e in funzione dell’angolo di deriva α, è riportato nella figura sottostante.

Figura%2005.jpg


Come potete vedere dal grafico, la forza Fy è funzione (come detto) dell'angolo di deriva. ma pure di altre grandezze fisiche (come la pressione, il carico verticale, etc. ma le vedremo dopo).

La forza Fy (misurata in Kg, in Libbre o altre unità di misura) cresce, ai primi angoli di deriva, in modo rapido e abbastanza lineare. Poi si tende a perdere in linearità per arrivare a un "ginocchio" (quello corrispondente al valore 1800), cui corrisponde un valore di angolo di deriva (nel nostro caso, 6,5 gradi). Questo punto corrisponde al valore di Fy "di picco", cioè al massimo valore di Fy, che il pneumatico può esprimere AD UN PARTICOLARE VALORE DI CARICO VERTICALE. Il valore di angolo di deriva (il 6,5) è quello corrispondente al valore di forza laterale "di picco".

Oltre questo picco la forza laterale comincia a calare. in modo più o meno repentino. Una delle caratteristiche che distinguono i vari pneumatici è proprio la repentinità (che corrisponde alla mancanza di progressività) con cui la forza laterale diminuisce. ATTENZIONE: ho scritto che diminuisce, non SI ANNULLA!
Però, se diminuisce in modo brusco significa che, arrivato ad un certo valore di sterzata (e quindi di angolo di deriva) passo da una tenuta elevata ad una bassa tenuta. all'avantreno, questo comporterà che la macchina diventerà improvvisamente molto sottosterzante (attenzione, NON sottosterzante e basta; ma MOLTO sottosterzante, cioè MOLTO PIU' sottosterzante) fino ad andare diritta se continuo a girare il volante.
Dietro, avrò il comportamento opposto: sovrasterzo (più o meno repentino). Infatti, il modo con cui il pneumatico riduce la sua aderenza dopo il massimo è una delle cose più importanti di cui tenere conto quando si fa la messa a punto dell'auto (e del pneumatico stesso): in genere, si preferisce avere pneumatici "progressivi" che ti avvisano: rendono la macchina più progressiva e meglio gestibile al limite.

La grossa differenza tra pneumatici da strada e pneumatici racing è proprio questa. Se notate, la scritta "for racing purposes only, not for highway use" che compare sui racing viene messa proprio per questa ragione.
Fateci caso: compare non solo sui pneumatici da asciutto (senza scolpiture) ma anche sui pneumatici "rain". Non importa che non abbiano battistrada scolpito, importa come si comportano al limite. E’ vero che hanno una maggiore tenuta, ossia riescono ad esprimere una molto maggiore Fy; ma, una volta superato il massimo valore di Fy, crollano bruscamente. Infatti, l'abilità dei piloti è proprio quella di sfruttare il pneumatico facendolo lavorare sul limite, senza mai superarlo...

Rigidezza di deriva.

La curva della spinta laterale in funzione dell’angolo di deriva (α) ha un primo tratto lineare. Questa è la zona dove il comportamento del pneumatico viene considerato lineare, ossia in cui la spinta laterale cresce LINEARMENTE con l’aumentare dell’angolo di deriva. Quindi, sul grafico riportato più avanti, il comportamento lineare del pneumatico è indicato con una retta. Il coefficiente angolare di questa retta, cioè la sua “pendenza” (nell’origine), prende il nome di RIGIDEZZA DI DERIVA del pneumatico. La rigidezza di deriva è un parametro fondamentale del pneumatico, perché ne definisce le caratteristiche fondamentali: un pneumatico con una maggiore rigidezza in deriva di un altro sarà un pneumatico che spinge di più da subito….
Se prendete la vostra auto e le sostituite i pneumatici con altri caratterizzati da una superiore rigidezza di deriva avrete, come conseguenza, una vettura più reattiva, più pronta quando toccate il volante; e, sterzando poco, a pari angolo volante, sentirete che l’avantreno “spinge” di più.
Ora, la rigidezza in deriva dipende dal carico verticale che agisce sul pneumatico. Ma come? Mica che la sua dipendenza è lineare…NO. O, quantomeno, la sua dipendenza è lineare (cioè proporzionale) con il carico normale solo per bassi valori di carico normale (cioè, per intenderci meglio, di peso, se siamo in piano…). Per valori più alti, la rigidezza di deriva cresce in maniera molto meno sensibile, al punto che si può spesso ritenere che si raggiunga una sorta di saturazione. Questo, tanto per completare il discorso. Ma se vi complica le cose, lasciate perdere. Ricordatevi solo che cos’è la rigidezza di deriva e che cosa “traduce” in termini pratici.
Quindi, il primo tratto della curva che lega la forza trasversale Fy con l’angolo di deriva è di tipo lineare e traduce la linearità con cui le due grandezze del pneumatico sono in relazione.
Non è un caso che questa zona sia la zona in cui si ritiene che il comportamento del pneumatico sia LINEARE. Attenzione: solo in questa zona (cioè a bassi valori di α) il pneumatico viene considerato lineare. Oltre, no.
Infatti, oltre questa zona, si ha una zona di transizione detta appunto “transizionale”. E, oltre a questa, una zona definita di “scorrimento per attrito”. Per spiegare la quale dovrei introdurre il concetto di scorrimento laterale (che vedremo in seguito).
Comunque, le tre zone le potete vedere nel grafico allegato:

Figura%2006.jpg


La rigidezza di deriva di calcola come:

Cα = Fy / α

Tenete bene a mente questa formula.

Tutto quanto detto finora è stato fatto mantenendo il carico verticale Fz costante.
Ma il carico verticale sul pneumatico è largamente variabile a causa delle inerzie che agiscono sull’auto. Pensate, per esempio, a quando fate una curva: cosa succede col “trasferimento di carico”? La ruota esterna si carica, per inerzia, e quindi la forza verticale che agisce su di essa aumenta; contemporaneamente, e per lo stesso motivo, la ruota interna si scarica (della stessa quantità).
Ora, come si comporta in queste condizioni il pneumatico? Cioè, detto in altre parole, come varia la curva Fy in funzione di α con il variare del carico verticale (Fz)?
Prima di tutto, la rigidezza di deriva Cα varia, di sicuro. Però la crescita di Cα con Fz (cioè al crescere del carico verticale sulla ruota stessa) è sempre meno pronunciata con l’aumentare del carico Fz stesso, fino ad arrivare ad una specie di saturazione. Anzi, in certi casi, con certi tipi di pneumatici, si ha addirittura una diminuzione di Cα quando il carico verticale Fz cresce fino a superare un certo valore limite. Diciamo che questo valore limite, per i pneumatici da auto, è dell’ordine dei 400-500 Kg….

Anche la forza laterale Fy cresce in maniera meno che propozionale al crescere di Fz.
Questa crescita meno che proporzionale (sempre a parità di angolo di deriva α), al crescere di Fz, è ben descritta dal grafico successivo.

Figura%2007.jpg


Tre curve. Tre grafici come quelli precedenti, tanto per intenderci. E’ come se fossero tre grafici Fy in funzione di α (naturalmente a tre differenti valori di Fz) sovrapposti. Come potete vedere, le tre forze verticali sono 900, 1350 e 1800 libbre: perché possiate capire, è come se sulla ruota che stiamo esaminando gravasse un peso di 900, 1350 e 1800 libbre.
Prendete un punto qualsiasi della curva a 900 libbre. Per esempio, perché sia più evidente il concetto, il punto della curva corrispondente a 3,5 gradi di deriva. La ruota che stiamo considerando, gravata di un peso di 900 libbre e in deriva di 3,5 gradi, spinge (cioè esprime una forza trasversale) per (circa) 800 libbre.
Supponiamo la stessa ruota, con la stessa deriva (3,5 gradi), ma stavolta gravata di 1350 libbre. Quanto spinge? Diciamo circa 1100 libbre. E se viene caricata con 1800 libbre (ma con deriva sempre di 3,5 gradi)? Solo 1300 libbre circa. Lo vedete, dunque, che, anche se ho RADDOPPIATO il carico verticale, la forza trasversale è cresciuta appena del 62%?
E se fossi andato avanti a caricare la ruota, magari con oltre 2300 libbre, sicuramente avrei visto forze trasversali di circa 1500-1600 libbre….
Insomma, le curve, se fossi andato avanti a caricare la ruota, si sarebbero fatte sempre più fitte e vicine verso una curva “limite”, oltre la quale non si va (si dice che la gomma "satura").


Carpet di deriva

Figura%2008.jpg


Il carpet di deriva riporta le forze Fy in funzione dell’angolo di deriva per diversi valori del carico verticale, con l’accortezza di TRASLARE lungo le ascisse le curve ottenute per diversi valori di Fz di quantità PROPORZIONALI al carico stesso.
Per poter leggere un diagramma di questo tipo, poiché le varie curve sono “shiftate” a seconda del carico verticale, bisogna riportare anche le curve “iso-deriva”, come appunto è riportato in quel grafico.


Influenza dell’angolo di camber sulla forza trasversale – spinta di campanatura.

Sappiate che non è necessario che la ruota abbia un angolo di deriva α perché possa generare una forza trasversale Fy.
Ricordate quando, nel discutere degli angoli delle ruote, abbiamo parlato del camber? Ricordate che vi ho detto che, in presenza di camber, si genera una spinta laterale? Bene, è proprio così: quando è presente un angolo di camber, indicato con la lattera greca gamma (γ) si instaura una forza (spinta) laterale chiamata spinta di campanatura. Questo, anche se non ho deriva.
L’andamento di questa spinta in funzione dell’angolo di camber è riportato nella figura allegata.
Come potete vedere, la forza Fy varia linearmente con l’angolo di camber γ, ossia più aumento il camber più ho forza trasversale.

Figura%2009.jpg


Attenzione: sull'asse delle ordinate, leggete
- Fy
Quindi, secondo le convenzioni indicate nel grafico, la forza Fy sarà diretta verso destra (dove pende la ruota tanto per capirci).

Naturalmente, anche la forza Fy generata dal camber dipende dal carico verticale sulla ruota, nel senso che varia con questo. Come? Lo vedete nel grafico seguente: al crescere di Fz cresce Fy, ma sempre tendendo alla saturazione.

Figura%2010.jpg


Analogamente a quanto abbiamo definito per la forza Fy dovuta alla DERIVA, cioè Fy = Cα * α (cioè la forza Fy è uguale al prodotto della rigidezza in deriva Cα per il valore dell’angolo di deriva α), anche nel caso della spinta per CAMBER possiamo definire, almeno per piccoli angoli di camber, che la spinta di campanatura (sempre Fy) varrà Fy = Cγ * γ ossia la spinta Fy è uguale al prodotto della rigidezza di campanatura Cγ per il valore dell’angolo di camber γ.

Insomma, abbiamo introdotto due rigidezze: la rigidezza di deriva (per la deriva) e la rigidezza di campanatura (per il camber). entrambe vanno moltiplicate, ovviamente, per l'angolo (di deriva o di camber).

Quindi, almeno per piccoli angoli di deriva e camber, possiamo utilizzare un legame linearizzato per esprimere la dipendenza di Fy dalla deriva e dal camber, scrivendo che, in generale, la spinta laterale Fy che una ruota è in grado di generare dipende sia dal camber sia dalla deriva.
In questo modo:

Fy = Cα * α + Cγ * γ

A questo punto, combinando opportunamente deriva e camber possiamo avere una forza laterale Fy nulla sulla ruota. Ossia, se siamo costretti, per qualche motivo, ad avere un certo camber, possiamo lavorare sulla deriva. Viceversa, se siamo costretti ad mantenere un certo angolo di deriva, possiamo lavorare sul camber (mica troppo in entrambi i casi, perché poi rischiamo di consumare troppo le gomme). Basta annullare la relazione precedente imponendo che sia Fy = 0.


Necessità dell’adozione della barra antirollìo.

Concludiamo il discorso sui pneumatici e sulle forze scambiate tra pneumatico e strada introducendo anche una giustificazione tecnica della presenza della barra antirollio.
Tutto nasce dalla considerazione che, come dovreste ormai sapere, il comportamento (la risposta) del pneumatico alle variazioni di carico verticale è NON LINEARE.
Se riprendete il sesto disegno inserito, vedete che le curve si fanno sempre più fitte e vicine verso una curva “limite”, oltre la quale non si va.
Questo perché – ripeto - il comportamento del pneumatico, al variare del carico verticale, è non lineare (fortemente non lineare!). E guardate, sempre in quel grafico che la “saturazione” del pneumatico è più evidente soprattutto ai bassi angoli di deriva.

Guardate adesso questa figura:

Figura%2011.jpg


Consideriamo la nostra macchina e supponiamo di stare viaggiando in rettilineo. Sperando che la macchina sia simmetrica (non è sempre così….) su ogni ruota dello stesso asse dovrebbe gravare lo stesso carico verticale (la quota di peso, ed eventualmente le azioni aerodinamiche, e anche di trasferimento di carico longitudinale dovuto alle azioni di frenatura o trazione, che “dovrebbero” –il condizionale è d’obbligo- essere applicate al baricentro che, a sua volta, dovrebbe stare sull’asse di simmetria longitudinale).
Significa che, se applico un certo angolo di deriva α (parte superiore del grafico, indicato con la lettera α con sopra una riga) ad entrambe le ruote caricate in modo uguale, avrò una forza Fy totale che è la somma della Fy della ruota di destra e della Fy della ruota di sinistra, entrambe uguali.

Se, però, ho trasferimento di carico (cosa che succede SEMPRE nella realtà, su QUALSIASI auto. L’unica cosa che varia è l’ENTITA’ del trasferimento di carico stesso, ossia quanto è grande ‘sto trasferimento di carico: tanto maggiore sarà il trasferimento di carico, tanto più evidente, vero e apprezzabile sarà il ragionamento che stiamo facendo) tra una ruota e l’altra, le cose cambiano.
Supponiamo adesso che ad una delle due ruote, quella esterna alla curva, venga applicata una certa quantità ΔFz di peso, cioè il contributo dovuto al trasferimento di carico (poi, vedremo quanto vale…); e che sulla ruota opposta, quella interna, sia SOTTRATTA la stessa quantità di peso ΔFz. Siamo, allora, nella condizione descritta nella seconda parte della figura. Come potete vedere, allo stesso angolo di deriva α di prima (cioè a quell’ α con sopra una riga della parte superiore del disegno), la diminuzione di forza Fy corrispondente alla curva che lega la forza trasversale (Fy) in funzione dell’angolo di deriva per il valore di carico verticale Fz- ΔFz non è compensato dall’incremento di forza Fy descritto dalla curva che lega la forza trasversale (Fy) in funzione dell’angolo di deriva per il valore di carico verticale Fz+ ΔFz. Per cui, per avere la stessa Fy totale (cioè per poter fare la curva), somma di Fy della ruota destra e di Fy della ruota sinistra (entrambe con il loro contributo, positivo o negativo, di trasferimento di carico), sarò costretto, per forza, ad aumentare l’angolo di deriva.

Supponiamo che, in rettilineo, su entrambe le ruote gravi lo stesso peso (1350 libbre). Considero il trasferimento di carico e, in curva, una delle due ruote (quella interna) va a 900 libbre; l’altra, quella esterna, a 1800 libbre.
Prima di andare avanti, vale la pena di dire che il ragionamento che stiamo facendo è valido se consideriamo che entrambe le ruote dello stesso asse lavorano con angoli di deriva uguali (ma NON è così..).
Ora, se l’angolo di deriva a cui lavorano le due ruote è piccolo, la non linearità di comportamento del pneumatico in funzione del carico verticale è sì più evidente, ma comunque le differenze di Fy sono minime. Lo stesso, naturalmente, si può dire del trasferimento di carico: se è piccolo, ha poca influenza sulle variazioni di forza trasversale, mentre se è maggiore (alto) la riduzione di rigidezza di deriva sull’asse meno caricato non è compensata dall’aumento su quello più carico.
Ora, se con le due ruote caricate di 1350 libbre, con 3 gradi di deriva ogni ruota spingeva di poco meno di 1200 libbre (quindi, in totale, 2400 libbre tutto l’asse), la somma dei contributi delle due ruote sottoposte al trasferimento di carico sarà 800 (quella interna) + 1150 (quella esterna). Cioè 1950 libbre. Molto meno del caso delle due ruote con carico uniforme. Per ripristinare la forza originaria dovrò aumentare, dunque, l’angolo di deriva (andando quasi a 4 gradi, come da grafico sottostante).
Le barre antirollio traggono la loro ragion d’essere proprio da questo comportamento assolutamente non lineare del pneumatico. Applicando la barra, aumenta la rigidezza al rollio (potete immaginare cosa sia: è qualcosa di simile alla rigidezza di deriva o di camber, etc. In futuro vedremo bene cos’è); aumenta il trasferimento di carico su quell’asse (per una legge ben precisa: poi vedremo) e si riduce, di conseguenza, la rigidezza di deriva (e quindi la forza trasversale Fy), cioè la forza laterale in funzione dell’angolo di deriva.
Ad esempio, montando una barra sull’avantreno si spinge il comportamento direzionale del veicolo verso il sottosterzo.

Figura%2012.jpg


Per chiarirvi ulteriormente il discorso con le barre antirollio, guardate il prossimo grafico che pone in relazione il comportamento di un veicolo rispettivamente con e senza barre antirollio.
Come potete vedere, con la barra, all'inizio (cioè a bassi valori di Ay e quindi a bassi valori di rollio) avete più prontezza e meno sottosterzo; al crescere dell'accelerazione trasversale, la macchina con le barre ha più sottosterzo di quella senza.

figura%2013.jpg


Ora, quanto più la barra è grossa, tanto maggiore questo fenomeno sarà evidente.

Di per sé (per fare un esempio pratico), la BMW utilizza barre di grosse dimensioni.
In più, usa pneumatici super ribassati e di grande impronta a terra.
Dovete sapere che la curva, ben nota, che lega la forza laterale Fy in funzione dell'angolo di deriva risulta tanto meno progressivo quanto più basso è il rapporto d'aspetto (e ampia l'impronta a terra).
Inoltre, le BMW sono auto che hanno angoli di sterzo molto elevati: ricordate il discorso sui bracci a terra, che variano in funzione dell'angolo di sterzo?
Bene: adesso legate tutte le cose assieme.

Quando guidate una BMW, noterete che, ai primi angoli di sterzo, la vettura è praticamente NON reattiva (cioè, per i primi 10/15 gradi, se girate il volante dapprima non avete risposta alcuna; poi la macchina "viene", risponde); superata questa fase, avete una discreta (discreta, non ottima) prontezza. Ma se andate oltre, soprattutto se state spingendo un po', vi troverete (se avete staccato il controllo di stabilità) ad un certo punto con un sensibile sottosterzo, decisamente poco progressivo. Insomma, sterzate un po' e la macchina accetta un ulteriore incremento dell'angolo volante; continuate a sterzare e la capacità di accettare ulteriori incrementi diminuisce; ad un certo punto, quasi repentinamente, la macchina non riesce più a digerire ulteriori incrementi di angolo e, di colpo, perdete aderenza. NON solo: una volta che avete perso aderenza, il riallineamento spontaneo è molto difficoltoso. Peggio: se siete presi dal "panico" (condizione comune per un utente normale in queste condizioni) e non riallineate voi il volante, oltre un certo angolo la sterzata si autoesalta!!! Tutto il contrario di quello che dovrebbe essere un comportamento sano dell'auto.
In pratica, una volta persa aderenza sull'avantreno, peraltro in maniera poco progressiva ma repentina, dovete darvi da fare per riguadagnare aderenza. E i bracci a terra, oltre un certo angolo di sterzo, non consentono il ritorno spontaneo delle ruote in posizione rettilinea; anzi, accentuano il fenomeno della sterzata!!!

Un brutto comportamento insomma (un'alfa, queste cose, non si sogna nemmeno di farle)!

Perché allora queste scelte? Diciamo che:

1. in BMW vogliono (come anche in Mercedes e, in parte, Audi) avere macchine che consentano una certa agilità di comportamento nelle manovre in spazi stretti, soprattutto perché le loro macchine sono grandi...e poi se lo possono permettere perché hanno il vantaggio di avere motori longitudinali...

2. occorre cambiare lo stile di guida: come ho già avuto modo di dire (scrivere) in una prova pubblicata da EVO tempo fa, con questo tipo di macchine in pratica si guida "limando" il sottosterzo: si imposta e poi si usa il gas per gestire il livello di sottosterzo dell'auto e per fare la curva...è un tipo di guida che viene usato soprattutto da quelli che corrono nel FIA GT...

3. va comunque tenuto presente che la maggior parte della gente tiene attivo il controllo di stabilità. e, nel caso lo disinserisca, se va a picchiare imputa il disastro alla propria incapacità (il che è vero....ma non solo): quante persone avete mai visto, in occasione di un incidente, che siano state in grado di dare un serio giudizio tecnico riguardo il comportamento della macchina che stavano guidando? Al limite, avranno detto: "colpa mia"; oppure: "mi è partita..."
Difficilmente sono in grado di affermare: "è per colpa di..."

Per cui, le Case (TUTTE le Case) vanno sul velluto....


Limite di aderenza del pneumatico.

Diciamo che una ruota dotata di pneumatico (e sottoposta ad una forza normale al terreno) può generare una quantità limitata di azioni (di forze, per intenderci), conseguenza degli scorrimenti longitudinali e trasversali, quando il pneumatico è sottoposto CONTEMPORANEAMENTE a forze longitudinali (di trazione o frenatura) e trasversali (curve). Quindi, le risultanti delle forze longitudinali e trasversali non devono oltrepassare, non devono superare, la forza di reazione al terreno generata da tutti gli elementi in contatto con il terreno. Insomma, per farla breve, la risultante delle forze longitudinali e trasversali generate dal pneumatico NON devono oltrepassare un cerchio “limite” che rappresenta il limite di aderenza offerto dal pneumatico. Non so se sono riuscito a spiegarmi.
Guardate le figura allegata sotto.
Il cerchio limite di aderenza mi dice che, quando la forza longitudinale dovuta alle azioni di frenatura o di trazione è elevata (è “tanta”), il mio pneumatico può “esprimere” solo una “minima” forza in senso trasversale; può, in altri termini, impiegare poca “tenuta” in senso trasversale. Viceversa, se sto facendo una curva molto velocemente, e impiego molta forza in senso trasversale (molta tenuta), potrò esprimere poca forza in senso longitudinale (per frenare, per esempio).
Questo fatto spiega perché, per esempio, è impossibile frenare e curvare “forte” contemporaneamente: o freno; o faccio la curva velocemente. Le due cose assieme sono impossibili da farsi.
Mettiamola in un altro modo. Supponiamo che il mio pneumatico possa “spendere” un valore che impongo essere 10 in termini di aderenza.
Se, di questa aderenza, impiego 6 per frenare, non mi rimarrà che 4 da spendere in senso trasversale. E viceversa: se spendo 8 della mia aderenza per fare la curva, mi rimane 2 di aderenza da spendere per la frenata….

figura%2014.jpg


Ora, tanto per dire le cose esatte, questo cerchio, che in termini tecnici è definito “cerchio di Mohr”, nel caso del pneumatico NON è un cerchio, ma un ellisse, perché in realtà, prevale un po’ il limite di aderenza in senso longitudinale. Ma agli effetti del nostro discorso, questo fatto è sicuramente trascurabile.


:grazie) Alfistavero
 
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