Economia: effetti della delocalizzazione selvaggia...[PESANTE]

perchè non fate i nomi delle aziende?
Comunque per la delocalizzazione c'è solo da darsi da fare perchè non abbiamo neanche il tempo di piangerci addosso. Riflettete anche sul fatto che la delocalizzazione comincia a colpire persino la famigerata Cina che sposta le fabbriche in .... COREA DEL NORD , un paese dove regna una dittatura assoluta , un paese dove la luce la spengono alle 23.00 ed è già molto se hanno la corrente elettrica ecc ecc.
riassumendo... il capitalismo selvaggio non si fermerà davanti a niente

ps : io lavoro in tutt'altro settore . frutticolo , produzione e vendita e queste cose si sentono anche qui
 
Provo con un :up) ............giusto per approfondire il discorso sull'emigrazione del singolo.

Xanto, per esempio........se nn erro vivi a Milano.

Mai pensato alla swissera? :asd)

Pro e contro?
 
fatemi capire una cosa che non ho mai capito...
c'è l'IVA o simili a S.marino?
se c'è è il 20% come in italia?
o meno (ad esempio in germania è 16%...)

:scratch)
 
boniak":2ce77gi4 ha detto:
perchè non fate i nomi delle aziende?
Comunque per la delocalizzazione c'è solo da darsi da fare perchè non abbiamo neanche il tempo di piangerci addosso.

beh al tg regionale della lombardia ogni sera si sente di un'azienda che chiude i battenti per trasferire la produzione all'estero, ieri per fare un esempio la gaggia, famoso costruttore di macchine per il caffè, che vuole chiudere l'intera linea per trasferirla in romania
 
bejita":2q17imxq ha detto:
boniak":2q17imxq ha detto:
perchè non fate i nomi delle aziende?
Comunque per la delocalizzazione c'è solo da darsi da fare perchè non abbiamo neanche il tempo di piangerci addosso.

beh al tg regionale della lombardia ogni sera si sente di un'azienda che chiude i battenti per trasferire la produzione all'estero, ieri per fare un esempio la gaggia, famoso costruttore di macchine per il caffè, che vuole chiudere l'intera linea per trasferirla in romania

Il vero problema sono gli elevati costi di mano d'opera che ci sono nel nostro paese...la Romania, la Polonia, pur essendo entrata a far parte della Comunità Europea ( :sgrat) ...come non si sa..., ma è un'altro discorso, lasciamo perdere...) ha un livello davvero basso di costo della vita...è impensabile che due paesi come Italia e Romania vengano messi sullo stesso piano...tutto è proporzionato...ovviamente gli investitori italiani (avendo una liquidità proporzonata al costo della vita nel NOSTRO paese) andando lì ottengono maggiori profitti.
Sapete dove viene prodotta la Fiat Panda? ...in Polonia! ...come mai? nessuno se lo domanda...eppure lì gli operai hanno un'inquadratura "militare", vanno a mensa in fila indiana, si fa l'appello, le pause sono quasi inesistenti e il costo del lavoro è un decimo rispetto a quello che c'è da NOI.
...e sarà sempre peggio...siamo un paese che deve puntare sul turismo, il terziario avanzato e la tecnologia...sono finiti gli anni delle ditte e delle officine, se non si capirà questo rimarremo tagliati fuori dal mercato...
 
mancio83":20w2hx1k ha detto:
fatemi capire una cosa che non ho mai capito...
c'è l'IVA o simili a S.marino?
se c'è è il 20% come in italia?
o meno (ad esempio in germania è 16%...)

:scratch)

ma li non esistono aziende come le intendiamo normalmente che tasse vuoi che pagano... gliele paga chi come me ha un lavoro dipendente e non puo evedere nulla :asd) ( :cry: )
 
squalettoge":1wu5rv2e ha detto:
mancio83":1wu5rv2e ha detto:
fatemi capire una cosa che non ho mai capito...
c'è l'IVA o simili a S.marino?
se c'è è il 20% come in italia?
o meno (ad esempio in germania è 16%...)

:scratch)

ma li non esistono aziende come le intendiamo normalmente che tasse vuoi che pagano... gliele paga chi come me ha un lavoro dipendente e non puo evedere nulla :asd) ( :cry: )

mi spieghi meglio? (anche in pvt) se hai tempo... :grazie) :grazie)
 
IVAN":7qaq0rc4 ha detto:
bejita":7qaq0rc4 ha detto:
boniak":7qaq0rc4 ha detto:
perchè non fate i nomi delle aziende?
Comunque per la delocalizzazione c'è solo da darsi da fare perchè non abbiamo neanche il tempo di piangerci addosso.

beh al tg regionale della lombardia ogni sera si sente di un'azienda che chiude i battenti per trasferire la produzione all'estero, ieri per fare un esempio la gaggia, famoso costruttore di macchine per il caffè, che vuole chiudere l'intera linea per trasferirla in romania

Il vero problema sono gli elevati costi di mano d'opera che ci sono nel nostro paese...la Romania, la Polonia, pur essendo entrata a far parte della Comunità Europea ( :sgrat) ...come non si sa..., ma è un'altro discorso, lasciamo perdere...) ha un livello davvero basso di costo della vita...è impensabile che due paesi come Italia e Romania vengano messi sullo stesso piano...tutto è proporzionato...ovviamente gli investitori italiani (avendo una liquidità proporzonata al costo della vita nel NOSTRO paese) andando lì ottengono maggiori profitti.
Sapete dove viene prodotta la Fiat Panda? ...in Polonia! ...come mai? nessuno se lo domanda...eppure lì gli operai hanno un'inquadratura "militare", vanno a mensa in fila indiana, si fa l'appello, le pause sono quasi inesistenti e il costo del lavoro è un decimo rispetto a quello che c'è da NOI.
...e sarà sempre peggio...siamo un paese che deve puntare sul turismo, il terziario avanzato e la tecnologia...sono finiti gli anni delle ditte e delle officine, se non si capirà questo rimarremo tagliati fuori dal mercato...


Ottimo discorso........quoto tutto tranne l'ultima parte.

Non te la prendere, ma ragioni come uno statale.....quale sei.

Il discorso Romania/Polonia & c. per i pionieri della delocalizzazione (veneti in testa) e' gia' acqua passata.........sono passati all'estremo oriente gia' da qualche anno.
Il costo della vita in quei paesi sta salendo rapidamente (inflazione), lo stipendio medio idem.
La produttivita' e la mentalita' restano le stesse, quindi per le aziende di medie dimensioni ( che hanno investito capitali di medie entita'), la partita e' gia' chiusa.
Molto piu' difficile spostare nel giro di pochi mesi un'intera catena produttiva........ ;)

Vivo ad 8 km dal confine sloveno, ho a che fare spesso e volentieri con rumeni,bosniaci,slovacchi,etc etc.

Un mese fa un operaio rumeno qui residente mi diceva che sta pensando di vendere la casa di cui ha appena iniziato a pagare il mutuo per ritornare in patria.
La lo stipendio medio attualmente e' salito a circa 500 euro mensili (a quanto mi riferiva....), con il loro costo della vita stara' meglio in patria che qua........ :nod)


Per il discorso della conversione al turismo,terziario,etc etc........


UTOPIA......pura e semplice.

Classica demagogia politica.

Solo qui nel manzanese (una decina di comuni per un totale di circa 50.000 abitanti) c'erano circa 1.500 aziende.
Difficile stabilire il numero di addetti all'epoca.

Spiegami TU come facciamo tutti a convertirci al turismo o al biotech,etc. etc.


Riporta il tutto prima alle dimensioni regionale, passa poi al contesto nazionale.
Forse comincerai a capire che senza manifatturiero l'Italia nn puo' andare avanti con i debiti ed i costi che ha.

Se io nn fatturo, nn produco e non esporto......chi te lo paga lo stipendio?

Vieni da me una settimana soltanto, ti faccio vedere i conti e vedrai che cambierai opinione al volo................ ;)
 
:handclap)

...comincio a pensare che hai aperto la discussione solo per fare polemica...ancora :bravo)

P.S. Non giudicare mai il lavoro degli altri se non lo conosci a fondo...e soprattutto, non offendere l'intelligenza degli altri, soprattutto quando la hanno.... :handclap) ...datti una ridimensionata...se ti facessi vedere quello che faccio giorno e notte non so se la penseresti così e soprattutto, proprio per il lavoro che faccio ho modo di parlare tutti i giorni con direttori, responsabili, operai e impiegati di Aziende (piccole, medie, grandi, multinazionali con sedi in tutto il mondo) con i quali parlo "anche" di queste problematiche...tu del mio lavoro cosa mi sai dire?
...CHIUDO...
 
eh eh si vede che di imprenditori ne girano pochi qua....

delocalizzare è ormai diventato un obbligo: la manifattura standard in europa occidentale costa troppo rispetto ad altri paesi, volerla forzosamente tenere qui non può che risultare con la morte dell'impresa manifatturiera

ciò non vuol dire che in europa non c'è più spazio per le attività manifatturiere: tutto ciò che è ad elevato valore aggiunto può tranquillamente reimanere qui ed essere redditizio.
Un esempio banale: Brembo non si fa fare tutti i dischi in Cina...
Ancora: c'è un'azienda (medio/piccole dimensioni) che fa solo sfere per cuscinetti, ma sono in grado di farle così bene che non hanno problemi a stare sul mercato anche a prezzi un po' più alti

servizi: scordatevi che nei servizi il discorso sia diverso. Anzi, ancora peggio: un programmatore indiano, ad esempio, costa tra 1/5 e 1/8 di uno italiano, fa lo stesso mestiere e ti permette di uscire sul mercato con tariffe che i clienti sono disposti a pagare

la differenza tra le aziende italiane che chiudono e quelle che restano in piedi è nella maggior parte dei casi data dalla differenza tra l'imprenditore (o il manager) che è capace di stare un passo avanti rispetto a quello che subisce i cambiamenti
 
Vi lascio ad un bellissimo articolo di Raffaele Bruno..Non aggiungo altro e non mi addentro negli aspetti tematici di quello che ha scritto IVAN..Dove trovo abbia pienamente ragione..
Le UTOPIE rimangono tali fintanto che ognuno di noi ragiona per i fini del suo portafolio..Senza pensare a fare una industria per il bene del paese..
E' difficile pensare ai VERI capitani d'industria degli anni '20..Ma certamente sfruttare le mano d'opera solo perchè conviene fa molto ma molto male al nostro paese..
E gli industrialotti non guardano certo il lungo termine ma al loro istantaneo portafolio!! :KO)

Articolo di Raffaele Bruno:

Dopo l’acquisto della Rover e dei computer dell’Ibm, gli imprenditori cinesi sono pronti a delocalizzare alcune loro produzioni e a realizzare iniziative sul fronte tecnologico. Stanno perfino, recentemente, trattando l’acquisto della Ducati e della Piaggio_Ormai il Mezzogiorno, ma anche alcune zone del Nord e del Centro Italia, sono invase dai cinesi e dalla loro concorrenza sleale in molti settori commerciali, da quello tessile a quello dell’abbigliamento, da quello calzaturiero a quello degli elettrodomestici. La gran parte di questi cinesi presenti in Italia provengono dallo Zeiyhang, uno dei tre distretti industriali più sviluppati della Cina. Non si direbbe terra di emigrazione lo Zeiyhang, piuttosto è terra da cui si parte alla conquista del mondo: il Pil in queste terre, ci dicono giornali specializzati, nel 2005 ha raggiunto 110 miliardi di dollari, il reddito procapite è di 13.180 dollari e le esportazioni fanno segnare il 41,6% miliardi di dollari nelle biotecnologie come nell’elettronica. E verso l’Italia, nel tessile e nelle calzature. Eppure è da queste zone opulente che partono i flussi migratori clandestini che raggiungono l’Italia ed in particolare i poli di Prato e di San Giuseppe Vesuviano in provincia di Napoli. Qui nella zona vesuviana sono presenti in migliaia e migliaia. Hanno cominciato come lavoranti, poi sono diventati grossisti. Infine in molti hanno effettuato il grande salto: quello di realizzare la produzione per conto loro. Oggi contano circa duecento imprese. Da qui si forniscono di vestiti, giacche, jeans, pantaloni, pigiami, felpe provenienti dalla Cina i mercati ambulanti del Mezzogiorno e di confezioni “made in Italy” false i produttori italiani di boutique. I cinesi sborsano fior di quattrini per affittare capannoni e case; mandano i loro figli a scuola ed anche “a balia” da donne italiane. Le merci viaggiano per mare, le persone per lo più via terra. Per molti anni il flusso migratorio dei cinesi verso l’Italia è passato attraverso l’Urss, l’Ungheria, la ex Jugoslavia. Ancora nel 2002 l’arrivo prevalente era dalle coste adriatiche, 4 mila dollari a persona costava il passaggio marittimo. Ora,dopo anni di ostilità e di indifferenza, si comincia a mettere sotto la lente di ingrandimento il boom cinese nel Vesuviano: scambi di delegazioni tra Cina e San Giuseppe Vesuviano e adesso è in uscita un libro dall’eloquente titolo: “Campania e Cina”, finanziato dalla Regione Campania.In tutto questo è rimasto praticamente inascoltato l’allarme lanciato dal capo dei tessili dell’Unione industriali campano, Luigi Giamundo, il quale aveva dichiarato ai giornali che il repentino passaggio di mano della produzione per conto terzi, detta “a facon”, cuore dello sviluppo sregolato e abusivo del polo tessile napoletano, dagli italiani ai cinesi è costato almeno trentamila posti di lavoro italiani persi nel comparto. I cinesi arrivano, affittano, mettono le lanterne rosse fuori dai negozi e vendono all’ingrosso. Acquirenti sono soprattutto commercianti e ambulanti che non reggono il prodotto italiano molto più caro.Dietro la Stazione Centrale di Napoli è nato recentemente un enorme “China mercato”, su un’area di oltre 10 mila metri quadri che era di proprietà delle Poste, oggi gestito da 79 grandi importatori cinesi. Ma oltre che grossisti, alcuni imprenditori cinesi sono anche produttori-committenti: un pronto moda fatto a Napoli con l’uso di manodopera a bassissimo costo, materia prima importata dalla Cina e prodotto finale formalmente risultato “made in Italy”.I cinesi hanno imparato bene il mestiere ed hanno una grande capacità di comprendere il mercato, disegnare i modelli, realizzare e commercializzare i prodotti. I cinesi hanno imparato tutto ciò in fretta e non hanno scrupoli sul mercato. Questo fa, ovviamente, paura alle categorie colpite dal fenomeno, che rimangono, però, pressoché inascoltate. Molti di loro mantengono la doppia attività di produttori ed importatori. Questi rappresentano l’élite dell’imprenditoria cinese in Italia e se la passano molto bene economicamente, tanto che molti cominciano a girare in Maserati e a vestire griffato. Altri, nella parte più bassa della catena, sono semplici rivenditori o lavoratori sfruttati e sottopagati, a volte veri e propri schiavi. A dire da parte degli esperti, sembra che tutti i padroncini cinesi non fatturano alcunché e praticano l’evasione fiscale, contributiva e di ogni altro tipo. Ciò si può riscontrare nel piccolo delle botteghe con le lanterne rosse esposte all’esterno nella zone della Ferrovia a Napoli, nei mille negozi a San Giuseppe Vesuviano, ma anche nei mega-numeri delle importazioni del tessile dalla Cina, dove si evidenziano strani fenomeni: cresce la quantità, diminuisce il valore. Se una tonnellata di tessile giunta dalla Cina del ‘2003 valeva più di 11mila euro, adesso ne vale meno di seimila, secondo i dati dell’Agenzia delle Dogane, pubblicate sul Sole 24 Ore. Il solo porto di Napoli, secondo gli stessi dati, movimenta il 30% del valore dell’import tessile dalla Cina, ma ben il 70% della quantità. Solo in parte la rivalutazione dell’euro può spiegare queste stranezze: il fatto è che il tessile ha parecchie categorie merceologiche ed un tratto di penna sulla bolletta d’accompagno può abbattere i costi e l’Iva radicalmente. Meccanismo del quale si avvantaggerebbero tutti, i cinesi, ma anche gli italiani che importano dalla Cina. Il blitz di due anni fa di Tremonti, protagonista finché è stato al Governo della battaglia contro falsi e made in China, cara soprattutto ai leghisti, ha cambiato solo un poco le rotte, ma non le quantità, dicono gli osservatori degli scambi commerciali: mettendo la lente sul porto di Napoli, ha fatto semplicemente spostare parte delle merci e dei traffici negli altri porti, per lo più del Nord.Ma la presenza cinese in Italia non è fatta solo di negozi all’ingrosso e beghe alle dogane: se a Prato, primo insediamento stabile, ci sono ormai un centinaio di cinesi ultrasessantenni e dopo quasi 15 anni il primo imprenditore cinese entra in Confindustria, anche alle falde del Vesuvio molti bambini cinesi vivono sei giorni a settimana presso famiglie italiane , parlano italiano, mangiano italiano, vanno alle scuole italiane.Per esperienza diretta, ricordo che un mio amico di Napoli, nativo del mio quartiere nel centro antico della città, aveva realizzato col duro lavoro e tanti sacrifici una fabbrica di jeans che dava lavoro a una ventina di addetti. Dopo l’arrivo dei cinesi è stato costretto a chiudere, poiché i suoi stessi pantaloni erano realizzati dai cinesi ad un prezzo dieci volte meno. I cinesi lavoravano anche 18 ore al giorno, non pretendevano ferie e paghe sindacali, dormono nei posti stessi dove lavorano. Oggi è costretto a lavorare lui per i cinesi come operaio in una loro azienda e i venti suoi operai hanno perso il posto di lavoro. Nessuno è intervenuto e nessuno gli ha dato una mano. A rimetterci sono stati gli operai che hanno perso il posto di lavoro come quei trentamila elencati dall’Unione Industriali nella sola Campania. Chi sa se di fronte all’inerzia dei nostri governanti un giorno non finiremo col lavorare tutti per i cinesi, ormai divenuti imprenditori e padroni in casa nostra.
 
Quoto quanto detto da Diabolik.

L'unica soluzione per non delocalizzare e' produrre beni o servizi ad alto valore aggiunto che gli altri non ci possono copiare o raggiungere a livello qualitativo. Tutto cio' si puo' avere investendo moltissimo in ricerca e sviluppo ( L'Italia su questo fronte e' parecchio indientro ). Il problema e' che la maggior parte delle nostre aziende sono piccole o medie e non possono permettersi di destinare congrue risorse su questa voce. Quindi la scappatoia piu' semplice che hanno per rimanere sul mercato e' delocalizzare. Per migliorare questa condizione tutti gli attori devono rendersi piu' "flessebili" ( Stato, Imprese, Banche, Famiglie, ecc.. ).

Purtroppo nonostante siano passati piu' 700 anni dal tempo del " L'Italia dei Comuni" la nostra amata penisola continua ad avere una mentalita' identica in cui non si percorre una strada comune verso il benessere generale ma si continua ad essere sempre divisi.
 
I motivi sono ovvi, e molti.

1) tutti sono contenti del vestiario a prezzo bassissimo, mutande da 50 centesimi, scarpe d 10 euro etc.
Che poi siano di qualità minore è probabile, ma con una camicia "italiana" (marcata così, magari poi la fanno in korea :asd) ) da 300 euro ti vesti "cinese" per 2 anni di file.

Tutti i consumatori a rincorrere i prezzi più bassi (causa euro, stipendi bassi e quant'altro) -> i produttori locali di fascia bassa non hanno ovviamente scampo.

2) Imprenditori italiani. Il 90% di quelli veramente "grandi" operano in regime di monopolio, ex monopolio o monopolio naturale o "quasi" monopolio.
Quelli realmente competitivi a livello internazionale saranno un centinaio in tutta italia, gli altri o sono "micro" (ed anche "nano") o sono, semplicemente, succhiatori di favori economici da banche & stato etc.

3) I cinesi. E' inutile lamentarsi: è la globalizzazione, bellezza.
N.B. Qui si aprirebbe il discorso col megaboiardone (e reggicoda Fiat) Renato Ruggiero.

4) Lo Stato. C'è una singola cosa di cui "incolpo" lo Stato, ovvero essere forte coi deboli e vessare sempre e solamente i "soliti noti".

Ho cambiato commercialista dopo 7 anni, e sono 4 giorni che mi sto rifacendo la mia contabilità (chi fa da me... fa per 33...).

Col terrore "oddio che fine avrà fatto quel caricabatterie da 13 euro, se mi fanno un controllo va a capire cosa mi capiterà...".

Passo buona parte del mio tempo a servire lo Stato (ed intendo proprio nel senso "lavoro per lo Stato), sempre con la spada di damocle (avete mai visto cos'è una comunicazione iva? non è una dichiarazione, quindi se ti sbagli non puoi correggerti, paghi e basta da 258 a 2500 euro, tipica invenzione italiana...)

Oltre all'oppressione fiscale e soprattutto burocratica, l'amarezza maggiore va per la scala assolutamente ridicola di controlli e gravità di comportamenti.

Qua a Rimini tremo letteralmente pensando che la vecchia commercialista si è sbagliata e mi ha messo in ammortamento i suoi (suoi di lei commercialista...) computer...

Mentre se sono un cinese/coreano/napoletano (grande Gomorra!) che importa in nero delle navi di merci tutti zitti, nessuno vede, nessuno se ne frega.

Al max la finanza fa una retatina di 4 sfigati di cinesi/coreani/napoletani nullatenenti che, poverini, vengono immediatamente liberati.

Non ho nulla contro cinesi/coreani/napoletani, ma solo ad un UNICO patto: o lo Stato usa il pugno durissimo con tutti (esattamente come fa con me), oppure è chiaro che l'Italia andrà a rotoli.

Dal momento che è una pia illusione, il risultato è certo: finiremo a fare gli straccioni.

Non è una cosa "strana", storicamente ci sono i cicli (di centinaia di anni) per cui "ieri" l'impero romano governava il mondo, "ieri" la Spagna governava il mondo, "ieri" l'inghilterra governava il mondo, "oggi" gli USA governano il mondo.

"Domani" chi è oggi forte diverrà debole, e viceversa (unica eccezione: gli africani ma quelli mai nella storia hanno combinato qualcosa di buono).

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In sintesi: caro Stato, comincia a fare controlli a tappeto nei mercatini cinesi/coreani/napoletani.

Comincia a comminare multe gigantesche per chi ha uno spillo fuoriposto.

Comincia a far mettere il casco a Napoli (fantastico: non lo mettono sennò li prendono per killer camorristici...)

Poi vedi quanta evasione tiri fuori, e come riequilibri la concorrenza con gli italiani.

ovviamente nulla di tutto ciò sarà fatto
 
marcoboss147":22pz24uq ha detto:
Quoto quanto detto da Diabolik.

L'unica soluzione per non delocalizzare e' produrre beni o servizi ad alto valore aggiunto che gli altri non ci possono copiare o raggiungere a livello qualitativo.
Guarda, questa è una grande leggenda metropolitana.

Possono copiare, ed a livelli qualitativi superiori, senza nessun problema.

Tutto cio' si puo' avere investendo moltissimo in ricerca e sviluppo ( L'Italia su questo fronte e' parecchio indientro ). Il problema e' che la maggior parte delle nostre aziende sono piccole o medie e non possono permettersi di destinare congrue risorse su questa voce.
I motivi per cui c'è la nanoimprenditoria sono ultra noti
Purtroppo nonostante siano passati piu' 700 anni dal tempo del " L'Italia dei Comuni" la nostra amata penisola continua ad avere una mentalita' identica in cui non si percorre una strada comune verso il benessere generale ma si continua ad essere sempre divisi.
Non è che "essere divisi" sia male, è mooolto male lo stato mafioso che abbiamo, sommato alla morale economica della Chiesa, sommata alla morale economica comunistoide (che da noi va tanto di moda).

In Italia vige la cultura dell'invidia, del "siamo tutti uguali", del "siamo fratelli"... Sti due testicoli...
 
Assolutamente d'accordo con Internik..

Bisogna cambiare sia l'Italia (intesa come concezione di Stato) sia gli italiani (come singola mentalità)..
 
InterNik":2oj6zeap ha detto:
Guarda, questa è una grande leggenda metropolitana.

Possono copiare, ed a livelli qualitativi superiori, senza nessun problema.
Riescono a fare meglio solo nei settori dove possono sfruttare la manodopera. Ma e' anche ovvio che noi non siamo maestri in tutti i settori.

Non è che "essere divisi" sia male, è mooolto male lo stato mafioso che abbiamo, sommato alla morale economica della Chiesa, sommata alla morale economica comunistoide (che da noi va tanto di moda).
In Italia vige la cultura dell'invidia, del "siamo tutti uguali", del "siamo fratelli"... Sti due testicoli...

Sono d'accordo per quanto riguarda un cambio radicale della mentalita' con cui si va avanti
 
marcoboss147":3k2ft27a ha detto:
InterNik":3k2ft27a ha detto:
Guarda, questa è una grande leggenda metropolitana.

Possono copiare, ed a livelli qualitativi superiori, senza nessun problema.
Riescono a fare meglio solo nei settori dove possono sfruttare la manodopera. Ma e' anche ovvio che noi non siamo maestri in tutti i settori.
??? Fammi un esempio di prodotto italiano che nessun altro è capace di fare.

A parte i "soliti" Armani, Valentino & simili... per il resto è un'altra "leggenda metropolitana" che il mondo intero non sappia mettere insieme due viti.

In Italia, purtroppo, di attività veramente "incopiabili" (le più redditizie: farmaceutica, elettronica ed informatica) non c'è assolutamente NULLA (lasciamo stare i catanesi di SGS e simili) :ka)
 
Non so davvero da dove cominciare.

Oggi al lavoro mi rendevo conto di aver dato il "la" a polemiche e a flames.
Non era mia intenzione, ma ho evidentemente commesso un errore.

Cominciamo dalle polemiche (che ho causato.....mea culpa :hail) ) :

Riporto la frase incriminata........

Non te la prendere, ma ragioni come uno statale.....quale sei.

Infelice a dir poco, sopratutto a causa delle ultime due parole.
Chiedo venia, nn era mia intenzione offendere nessuno.
Anche perche' ho aperto questo Topic per il solo scopo di conoscere piu' approfonditamente le realta' delle varie zone.

Possibilmente da esperienze dirette, le teorie lasciamole ai giornali.


Il commento di Ruspy mi mette invece a disagio, il fatto stesso che tu ti senta chiamato in causa mi da di che pensare........ :scratch)
Tra l'altro sei saltato subito alle conclusioni, avrei preferito un tuo commento alle argomentazioni del Topic......se avevi qualcosa da dirmi potevi usare MSN o il pvt.........:nod)
Sul fatto che nn sia il solo a lavorare,la prendo come una battuta.
Chiariamoci in pvt, credo sia meglio..... ;)


P.S. Non giudicare mai il lavoro degli altri se non lo conosci a fondo...e soprattutto


Non giudico il tuo lavoro, ma la tua visione delle cose.
Avrai anche a che fare con dirigenti,quadri,impiegati,etc. .......ma il tuo ragionamento mi sembra un riassunto dei vari articoli e commenti che leggo sui quotidiani,economici e non.

Hai esplicitamente dichiarato che :

.siamo un paese che deve puntare sul turismo, il terziario avanzato e la tecnologia...sono finiti gli anni delle ditte e delle officine, se non si capirà questo rimarremo tagliati fuori dal mercato...


Ti ho fatto l'esempio della mia zona, ti ho chiesto di ipotizzare una soluzione per ricollocare le migliaia di persone che oggigiorno rischiano il posto ( senza contare quanti l'hanno gia' perso negli ultimi 2 anni).....nn ho ottenuto risposta.........chiaramente pretendo che abbia un fondo di concretezza........ :OK)



Ritornando IT, sono d'accordo con chi sostiene che di veri e propi imprenditori in Italia ce ne siano ben pochi.
Io difatti mi tolgo a priori dalla categoria, non sono che un modestissimo artigiano........anche se le quantita' prodotte sono piu' da piccola industria che da aritigiano vero e propio. :nod)


In particolar modo, il commento di Diabolik e' quello che mi fa piu' riflettere.
Non ho elementi per controbattere, tutto quello che ho visto in questi anni e che in particolar modo vedo ultimamente mi porta a dira che hai perfettamente ragione.

C'e' un "ma" : ritieni che il futuro sia rappresentato dalle grandi aziende?

In ogni settore ci possono stare 2, al massimo 3 grandi aziende che si contendono la leadership.
Ammesso e non concesso che l'Italia possa vantarsi di avere almeno una di queste aziende per ogni settore ( :nono02) ).........mi spiegate cosa devono mettersi a fare tutti gli altri?


Ho ancora un paio di domande da porvi ( rivolta a tutti) :

- Quando si parla di azienda vi viene spontaneo pensare solo ai grandi gruppi come la FIAT,la TELECOM ?

- Mi duole constatarlo, credete veramente che siano i veri motori dell'economia del nostro paese?
Da quel che leggo, sembra che tutto il sistema delle piccole imprese e dei distretti industriali debbano sparire........secondo voi sara' la soluzione ai nostri problemi?

- Internik ha tirato in causa l'industria farmaceutica.......avevo accennato alla "ristrutturazione" della pfizer (http://it.biz.yahoo.com/22012007/26...0-licenziamenti-per-tagliare-costi-2-mld.html)..........credete che se l'azienda fosse stata italiana sarebbe cambiato qualcosa?


Le UTOPIE rimangono tali fintanto che ognuno di noi ragiona per i fini del suo portafolio..Senza pensare a fare una industria per il bene del paese..

Spiegati meglio per cortesia, rileggi magari cio' che ho scritto.
Forse hai frainteso il senso del mio pensiero.......
:ka)


E' difficile pensare ai VERI capitani d'industria degli anni '20..Ma certamente sfruttare le mano d'opera solo perchè conviene fa molto ma molto male al nostro paese..
E gli industrialotti non guardano certo il lungo termine ma al loro istantaneo portafolio!!



Fermo la'...... :asd)

Non puoi farmi paragoni del genere.
A quel tempo nn c'era praticamente nulla, neanche da mettere all'attuale mercato ipersaturo.


- Biotech, software, nanotecnologie,etc etc.
Ottima cosa l'innovazione, ma quali di questi settori e' in grado di rappresentare un futuro tangibile per il nostro paese?
Vi rammenta nulla il boom delle famigerate "dotcom"?
Sapete vero com'e' andata a finire poi........



Ci tengo a sottolineare che le mie domande vanno prese come semplice curiosita', sono interessato alla vostra opinione.
 
Spiegati meglio per cortesia, rileggi magari cio' che ho scritto.
Forse hai frainteso il senso del mio pensiero.......

No, no tranqui..
La mia riflessione non era certo riferita a te..

Constatavo solo il fatto che molti imprenditori nella migliore delle ipotesi pensano: "Chi se ne frega di fare qualcosa per lo Stato, tanto non serve a nulla è solo una utopia!!"..
Nel peggiore dei casi pensano: "Voglio guadagni tutti e subito. Chi se ne frega dei miei operai o del futuro dello Stato"..

Secondo il mio modesto parere bisognerebbe rivalutare ed applicare ai giorni nostri il concetto di corporativismo delle imprese..
Di considerare il surplus aziendale annuo da destinare a progetti per il bene comune, ecc..

Lo so, lo so chiamami idealista..
Ma come dice Internik bisognerebbe davvero cambiare la mentalità iTALIOTA.. :OK)

Fermo la'......

Non puoi farmi paragoni del genere.
A quel tempo nn c'era praticamente nulla, neanche da mettere all'attuale mercato ipersaturo.


- Biotech, software, nanotecnologie,etc etc.
Ottima cosa l'innovazione, ma quali di questi settori e' in grado di rappresentare un futuro tangibile per il nostro paese?
Vi rammenta nulla il boom delle famigerate "dotcom"?
Sapete vero com'e' andata a finire poi........

Non soffermarti sulla praticabilità della cosa..
E' vero non c'era nulla rispetto ad oggi..
Ma il corporativismo è applicabile anche ai giorni nostri..
 
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