Re: PIPER
N147":1ff8qun9 ha detto:
chi di voi ha visto il film su canale 5 di Vanzina "PIPER" ieri sera?
avrei bisogno del titolo della canzone interpretata da Martina Stella alla fine del film, quella di Patty Pravo se non sbaglio..
GRAZIEE
io ho visto il film la canzone si intitola CHE COLPA ABBIAMO NOI
ecco qui quello che cercavi!!!
LA STAGIONE DEI COMPLESSI
Gli anni del Piper sono soprattutto quelli dei primi grandi complessi, che sostituiranno rapidamente le orchestre di una volta. Prendono le mosse da quella formazione, stereotipata e ormai classica, imposta dai Beatles, fatta di quattro componenti, due chitarre, basso, batteria. Intorno alla metà degli anni Sessanta è tutto un fiorire di band, che più o meno si rifanno alle band inglesi e che, sfruttando il dualismo Bealtes-Rolling Stones, seguono una delle due correnti. Nella scelta del nome si nota la componente di ribellismo e di presunta cattiveria: i Ribelli, i Fuggiaschi, i Primitives, i Nomadi, i Corvi.
Tutti questi gruppi si contraddistinguono per due motivi: l'uso provocatorio della voce usata in modo nuovo e l'originale look come simbolo. Voce roca, esasperati falsetti, aria maledetta, capelli lunghi, tutta l'immagine cambia e esprime un desiderio di profonda provocazione, di estraneità dal resto del mondo. Sia nel modo di vestire che nei testi si esprime al massimo l'impellente, emergente bisogno di dirsi diversi, non necessariamente migliori ma di rivendicare l'appartenenza a un gruppo nuovo, che si differenzia anche da altri giovani. Queste componenti si ritrovano insieme nelle canzoni e nell'immagine dei complessi beat, dai Rokes ai Corvi che quasi contemporaneamente attorno al 1966 si muovono tutti nella stessa direzione.
I Rokes sono un gruppo inglese che arriva in Italia nel 1963, e trovano ancora un'Italia provinciale e bigotta (19). Saranno forse la band più importante del beat, infilando una serie impressionante di hit. Il più famoso resta
Che colpa abbiamo noi (20) che diventerà una della bandiere della gioventù beat.
La notte cade su di noi,
la pioggia cade su di noi,
la gente non sorride più
vediamo un mondo vecchio che
ci sta crollando addosso ormai,
ma che colpa abbiamo noi...
Anche E' la pioggia che va (21) del 1966 sarà un inno generazionale, pieno di speranze.
Quante volte ci hanno detto,
sorridendo tristemente,
la speranze dei ragazzi sono fumo...
Esprimono anche tutta l'amarezza e la disillusione sulle sorti della società, anche se non politicizzati, riescono a interpretare quel desiderio o quel bisogno di cambiamento che si avvertiva nel ritmo della modernizzazione italiana.
I Rokes erano un gruppo "moderno" anche nei concerti, concepiscono lo spettacolo sotto tutti i punti di vista: fumi, costumi, show, look e poi le chitarre Eko a coda di rondine, che si erano disegnati apposta.
La lunghezza dei capelli e l'acutezza dei falsetti sembravano fatti proprio per provocare il sarcasmo e scatenare l'intolleranza degli italiani. Più grave ancora se qualcuno alza volontariamente la tonalità della canzoni, con una tecnica evidentemente equivoca, portando la voce verso falsetti provocatori.
L'altra grande band del beat sarà l'Equipe 84 che, nata nel 1962, segnerà la storia musicale di quegli anni, con canzoni come Auschwitz e Io ho in mente te (22), entrambe del 1966. Famosa è l'indignazione della "Rai" quando, nel 1965 registrando una trasmissione, salgono sul palco cantando con le loro "vocine" Sei già di un altro.
I Nomadi cantano nel 1966 Come potere giudicar (23), canzone in cui è chiaro che i giovani si sentono diversi e si contrappongono agli adulti. In questa canzone il metro di paragone sono i capelli:
Come potete giudicar
come potete condannar
chi vi credete che noi siam
per i capelli che portiam
facciam così perché crediam
in ogni cosa che facciam
e se vi fermaste un po' a guardar
con noi parlar
v'accorgereste certo che
non abbiamo fatto male mai...
La polemica sui capelloni è in pieno fermento, sono anni in cui per strada si può rischiare di essere picchiati. In questa polemica si inserirà anche Celentano con varie invettive contro i giovani beat. In una canzone del 1967 Tre passi avanti canta:
Guarda che coppia
dicono già
visti di spalle chi è la donna non si sa.
Anche Pasolini, qualche anno più tardi, indicherà i capelloni, nell'articolo "Contro i capelli lunghi", come una massa inarticolata e teppista, in realtà solo omologata e subalterna.
Mostrando un look cattivo e maledetto come simbolo, i Corvi, avvolti in grandi mantelli neri, nel 1966 cantano Un ragazzo di strada (24) e esprimono un mondo di valori diverso. Il look come la voce sono usati come segni forti di distinzione e contrapposizione sociale.
Io sono quel che sono
non faccio la vita che fai
io vivo ai margini della città
non vivo come te.
Sono un poco di buono
lasciami in pace perché
sono un ragazzo di strada
e tu ti prendi gioco di me...
L'uso della voce è improprio, lontano dalle consuetudini. L'emissione del suono è molto sforzata, va da toni rauchi sussurrati all'urlo arrabbiato, è anche questo un modo estremo di provocare.
Il look dei complessi farà poi tendenza e i giovani fan si identificheranno anche nel vestire con i loro idoli. Così un proliferare di capelli lunghi, giacche colorate, camicie psichedeliche dai colletti lunghissimi per i ragazzi e di minigonne, stivali, e cinturone per le ragazze. Dilaga così una vena imitativa folle. I linguaggi visivi e musicali definiscono comportamenti, abiti, fogge dei capelli.