Da dagospia.it
Quando arrivano le cattive notizie lo stile della Fiat e della Sacra Famiglia degli Agnelli è sempre identico.
Così è stato nel 1935 quando in un incidente aereo a largo di Genova morì Edoardo, il figlio del senatore. In quell’anno il quotidiano “La Stampa”, portavoce della dinastia e del Gruppo automobilistico, dedicò al tragico evento soltanto quattro righe. Oggi sullo stesso giornale c’è un colonnino striminzito di sole 26 righe che parla della nomina di Sergio Marpionne a vicepresidente “non esecutivo” della Banca svizzera Ubs.
Per i torinesi e per la Sacra Famiglia degli Agnelli questa è una notizia davvero brutta perché fa capire ciò che era nell’aria da tempo e che Dagospia ha sottolineato più volte tra lo scetticismo generale: sembra infatti che per il manager italo-canadese dalle spalle curve e il pullover sgualcito, si stia avvicinando il tempo del congedo. Lo hanno capito benissimo gli ultimi operai della Fiat che prendono il tè alle 5 del pomeriggio nei bar di piazza San Carlo.
Tra le mani hanno i principali giornali svizzeri (“Le Temps”, “Neue Zurker Zeitung”) e conoscono i nomi dei 10 consiglieri d’amministrazione che siedono al tavolo di Ubs insieme al presidente Marcel Ospel. Sono nomi importanti come quello di Helmut Panke, ex-presidente di BMW in Usa; Ernesto Bertarelli, il giovane miliardario di Alinghi; Peter Spuhler, l’industriale che produce veicoli ferroviari.
Con la nomina di ieri il Marpionne italo-canadese che quasi ogni sera vola a Zurigo con l’elicottero della Fiat, ha fatto capire che il suo futuro si giocherà in banca. Mercoledì prossimo si svolgerà un’assemblea straordinaria per il rilancio dell’istituto svizzero Ubs che soffre per la crisi dei derivati e dovrà ricapitalizzarsi con l’aiuto di due fondi sovrani di Singapore e di un altro stato mediorientale. In quell’occasione – rivela il “Sole 24 Ore” – ci sarà anche il rinnovo della presidenza e il 58enne Marcel Ospel lascerà la sua poltrona, ma – ecco il dettaglio clamoroso - il nuovo presidente di Ubs durerà in carica soltanto un anno ed è a questo punto che diventa plausibile l’ipotesi di un Marpionne che lascia la Fiat per tornare in quella Svizzera adorata dove sfascia le Ferrari per scaricare lo stress.
Per questo 55enne che è arrivato in Fiat nel maggio del 2004 su indicazione di Umberto Agnelli, il mese di febbraio sembra essere decisivo sia nel bene che nel male. Era il febbraio 2007 quando nella testa di Marpionne è scattato il primo campanello d’allarme. Dopo la presentazione della “Bravo” organizzata dal suo brand manager, Luca De Meo, con una maxifesta da 13 milioni di euro, il capo della Fiat ha buttato l’occhio sul listino delle vendite e si è accorto che la reazione del mercato era ben diversa da quella che si attendevano i suoi uomini.
La stampa compiacente non ha mai voluto fare un discorso serrato su questo memorabile flop che nello spot televisivo era accompagnato dalla canzone di Gianna Nannini “Meravigliosa creatura”. In realtà la nuova vettura uscita dal Lingotto e che avrebbe dovuto segnare il nuovo corso della Fiat, è stata ripudiata dal mercato. E a riparare il danno non è bastato il lancio della “500” che si vende bene, ma non basta per sfondare quella fascia di mercato delle vetture medio-alte che rappresenta la vera sfida europea.
A questi relativi insuccessi si deve aggiungere il fallimento delle alleanze internazionali. Nessuna delle partnership annunciate da Marpionne e dai suoi colonnelli è riuscita finora a sostanziarsi in qualcosa di duraturo, nemmeno quella con l’indiano Tata che siede nel Consiglio di amministrazione della Fiat, ma non fa mistero di voler entrare nel mercato europeo e italiano con una macchinetta da 4000 dollari.
C’è poi la crisi internazionale dell’automobile, anticipata dal crollo delle vendite in America, dal prezzo del petrolio e dalla riduzione degli incentivi. Come scrive oggi “l’Espresso” in un articolo di Luca Piana il settore ha perso in Borsa il 18% dall’inizio dell’anno e tutte le stime vengono riviste al ribasso. Gli analisti di Moody’s e delle società di rating menano botte da orbi con giudizi feroci che hanno provocato la reazione sdegnata di Marpionne. Non solo: si calcola che le case europee dovranno spendere 22 miliardi per mettersi in regola con le norme ambientali.
Come se non bastasse c’è poi la crisi politica italiana nella quale il presidente della Fiat, Luchino Montezemolone, brancola strizzando l’occhio a destra e a sinistra, alla disperata ricerca di un ruolo che lo faccia volare oltre i cancelli della Fiat dove ha guadagnato 7 milioni, ma dove i problemi si moltiplicano. In un contesto così difficile il manager italo-canadese che lavora 15 ore al giorno ha cercato di ritagliarsi un suo spazio politico con dichiarazioni a raffica sul provincialismo delle banche e con il famoso articolo del “Corriere della Sera” in cui ha citato Machiavelli e il coraggio dell’attore australiano Mel Gibson. Le sue sortite pubbliche hanno affascinato Bertinotti, ma hanno lasciato indifferenti i sindacati che continuano a creargli problemi negli stabilimenti di Mirafiori, Pomigliano e di Termini Imerese.
L’euforia del 2007 quando Marpionne dichiarava che la Fiat “potrebbe comprarsi General Motors e Ford” è un ricordo lontano. Quello che sta emergendo è il profilo di un manager bicefalo, con le mani nell’automobile e la testa dentro la banca. Prima che la nave affondi gli conviene riscuotere i 250 milioni di stock options, lasciare Luchino e la Sacra Famiglia degli Agnelli ai loro problemi, e tornare nel cantone svizzero di Zug dove per i franchi è sempre primavera.
La nuova primavera di Marpionne comincerà nel febbraio 2009. Forse prima.
Quando arrivano le cattive notizie lo stile della Fiat e della Sacra Famiglia degli Agnelli è sempre identico.
Così è stato nel 1935 quando in un incidente aereo a largo di Genova morì Edoardo, il figlio del senatore. In quell’anno il quotidiano “La Stampa”, portavoce della dinastia e del Gruppo automobilistico, dedicò al tragico evento soltanto quattro righe. Oggi sullo stesso giornale c’è un colonnino striminzito di sole 26 righe che parla della nomina di Sergio Marpionne a vicepresidente “non esecutivo” della Banca svizzera Ubs.
Per i torinesi e per la Sacra Famiglia degli Agnelli questa è una notizia davvero brutta perché fa capire ciò che era nell’aria da tempo e che Dagospia ha sottolineato più volte tra lo scetticismo generale: sembra infatti che per il manager italo-canadese dalle spalle curve e il pullover sgualcito, si stia avvicinando il tempo del congedo. Lo hanno capito benissimo gli ultimi operai della Fiat che prendono il tè alle 5 del pomeriggio nei bar di piazza San Carlo.
Tra le mani hanno i principali giornali svizzeri (“Le Temps”, “Neue Zurker Zeitung”) e conoscono i nomi dei 10 consiglieri d’amministrazione che siedono al tavolo di Ubs insieme al presidente Marcel Ospel. Sono nomi importanti come quello di Helmut Panke, ex-presidente di BMW in Usa; Ernesto Bertarelli, il giovane miliardario di Alinghi; Peter Spuhler, l’industriale che produce veicoli ferroviari.
Con la nomina di ieri il Marpionne italo-canadese che quasi ogni sera vola a Zurigo con l’elicottero della Fiat, ha fatto capire che il suo futuro si giocherà in banca. Mercoledì prossimo si svolgerà un’assemblea straordinaria per il rilancio dell’istituto svizzero Ubs che soffre per la crisi dei derivati e dovrà ricapitalizzarsi con l’aiuto di due fondi sovrani di Singapore e di un altro stato mediorientale. In quell’occasione – rivela il “Sole 24 Ore” – ci sarà anche il rinnovo della presidenza e il 58enne Marcel Ospel lascerà la sua poltrona, ma – ecco il dettaglio clamoroso - il nuovo presidente di Ubs durerà in carica soltanto un anno ed è a questo punto che diventa plausibile l’ipotesi di un Marpionne che lascia la Fiat per tornare in quella Svizzera adorata dove sfascia le Ferrari per scaricare lo stress.
Per questo 55enne che è arrivato in Fiat nel maggio del 2004 su indicazione di Umberto Agnelli, il mese di febbraio sembra essere decisivo sia nel bene che nel male. Era il febbraio 2007 quando nella testa di Marpionne è scattato il primo campanello d’allarme. Dopo la presentazione della “Bravo” organizzata dal suo brand manager, Luca De Meo, con una maxifesta da 13 milioni di euro, il capo della Fiat ha buttato l’occhio sul listino delle vendite e si è accorto che la reazione del mercato era ben diversa da quella che si attendevano i suoi uomini.
La stampa compiacente non ha mai voluto fare un discorso serrato su questo memorabile flop che nello spot televisivo era accompagnato dalla canzone di Gianna Nannini “Meravigliosa creatura”. In realtà la nuova vettura uscita dal Lingotto e che avrebbe dovuto segnare il nuovo corso della Fiat, è stata ripudiata dal mercato. E a riparare il danno non è bastato il lancio della “500” che si vende bene, ma non basta per sfondare quella fascia di mercato delle vetture medio-alte che rappresenta la vera sfida europea.
A questi relativi insuccessi si deve aggiungere il fallimento delle alleanze internazionali. Nessuna delle partnership annunciate da Marpionne e dai suoi colonnelli è riuscita finora a sostanziarsi in qualcosa di duraturo, nemmeno quella con l’indiano Tata che siede nel Consiglio di amministrazione della Fiat, ma non fa mistero di voler entrare nel mercato europeo e italiano con una macchinetta da 4000 dollari.
C’è poi la crisi internazionale dell’automobile, anticipata dal crollo delle vendite in America, dal prezzo del petrolio e dalla riduzione degli incentivi. Come scrive oggi “l’Espresso” in un articolo di Luca Piana il settore ha perso in Borsa il 18% dall’inizio dell’anno e tutte le stime vengono riviste al ribasso. Gli analisti di Moody’s e delle società di rating menano botte da orbi con giudizi feroci che hanno provocato la reazione sdegnata di Marpionne. Non solo: si calcola che le case europee dovranno spendere 22 miliardi per mettersi in regola con le norme ambientali.
Come se non bastasse c’è poi la crisi politica italiana nella quale il presidente della Fiat, Luchino Montezemolone, brancola strizzando l’occhio a destra e a sinistra, alla disperata ricerca di un ruolo che lo faccia volare oltre i cancelli della Fiat dove ha guadagnato 7 milioni, ma dove i problemi si moltiplicano. In un contesto così difficile il manager italo-canadese che lavora 15 ore al giorno ha cercato di ritagliarsi un suo spazio politico con dichiarazioni a raffica sul provincialismo delle banche e con il famoso articolo del “Corriere della Sera” in cui ha citato Machiavelli e il coraggio dell’attore australiano Mel Gibson. Le sue sortite pubbliche hanno affascinato Bertinotti, ma hanno lasciato indifferenti i sindacati che continuano a creargli problemi negli stabilimenti di Mirafiori, Pomigliano e di Termini Imerese.
L’euforia del 2007 quando Marpionne dichiarava che la Fiat “potrebbe comprarsi General Motors e Ford” è un ricordo lontano. Quello che sta emergendo è il profilo di un manager bicefalo, con le mani nell’automobile e la testa dentro la banca. Prima che la nave affondi gli conviene riscuotere i 250 milioni di stock options, lasciare Luchino e la Sacra Famiglia degli Agnelli ai loro problemi, e tornare nel cantone svizzero di Zug dove per i franchi è sempre primavera.
La nuova primavera di Marpionne comincerà nel febbraio 2009. Forse prima.