Un po' di tecnica: le canne cilindri.

cat147

Nuovo Alfista
11 Aprile 2005
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diciamo Padova?
Approfittando di qualche minuto libero, oggi facciamo quattro chiacchiere sulle canne cilindro.
Anzitutto i materiali: possono essere in ghisa sferoidale (le più usate), in alluminio oppure in acciaio. Quelle in acciaio sono molto rare per i noti problemi di lubrificazione che danno e venivano usate soprattutto in campo aeronautico .
Infatti la canna deve un po' trattenere l'olio sulla sua superficie altrimenti si può verificare il contatto tra la canna e il mantello del pistone (che in genere mantiene una certa forzatura a caldo per evitare eccessivi scapanii, specie con i piostoni da corsa a mantello corto) con immediato grippaggio. L'acciaio risulta perciò inadatto a causa della sua superficie molto liscia, sulla quale l'olio aderisce solo a macchia di leopardo. Per risolvere il problema di esegue una lavorazione superficiale atta a creare dei microsolchi (le "valli", solchi distanziati di circa 0.8 mm e con profondità di circa 3 micon, e l'"erbetta", solchi più fitti e profondi da 0.35 a 0.55 micron). Tale lavorazione ha solitamente andamento elicoidale o incrociato, nel qual caso di parla propriamente di "grigliatura".
Le canne in ghisa sono migliori perchè dotate naturalmente di microporosità sulle quali l'olio aderisce spontaneamente. Anche l'alluminio viene talora utilizzato ma il suo difetto è l'usura sotto l'effetto raschiante delle fasce elastiche. In questo caso si usa effettuare un riporto in nicasil mediante elettroforesi di spessore di circa 0.3 mm. In questo modo si fanno aderire alle pareti della canna delle sferette di carburo di silicio di 0.8 micron in una matrice di nichel. L'effetto è un trattamento durissimo che poi deve subire la lavorazione di grigliatura per il solito problema della lubrificazione. C'è poi il vantaggio di poter ripristinare le canne usurate rimuovendo per alesatura lo strato di nicasil e poi rifacendo il trattamento.
Le canne possono essere integrali (ricavate direttamente dal blocco per alesatura) oppure riportate, ovvero inserite nel blocco per interferenza. In quest'ultimo caso possono essere a secco (non direttamente a contatto con il liquido di raffreddamento) oppure umide (il passaggio del liquido avviene a diretto contatto con la canna, nell'intercapedine tra la stessa e il blocco).
A titolo di esempio di raffinatezza costruttiva posso citare i blocchi cilindri della vecchia (ottima anche poco apprezzata dal pubblico) Porsche 928. Le due bancate del v8 avevano il blocco il lega d'alluminio ad alto tenore di silicio con canne integrali (quindi ricavate dal pieno) rivestite in nicasil. Eccellente tecnologia per un motore progettato a metà anni '70.
 
grande come sempre :handclap) :handclap)


sei stato tanto chiaro che hai ucciso la discussione... infatti nessuno vuole ulteriori chiarimenti :spin) :spin)
 
Aggiungo un particolare sulla lubrificazione delle canne: la necessità di una superficie che trattenga il velo d'olio deriva dal fatto che tra pistone e cilindro non abbiamo mai le condizioni ottimali che si verificano quando si entra in regime di portanza idrodinamica (rectius oliodinamica) - quella cioè che governa la lubrificazione dei cuscinetti di banco e di biella - ma frequenti fenomeni di attrito radente (con "raschiatura tra le due superfici a contatto) o misto, con saltuari passaggi in fase dinamica. Da qui l'esigenza che sulla canna aderisca sempre un velo d'olio nonostante le notevoli pressioni esercitate dalle fasce elastiche.
Ora apro una discussione sulla tenuta delle fasce elastiche.
 
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