Romanesco: famose na chiacchiera........

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rugantino82

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Ma come si fa? Come si fa a non ammettere che il linguaggio di noi, cittadini di Roma, non è una delle più suggestive ed evocative elaborazioni della lingua Italiana?
Noi Romani non parliamo, creiamo dialoghi figurativi, accostiamo immagini elegantemente volgari, parole strafottenti ed esagerate, con una semplicità disarmante. Da quando incontriamo gli amici ed esordiamo con:"Come te butta?" a quando ce ne andiamo salutandoli con un cordiale: "S'aribbeccamo".
Noi Romani sappiamo toccare vertici della poesia più elaborata in due casi: quando ci innamoriamo e quando litighiamo.
Viviamo le passioni travolgenti facendoci sgorgare dall'anima sentimenti tradotti in espressioni straordinariamente esilaranti. Da quando parliamo della ragazza che ci interessa sostenendo:"m'attizza na cifra" a quando ci dichiariamo incantandola con "Ahò te sto a batte li pezzi".
Ma niente è eterno, e quel sentimento straordinario può esaurirsi fino a spingerci a dire: "Te sto pè da na botta ar core.......accannamose" e lei che è una che non se la prende, ci risponderà: "tanto nun me te filavo de pezza". Ecco: in poche parole: "avemo chiuso li giochi".
Sicuramente spesso esageriamo, o "la famo fori dar vasetto", ma non si può resistere alla forza vulcanica della nostra parlata. Un romano che parla, lo fa col cuore e il cuore, si sa, è impetuoso e si infiamma facilmente. E per questo che anche le nostre manifestazioni più eclatanti o pittoresche diventano più un gioco di parole che un' offesa vera e propria, perfino i termini più pesanti, perdono la loro consistenza e diventano una parentesi comica.
Siamo disarmati nell'inventare insulti articolati, resi complessi e ricercati pur essendo grevi. Il nostro modo di parlare ci unisce, ci fa ridere "ce fa tajà", rendendo uniche le nostre frasi...vogliamo litigare? E' vero, siamo rissosi, ci piace avere sempre l'ultima parola e quindi nei momenti in cui qualcuno ci fa innervosire o ci fa "attappà na vena n'testa" diamo il meglio di noi.
Scene da teatro greco che si riempiono di metafore e accostamenti incredibili. Noi non ci arrabbiamo, noi "sbroccamo", noi non ci offendiamo "annamo popo n'puzzza". Noi non diamo avvertimenti, andiamo dirrettamente "fori co l'accuso". E non sia mai si rende necessario passare alle minacce o alle prese in giro...allora lì siamo degni della medaglia d'oro per la fantasia. Si va dal semplice "te sporvero a' faccia", a espressioni marittime della serie "te succhio come n'gamberetto", passando per formule culinarie "te faccio un buco in testa e me te bevo come n'ovetto fresco".
Attingiamo ad ogni aspetto della nostra realtà per mortificare chi ci ha fatto "partì de capoccia". E allora via con insulti costruttivi:"te smonto e dò foco all'istruzioni" a insulti umanitari: "è a ragazza tua o stai a fa volontariato?", a offese che attingono ai personaggi delle favole, quando non ci fidiamo di qualcuno "Ah Pinocchio.......girate dall'altra parte che me stai a cecà!". Siamo i maestri della provocazione. Prendiamo ispirazione dalle piccole cose e le trasformiamo in insulti da cabaret come: "ma ar posto der dna che c'hai? A catenella der cesso arrotolata?" o "quanno ride pare n'cruciverba" se parliamo amorevolmente di qualcuno che non ha tutti i denti al posto giusto.
I giovani di Roma hanno le loro frasi celebri, i tormentoni che tutti conoscono e si scambiano. Ci piace arricchirci a vicenda sfoderando la nostra enciclopedica scienza dell'offesa. Ci piace condividere, avere un unica voce e anche girando la notte, a Roma prendono vita e diventano espressioni autonome le frasi che ci uniscono, quelle che sentiamo nei locali, nel nostro vagabondare nella Città Eterna. E alora nelle nostre notti echeggia imperioso il grido di Alex Nuccetelli "solo solo a pagamento" che ci intrattiene al Gilda...e dopo esserci scatenati, dopo aver saltato tutta la notte dopo aver dato fondo alle nostre energie ed esserci depurati dai veleni che raccogliamo durante il giorno, allora andiamo insieme "dar kebbabbaro" o "dar cornettaro" semplicemente a "magnasse na cosa". E finito di mangiare, il nostro amico che ci siede vicino in macchina, ci guarderà con i suoi occhi stanchi e accorgendosi che il nostro alito non è proprio fresco e profumato, con languore e dolcezza ci dirà: "te sei magnato na cosa triste!". Non c'è niente da dire..."semo popo li peggio".... o "li mejo".

Orgogliosi di essere Romani.....
 

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