L’auto a idrogeno l’ha fatta lui... ( su GT1300 nel 1973)

fubini80

Nuovo Alfista
8 Novembre 2004
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Vicenza
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LA STORIA

L’auto a idrogeno l’ha fatta lui

Marino Smiderle
ARZIGNANO
Aveva inventato l’auto a idrogeno e nessuno se lo filava. Di più, lui aveva il sospetto che in tutti questi anni qualcuno avesse tramato perché le sue scoperte scientifiche, arricchite da applicazioni pratiche, venissero boicottate dall’infernale macchina della burocrazia. La storia dell’ingegnere arzignanese Massimiliano Longo, spentosi sabato scorso a 83 anni, è semplicemente incredibile. E, proprio per questo, terribilmente vera. «Non mi seguono, non mi aiutano, non mi vogliono - disse in una delle rarissime interviste custodita come una reliquia in internet -. Io ho cercato in tutti i modi di realizzare dei mezzi in grado di muoversi senza inquinare ma, quando si è trattato di fare il salto, di investire quattrini, non ho trovato alcuna collaborazione, né dallo Stato, né da chicchessia».
Ironia della sorte: Longo muore proprio quando tutti si sciacquano la bocca ricordando l’importanza delle fonti di energia alternative, idrogeno in primis, per eliminare la dipendenza dal petrolio. Chissà, se qualcuno avesse dato ascolto e supporto a questo indomito e idealista ricercatore vicentino, magari adesso l’aria che respiriamo sarebbe già più pulita e il petrolio non costerebbe certo 80 dollari al barile.
Nato ad Arzignano nel 1924, Longo viene subito catturato dalla passione per i motori. Frequenta l’istituto tecnico di Valdagno e non fa neanche in tempo a uscire che si ritrova prima pilota e poi capomeccanico nell’Aeronautica militare. In poco tempo diventa il mago della manutenzione dei caccia Reggiane 2000 e Siai Marchetti 205. Per lui i motori non hanno segreti e, dopo l’8 settembre 1943, non riuscendo a tornare a casa, viene aggregato a un reparto ad Aviano. I tedeschi avevano qualche problema con i Messerschmitt 109, velocizzati con i nuovi motori ma non abbastanza da reggere il confronto con gli aerei alleati.
Visto che l’arzignanese di motori capiva parecchio, i tecnici tedeschi se lo portarono in patria, in un laboratorio sotterraneo che era un po’ il tempio della ricerca militare hitleriana. Qui apprese dell’esistenza di un dispositivo particolare, una sorta di turbo in grado di dare più potenza ai velivoli, ma solo per dieci minuti, per renderli più competitivi durante le battaglie. Il sistema era semplice, in apparenza: si trattava di iniettare nel motore un po’ d’acqua assieme al carburante e, come per miracolo, il Messerschmitt scheggiava.
Fu in queste circostanze che Longo lavorò a contatto di gomito con Wernher Von Braun, lo scienziato che seguì la progettazione delle famigerate V2, le bombe a lunga gittata che avrebbero dovuto ribaltare la guerra a favore dei nazisti. V2 che l’arzignanese non vide mai da vicino. Finita la guerra, Longo torna a lavorare sui caccia italiana, cercando di far guadagnare quei cento chilometri all’ora in più grazie al sistema sperimentato in Germania. Successivamente viene assunto dagli americani per selezionare gli aerei alle condizioni da loro indicate.
Dopo aver fatto pratica sul campo, e acquisito un’esperienza incredibile, Longo decide di iscriversi all’università di Parigi per sfruttare le sue conoscenze al fine di ottenere una laurea. Laurea che arriva nel 1970, alla veneranda età di 46 anni. Meglio tardi che mai, ovviamente. Ma visto che l’appetito vien mangiando, Longo va oltre e inizia un dottorato di ricerca all’Università del Lussemburgo, dove nel 1973 presenta la tesi che gli darà fama imperitura, anche se gli sviluppi pratici saranno inferiori a quanto lui aveva sperato. È la tesi sull’auto a idrogeno, ma non consisteva "soltanto" del volume con su spiegati tutti gli accorgimenti scientifici: la vera tesi era infatti un’Alfa Romeo 1300 GT, alimentata a idrogeno.
«L’idrogeno era immagazzinato in bomboloni nel bagagliaio del veicolo - ricorda Giorgio Iacuzzo in un articolo su Longo pubblicato su internet - e nel motore erano state eseguite alcune modifiche. L’idrogeno veniva prodotto in proprio dall’ing. Longo, grazie a una centralina per l’elettrolisi che lo forniva già a 12 atmosfere di pressione, dunque pronto per essere immesso nelle bombole. Essendo il motore costruito per un carburante diverso, ossia la benzina, le modifiche che riguardano la compressione ne degradavano le caratteristiche in modo significativo. Infatti, l'Alfa GT raggiungeva la velocità di 96 chilometri all'ora invece dei 165 originali. In cambio, però, l'economia dei consumi era notevole, e l'inquinamento ambientale inesistente».
«Una potenza maggiore si sarebbe potuta ottenere solamente con un motore dedicato particolarmente alla combustione dell'idrogeno - racconterà molti anni dopo l'ingegner Longo - ma questo avrebbe richiesto l'interesse di una qualche industria nazionale per progettare e realizzare un propulsore in grado sfruttare totalmente l'energia che l'idrogeno può rilasciare e che è tre volte quello della benzina. L'impegno e gli investimenti necessari per un nuovo motore erano infatti al di fuori delle mie possibilità».
Le soddisfazioni negategli in patria, Longo le ottenne all’estero. In Francia in particolare, dove diventò membro dell’Ecole Supérieur de Perfectionnement Industriel di Parigi. E poi anche in Sudafrica, in Brasile e perfino in Costa d’Avorio, dove i governi e diverse aziende adottarono a fini industriali le sue scoperte. L’ing. Sergio Guerrini, collega e amico di Longo, oltre che membro della Chambre des Ingegneurs Conseills de France, ricorda che la stessa Cicf teneva in grande considerazione l’ingegnere di Arzignano. «Con Longo - afferma Guerrini - scompare uno degli ultimi rappresentanti del genio dell’ingegneria italiana e mondiale, esempio di brillante capacità tecnica dedicata al bene dell’uomo». Negli ultimi tempi Longo faceva la spola tra Torino, che nel frattempo era diventata la sua città, dove tra l’altro risiede anche il figlio Duccio, e Arzignano. «Negli ultimi tempi - rivela Guerrini - aveva avuto qualche problema di salute e si era fatto ricoverare in una clinica vicentina. Non ce l’ha fatta a superare questo ultimo ostacolo».
Se un domani le macchine andranno tutte a idrogeno, sappiate comunque che l’idea è stata sua.
 
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