dal sole24ore
INTERVISTA
«Nuovi alleati sì, ma solo sui prodotti»
Marchionne: stiamo riposizionando i marchi, passi da gigante sulla qualità
di Edoardo De Biasi
Sergio Marchionne disegnato da Domenico RosaÈ lunedì mattina e al quarto piano del Lingotto si respira aria di grande soddisfazione. Dopo cinque anni di collaborazione con General Motors la Fiat è tornata a essere pienamente libera. L'accordo con il colosso statunitense è stato un'importante parentesi, ma ora la " prigionia" è finita.
Ognuno è tornato padrone in casa sua.
« È stata una trattativa dura, ma alla fine ha prevalso il buon senso » dice Sergio Marchionne, amministratore delegato del gruppo. « Da quando ho preso la guida ho capito che il put con Gm non funzionava, legarsi le mani per dieci anni era sbagliato, meglio mettere fine all'intesa » . Adesso che il divorzio si è consumato bisogna capire quale sarà la nuova strategia Fiat e dove porterà il cambio di rotta. Una strategia che esclude un intervento dello Stato: « La Fiat deve imparare a competere, senza appoggiarsi a nessuno per risolvere i suoi problemi » .
Dottor Marchionne ha già in mente la prossima mossa?
Abbiamo obiettivi ambiziosi. Prima di tutto però bisogna proseguire nella strada della ristrutturazione. E non è facile.
Non lavoriamo in un regime di monopolio; ogni giorno dobbiamo guadagnarci la nostra fetta di mercato. Poi bisogna ricreare un clima di simpatia verso la Fiat.
Che cosa vuol dire?
In questi anni qualcuno si è come compiaciuto della nostra crisi. Bisogna smetterla con questo atteggiamento.
Certo rilanciare la Fiat non è un'impresa facile, ma ha ragione Luca di Montezemolo quando dice che esiste un made in Italy dell'automobile. Siamo di fronte a una sfida: vogliamo dimostrare che siamo ancora capaci di realizzare quello che abbiamo fatto per cent'anni.
D'accordo, il put fu però pensato per vendere. Nel 2000 in sostanza si studiò un meccanismo che consentiva una cessione differita. Qualche diffidenza mi sembra naturale.
Le vendite differite non funzionano mai. Basta però parlare di put. Discutiamo di prodotti e strategie.
Un'ultima domanda: quanto è costata quest'operazione a Gm?
In tutto più di 4 miliardi di dollari. Non va però dimenticato che la casa americana ha ottenuto una tecnologia nel campo del diesel che non possedeva.
Se si trovasse nel posto di Wagoner sarebbe soddisfatto?
Che cosa vuole che le dica, non sono al suo posto. E poi ho già troppi problemi per sobbarcarmene altri
Cinque anni fa non sarebbe stato meglio siglare un accordo con Daimler Chrysler?
Erano tempi diversi. Noi abbiamo imparato molte cose da General Motors. La prossima Punto, per esempio, nasce da una piattaforma comune. E poi vedete quello che sta accadendo ai tedeschi. Le fusioni sono sempre molto difficili. Le banche d'affari sono brave a pensarle, ma poi tocca agli operativi farle funzionare. Personalmente preferisco alleanze mirate come quella che abbiamo con la francese Psa. Si condividono i costi di sviluppo, ma le politiche di vendita restano autonome.
Pensa che Fiat Auto sia ancora un competitor globale?
Sì, puntiamo molto sul mercato internazionale. In Brasile siamo leader testa a testa con Gm. La Cina è poi il futuro dell'auto. Certo non dimentichiamo i problemi avuti in Argentina e nell'Africa del Nord.
Come si è chiuso il 2004?
Come ho già detto l'anno chiuderà con un pareggio operativo di gruppo. Per l'auto bisognerà aspettare il 2006.
Le banche sono contente del divorzio?
Sì. Ho parlato con quasi tutti i banchieri che hanno apprezzato la rapidità con cui è stata chiusa la vicenda.
E convertiranno o prorogheranno il loro prestito?
Hanno il diritto e l'obbligo di farlo. Aggiungo però che siamo disponibili a discutere qualsiasi alternativa ci venga proposta.
Alcune volte si ha la sensazione che la politica quasi speri in una Fiat in difficoltà e da più parti si parla di un possibile intervento dello Stato.
Abbiamo soltanto bisogno che il mercato italiano acquisti le nostre automobili. Per quanto riguarda l'intervento pubblico esistono due livelli. Positivo è l'accordo siglato alla fine del 2002, anche se non sono stati rispettati tutti gli impegni su ricerca e innovazione. Diverso è invece l'intervento nel capitale societario. Francamente non ne vedo la necessità. La Fiat deve imparare a competere, senza appoggiarsi a nessuno per risolvere i suoi problemi.
Basta quindi partner finanziari.
Servono soltanto alleati da cui possiamo trarre benefici industriali.
Quale idea si è fatto della Fiat?
È una società che produce vetture, trattori, camion e componentistica. La parola d'ordine è focalizzarsi. Noi dobbiamo soltanto costruire e vendere prodotti.
Tutte le altre partecipazioni sono cedibili?
No. Alcune, come Rcs e Mediobanca, sono strategiche.
Quante auto venderete nel 2005?
Meno del 2004. Il motivo è semplice: in passato per raggiungere certi volumi di vendita abbiamo fatto delle f o r z a t u r e .Adesso stiamo ricostruendo l'immagine dei nostri prodotti.Basta chilometri zero. La filosofia della quota di mercato a tutti i costi non paga sul lungo periodo. Bisogna puntare su un alto livello dei servizi mettendo il cliente al centro dell'attenzione. Sul fronte della qualità stiamo migliorando alla velocità della luce. La Panda ha lo stesso livello di qualità delle Toyota. Per non parlare della nuova Croma, che uscirà nei prossimi mesi. Poi vedrete i futuri modelli Alfa con standard tedeschi. Questi sono passi da gigante.
Quando parlate di riposizionamento dei marchi cosa intendete?
Stiamo riducendo le piattaforme e cercando convergenze in campo industriale. Nello stesso tempo abbiamo bisogno che, con modelli molto differenziati, i marchi si sviluppino in maniera indipendente. Insisto, la nostra strategia si basa su due colonne portanti: qualità dei prodotti e forte caratterizzazione dei marchi.
E il polo del lusso?
Bisogna stare attenti. La Ferrari è un mondo particolare. Noi possiamo beneficiare dell'immagine e della tecnologia del Cavallino.
Tuttavia i ferraristi restano un popolo a sé stante. Qualche sviluppo in questa direzione potrà esserci tra Alfa e Maserati.
Nel sindacato c'è preoccupazione per nuove delocalizzazioni.
Parla del caso Iran. Forse abbiamo comunicato male.
Cercherò di essere chiaro: non si possono produrre automobili in Italia per esportarle sul mercato iraniano. In questo caso abbiamo concesso una licenza a una società locale per costruire vetture in un suo stabilimento. Questa operazione avrà effetti positivi sugli impianti italiani che forniranno componenti e, in un primo tempo, anche vetture complete.
Ma lei che auto guida?
Ho una Thesis e mia moglie ha appena comprato una bellissima Musa.
Qualche volta ha paura di non farcela?
Succede a tutti.
I suoi predecessori l'hanno chiamata per complimentarsi?
Sì, ho sentito il presidente di Mediobanca Gabriele Galateri e Cesare Romiti. E nessun altro.